Da quando Beppe Grillo, il 19 Aprile, ha postato un video in cui colpevolizza una presunta vittima di stupro a favore dell’innocenza del figlio, la cultura dello stupro è uno degli argomenti più discussi. L’interiorizzazione di una determinata cultura impedisce alle vittime di farsi avanti, sapendo che verranno messe paradossalmente sotto accusa, come sta avvenendo alla ragazza a cui si riferisce il comico. Ad avere una particolare difficoltà ad accettare l’abuso o ad essere credute sono le vittime maschili: gli uomini si ritrovano imprigionati nella rigida concezione che si ha di loro e sono così riluttanti a denunciare che neanche viene affrontato l’argomento. Voltarsi dall’altra parte o tacere sul fenomeno non risolverà il problema. La violenza sugli uomini e gli stereotipi di genere Direttore responsabile: Claudio Palazzi
La violenza sugli uomini

Una ricerca dell’Istat pubblicata nel 2018 stima che 3 milioni 754mila uomini abbiano subito molestie nel corso della loro vita (18,8% del totale delle molestie) e che negli anni 2015-2016 ci siano stati 1 milione e 274 mila casi. Nell’ 85,4% dei casi gli abusanti sono di sesso maschile, ma ci sono anche autrici donne.

I dati ufficiali di riferimento non sono totalmente veritieri: la maggior parte degli uomini non denuncia.

La violenza più comune è quella psicologica e verbale, seguite da esibizionismo, stalking e alienazione parentale.

La violenza fisica può avvenire in diverse forme.

La prima tipologia sono le aggressioni: se le percosse tra gli uomini sono normalizzate, quelle contro le donne sempre presenti e condannate, non vengono invece messe in luce quelle attuate dalle donne nei confronti dei propri coniugi. Il 7 Maggio 2020 un uomo a Macerata ha denunciato la donna con cui aveva una relazione affettiva, che in un attacco di gelosia violenta gli aveva impedito di lasciare la casa, per poi picchiarlo e minacciarlo con frasi come “non esci vivo da qui”. Sempre a Maggio è stata denunciata una 49enne dipendente da cocaina che sperperava i soldi della famiglia e maltrattava marito e figli.

In alcuni Paesi la violenza fisica sugli uomini è parte di un processo condiviso: in Ruanda sono diffuse delle pratiche di “purificazione etnica” che implicano la tortura genitale o la castrazione forzata.

Spesso, lo si vede anche nei film, gli abusi, tra cui molestie sessuali e stupri, avvengono durante i conflitti o nelle carceri, situazioni in cui l’uomo viene privato della propria dignità e gli episodi di violenza quotidiana sono noti e taciuti.

Se si ha difficoltà a definire come “stupro” o “abuso” ciò che accade in quelle situazioni estreme, di certo risulta ancora più complicato riconoscerlo o ammetterlo quando avviene in situazioni di civiltà, in alcuni casi addirittura all’interno delle proprie mura domestiche. Negli Usa il 4,8% degli uomini sostiene di essere stato costretto nel corso della propria vita ad avere rapporti sessuali contro la propria volontà, in particolare con il partner o con un conoscente, sia che fossero relazioni etero o omosessuali.

L’uomo può subire una penetrazione o essere costretto a svolgere attività sessuali contro la sua volontà, in un momento in cui è incapace di intendere e di volere o mediante l’uso della forza. Nella concezione comune si ritiene che l’uomo abbia sempre voglia di avere un rapporto sessuale, quindi si accoglie raramente la possibilità che una donna possa averlo costretto. Un’altra delle argomentazioni utilizzate da chi non crede alle vittime maschili è che “l’uomo è forte” e, se volesse, potrebbe facilmente svincolarsi. In questo ragionamento non vengono prese in considerazione tante variabili, tra cui la situazione psicologica del soggetto. Molte volte, infatti, non vi è resistenza da parte della vittima, che ad esempio può essere immobilizzata dalla paura: per questo motivo in molti ordinamenti l’elemento che caratterizza il rapporto sessuale come stupro non è la coercizione fisica, ma il mancato consenso, su cui insiste anche la Convenzione di Istanbul, che l’Italia ha ratificato nel 2013. Gli stessi meccanismi di reazione valgono per uomini e donne. Secondo quanto stabilito nel Codice Penale italiano si parla di “stupro” quando vi è una “violenza”, una “minaccia” o un “abuso di autorità”. Amnesty ha lanciato l’appello #iolochiedo affinché venga inserito l’elemento del consenso. Nonostante si parli di violenza di genere tenendo a mente l’immagine dell’uomo bruto che molesta la donna fragile, non è solo la donna ad essere vittima, come non è solo l’uomo il carnefice, queste battaglie interessano tutti.

