La società ai tempi dei social

Nell’attualità i social media hanno un’influenza determinante nella popolazione. Più di un miliardo di utenti inviano messaggi, fanno videochiamate e pubblicano foto e commenti ogni giorno sul web. L’interconnessione globale ha consentito la trasmissione di notizie e informazioni in tempo reale da qualsiasi parte del pianeta. Ma sono stati i servizi di rete sociale a dare vita a una nuova interpretazione dei rapporti sociali. Nato come un metodo per creare relazioni fra persone oggi è il fulcro del maggior numero di operazioni commerciali e pubblicitarie, nonché il principale mezzo di comunicazione mondiale. L’impatto sociale però non si limita alla fornitura di questi nuovi servizi. Il mondo virtuale ha cambiato totalmente le abitudini delle persone e con esse le loro percezioni sulla vita. Questa nuova realtà è effettivamente un beneficio oppure un ostacolo per l’evoluzione delle emozioni umane?

La nuova era 

Erano gli anni ’80 quando viene messo online il primo sistema telematico capace di far connettere più computer ad un elaboratore centrale per condividere e prelevare risorse. L’invenzione era chiamata “Community memory”, un bullettin board system creato da Efrem Lipkin, Mark Szpakowski e Lee Felfestein. Possedeva connessione ad una linea telefonica, funzioni di messaggistica e il file sharing centralizzato. 

Il potenziale delle reti informatiche convinse gli informatici a produrre più portali web che offrissero servizi online. Ma per garantire un flusso più intenso di visitatori i siti web avevano bisogno di formare comunità online generalizzate. 

Andrew Weinreich crea nel 1997 uno dei primi social network. SixDegrees.com, un sito nato per combinare incontri amorosi garantendo l’autenticazione dei profili. Il social prese il nome dalla teoria dei “sei gradi di separazione” di Frigyes Karinthy, secondo cui è possibile conoscere qualsiasi persona al mondo attraverso 5,5 passaggi intermedi con altre persone. Riuscì ad attirare più di tre milioni di utenti entro il 2000, ma non ottenne le entrate sufficienti per superare lo scoppio della “bolla speculativa delle dot-com“. 

Nel 2003 Tom Anderson e Chris DeWolfe lanciano sulla rete MySpace. Un sistema di condivisione di file audio e video con un servizio di comunicazione tramite messaggistica. Gli utenti riescono a personalizzare i propri profili e a connettersi ad una rete sociale fatta di altri profili personali, blog, musica, gruppi musicali. Alcuni artisti contemporanei tra cui Mika, Nicki Minaj e gli Arctic Monkeys sono diventati famosi attraverso la condivisione della loro musica sulla piattaforma.

Ma nel 2004 Mark Zuckerberg da vita al social network più famoso e usato della storia. Facebook offre la possibilità di ritrovare online amici, parenti o vecchi conoscenti, aggiungerli ad una personale lista di “amici” e sapere quando sono attivi. La registrazione dei dati personali concede l’iscrizione. Non fornisce solo servizi di chat e collegamento telefonico. Si possono creare pagine FB, gruppi di discussione o semplicemente condividere pensieri, notizie, foto o video, scegliendo i termini della privacy dei post.

La rete ha ispirato la nascita di una nuova generazione di social network e ha raggiunto un maggiore successo ospitando collegamenti con applicazioni da terze parti. Con Youtube le persone condividono video, li commentano, costruiscono canali e ne seguono altri. Instagram permette la condivisione di foto e di brevi video. Ha spinto l’uso degli #Hashtag per “catalogare” le foto e aumentare la popolarità dei post. Whatsapp, nata per scambiare semplici messaggi, consente di inoltrare immagini, Gif, documenti, audio, posizione e contatti, effettuare chiamate e videochiamate. 

Un metodo utile

L’interesse nell’interazione sociale ha spinto la popolazione a voler conoscere i pensieri e le opinioni degli altri. In un mondo dominato dalla routine e dalla frenesia del lavoro, non c’è sempre l’occasione per organizzare riunioni o dibattiti sulle problematiche quotidiane. L’esperienza virtuale dei social sembra il metodo adatto per connettere più persone senza distoglierle totalmente dai propri impegni. 