I centri

I centri antiviolenza nella maggior parte dei casi non accolgono uomini, sempre se questi abbiano il coraggio di provare a chiedere aiuto ad una struttura che è adibita espressamente per le vittime donne. Paradossalmente le vittime maschili si ritrovano senza alcun aiuto, mentre i molestatori uomini hanno dei centri dedicati a cui riferirsi: un esempio è il CAM, il Centro di Ascolto per Uomini Maltrattanti, che opera in tutta Italia.

La portata del fenomeno di violenza sugli uomini è minimizzata per vari motivi:

  • Gli uomini denunciano e ne parlano meno delle donne
  • Se l’abusante è donna è più facile che non venga sospettata rispetto ad un abusante uomo
  • la polizia, servizi sociali, psicologi e psichiatri hanno interiorizzato, come tutti, gli stereotipi che sono alla base della cultura dello stupro, che non permettono alla vittima di essere creduta, ancora di più se uomo

Gli stereotipi di genere

Tutti i problemi relativi alla violenza partono da un aspetto che sembra secondario: gli stereotipi di genere.

Cosa sono gli stereotipi? L’essere umano è portato a categorizzare per poter pensare la realtà. Gli stereotipi sono quelle opinioni precostituite, quelle etichette che vengono messe ad una determinata persona, semplificandone la complessità, poiché si associano in maniera ingiustificata certe caratteristiche del gruppo sociale a tutti i suoi membri. Gli stereotipi e i pregiudizi sono delle costruzioni sociali e come tali mutano a seconda del contesto sociale e storico. Basti pensare al trucco, che storicamente non è mai stato un’esclusiva femminile, come invece è ritenuto oggi.

Cosa è il genere? il genere si differenzia dal sesso perché non è un dato biologico, ma psicologico e socio-culturale, quindi non è un dato oggettivo e reale, ma è un prodotto della cultura e della costruzione sociale dei ruoli. Simone de Beauvoir sosteneva che “donne non si nasce, lo si diventa”: la costruzione è dinamica.

Gli stereotipi non riflettono la realtà, vengono interiorizzati e riprodotti da chi li subisce per ricevere approvazione, è un circolo vizioso.

Questi elementi contribuiscono a creare una distanza tra maschile e femminile, minimizzando quelle che sono invece le sfumature e le differenze all’interno della stessa categoria. Non esistono differenze innate.

La bambina è sensibile, deve essere educata, gentile, dolce e sensibile, supportare, prendersi cura degli altri, confortare e ricercare approvazione nello sguardo altrui. Al bambino viene invece incessantemente ripetuto il mantra “sii uomo”, che equivale a “sii forte, non mostrare debolezze”. Tutto ciò che è associato convenzionalmente al “femminile” viene percepito come debolezza in una accezione negativa.

Il modello della mascolinità tossica nega la possibilità di essere vulnerabili. Nel documentario The Mask We live in i ragazzi raccontano di come si sentano soli, incapaci di gestire quelle emozioni che da sempre nascondono e che, represse, esplodono spesso nell’unica manifestazione emotiva permessa: la rabbia.

Qualora un bambino non rispetti i canoni di virilità previsti, viene bullizzato, diventa vittima di un altro tipo di violenza.

Queste costruzioni sono lesive per tutta la società. La mascolinità tossica alimenta quei meccanismi che portano all’omofobia, alla misoginia, alla violenza fisica e l’idea di uomo “forte” lo rende riluttante a chiedere aiuto nel momento del bisogno.

DON’T PROTECT, EDUCATE!

HOLLYWOOD, CALIFORNIA – FEBRUARY 09

È chiaro che la percentuale delle violenze nei confronti delle donne sia maggiore, lo dimostrano anche tutti quei meccanismi che abbiamo interiorizzato. Riconoscere l’esistenza di donne molestatrici o violente non vuol dire mettere in pericolo quella che è la credibilità delle donne vittime, come ammettere che gli uomini possano anche subire non vuol dire negare che ci siano molestatori. La lotta contro la violenza non deve discriminare.

Lasciarci i preconcetti alle spalle significa concederci la libertà di essere noi stessi senza impedimenti o costrizioni. Molti personaggi famosi si stanno esponendo in questo senso, anche attraverso le proprie scelte in fatto di stile: basti pensare a Harry Styles, Billy Porter, Achille Lauro, Chiara Ferragni e Fedez, Madame o l’emergente SanGiovanni.

Invece di insegnare ai bambini ad essere forti e alle bambine ad essere carine, sarebbe opportuno cominciare ad insegnare loro ad essere solo brave persone. Con l’educazione al rispetto di sé stessi e degli altri può essere combattuta ogni forma di violenza strutturale.

1 commento

  1. Ogni giorno leggo con piacere e soddisfazione i vostri articoli.
    Bravi ragazzi. Complimenti vivissimi.
    C.Paone
    da Messina

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