Questo fenomeno conviene alle aziende che vogliono pubblicizzare prodotti o servizi, orientamenti politici che devono fare campagne elettorali o ad associazioni di altre categorie che hanno bisogno di farsi conoscere. Aiuta anche a diffondere messaggi di conforto, offrire consigli sulla sanità, la sicurezza, l’economia o per altri tipi di necessità. Durante la pandemia, molti utenti hanno pubblicato sui propri profili video e immagini per portare speranza alle famiglie in quarantena. Ci sono anche stati diversi fori di discussione sulle difficoltà e preoccupazioni che si stavano affrontando. 

Il “giudizio sociale”

I commenti sui social però, non sono sempre positivi. Qualche volta le persone ignorano il peso delle parole e il livello di diffusione di quello che pubblicano. Ricorrono a frasi offensive e volgari o alla divulgazione di “fake news”. Non sono sempre dimostrazioni di rabbia o cattiveria. Ricordiamo che i social sono anche una piattaforma per divertirsi ma la facilità di interagire a distanza con dei semplici click può confondere. Potrebbe dare l’impressione di essere una realtà parallela in cui tutto è subordinato dai “mi piace” e dalle “visualizzazioni” e non da leggi ed emozioni vere. In realtà sono azioni reali che possono comportare conseguenze negative anche letali.

Pensiamo al botta e risposta tra gli esponenti dei partiti politici che scatenato conflitti tra i cittadini, l’adescamento online dei minori tramite profili falsi o al “Cyberbulling” (bullismo cibernetico). Prendono di mira chi è ritenuto diverso. Iniziano una violenta persecuzione virtuale di diffamazione tra messaggi, commenti, ecc. Alcune vittime cadono in depressione con conseguente isolamento, implicando danni psicologici, e provocando nei peggiori casi il suicidio.

Neanche un paese talmente influente nel mondo come gli Stati Uniti sono salvi di essere bersaglio dell’attacco cibernetico. Lo scorso 20 giugno il Presidente americano, Donald Trump, ha organizzato un comizio al Box center di Tulsa, Oklahoma. L’incontro è stato compromesso dalla mossa di un gruppo di utenti, fans del kpop, che utilizzarono il social cinese, TikTok, per pianificare la cospirazione. Hanno invitato i propri follower a iscriversi all’evento per avere un biglietto ma senza presentarsi. L’incidente ha avuto un forte impatto nell’opinione pubblica e ha fatto discutere sul potere che internet esercita sull’agire delle persone. Ma se l’adesione dei follower è stata per un ferreo ideale o soltanto per seguire la massa non lo sapremo mai. Anche nei dibattiti alcune persone scelgono di prendere una posizione solo per essere di gradimento agli altri membri del gruppo e non per le proprie convinzioni morali.

Il vantaggio dipende da noi stessi

Le innovazioni tecnologiche hanno raggiunto traguardi impressionanti. I social media sono uno strumento utile e comodo per rimanere in contatto con gli altri nei diversi momenti della vita. Anche i settori dell’economia e dell’istruzione hanno guadagnato risultati migliori grazie alla condivisione di dati, compiti o alle ricerche su internet.

Come qualsiasi cambiamento, può provocare effetti negativi se usato in modo sbagliato. Considerare la dimensione web come parte della dimensione reale è importante per non commettere errori irreparabili dentro e fuori da internet. I comportamenti indecorosi non fanno altro che far arretrare la nostra società e la nostra psiche.

Gli allarmismi non aiutano a ricevere i vantaggi della tecnologia e le ingiurie virtuali provocano solo ulteriore violenza e mortalità nelle nostre città. Le proteste sono importanti ma solo se fatte nel modo giusto, con vere convinzioni e non per seguire tendenze. Se i social diventeranno un ostacolo o meno dipende da noi stessi e dalla serietà che abbiamo nell’usarli. La scienza è riuscita ad evolvere grazie all’osservazione e alla verifica generale dei fenomeni. Il progresso e lo sviluppo tecnologico sono inutili ad un mondo che non riesce a percepire la propria realtà e non è capace di prendersi le proprie responsabilità. I profili personali sono il riflesso della nostra educazione e della nostra civiltà. Quello che facciamo oggi sarà l’impronta che lasceremo alle generazioni future. 

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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