«Durante il lockdown eravamo fra le poche aziende che assumevano, poi l’aumento dei costi delle materie prime ha ridimensionato tutto» così esordisce Andrea, che fra le mille difficoltà tenta di portare avanti la storica azienda agricola di famiglia. Una piccola perla del biologico nel cuore della Maremma toscana. Quindici anni di esperienza nella produzione, trasformazione e distribuzione del latte. Una storia nata tre generazioni fa, con l’assegnazione del podere da parte dell’Ente Maremma e che negli anni con sacrificio si è espansa fino ad arrivare al mercato di Roma. «Una tradizione più che un mestiere» Andrea la definisce, tutto però rischia di esser mandato in fumo.

 «Abbiamo problemi nel reperire le materie prime essenziali alla vita della fattoria. Come ad esempio il diserbante, il pezzo di ricambio o il mangime biologico» mi spiega. L’azienda sostiene maggiori spese, ma a un aumento dei prezzi delle materie prime non è corrisposto un adeguamento del prezzo del prodotto unitario sul mercato che continua a «essere valutato al pari del 2018». Questo fenomeno è iniziato da prima del 2020 «con rialzi del 20%-25%», tuttavia adesso «arriviamo a rimettere un centinaio di euro al giorno».

L’azienda è l’unica entrata per tre famiglie e Andrea ha tre figlie piccole a cui pensare. «Manca la tranquillità di stare in famiglia, quando il lavoro è irregolare arrivi sempre tardi» oltre al «conseguente calo del reddito».

Eppure è contrario all’erogazione di sussidi di assistenza «che falserebbero il mercato». Temporaneamente non si sta rivolgendo a istituti di credito, cerca di partecipare a bandi per lo più promossi dall’Unione Europea per cercare di reagire e rimanere competitivo. «Il mercato unico è un’opportunità che noi vogliamo sfruttare», in questa direzione si muovono anche i fondi del PNRR che in parte saranno promossi al sostegno dell’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese.

Inoltre insieme ad altri colleghi e in sinergia con i sindacati ha creato un movimento comprendente tutta la Maremma toscana e laziale nonché alcune realtà del Piemonte e dell’Emilia al fine di sensibilizzare le istituzioni sulle loro difficoltà. Sono stati ascoltati in commissione agricoltura al Senato e invitati dal partito popolare europeo in Parlamento a Bruxelles. «Un’esperienza piacevole grazie alla quale sono riuscito a comprendere il funzionamento dell’Unione e ho conosciuto persone molto interessate all’argomento».

L’attuale crisi economica aggrava pure le situazioni di chi sul lastrico ci vive per diverse motivazioni e ha bisogno di aiuto per rialzarsi. Persone come Mustafa, nate nella parte sbagliata del mondo. Vita ai margini

Mustafa ha 27 anni ed è originario della Nigeria, un Paese che come mi racconta è molto instabile «non c’è libertà né sicurezza. Puoi ritrovarti coinvolto in una sparatoria casualmente uscendo di casa».

Così sogna l’Europa e in particolare l’Italia, una Nazione dove dice lui «puoi fare una passeggiata a mezzanotte senza che ti succeda nulla». Per questo viaggio parte da solo, dividendosi dalla madre rimasta vedova tempo fa e che gli manca molto. La sua peregrinazione è stata lunga e travagliata, prima l’inferno libico poi la terribile e incerta traversata del Mediterraneo. Ciò nonostante, sbarcato in Italia non ha trovato la serenità sperata. Vita ai margini

Mustafa non ha documenti e non capisce perché non può averli. Vive a Latina in una cisterna condivisa con dei «fratelli», ragazzi conosciuti durante il viaggio con cui condivide peripezie e il sogno del permesso di soggiorno. A tal proposito dividono le spese per pagare un avvocato che segue la loro causa, lo pagano a rate mensili di 200 euro a testa. Mustafa se li procura venendo tutte le mattine in treno a Roma a pulire marciapiedi per pochi spicci rimessi alla generosità di chi passa.

Lui e suoi «fratelli» sono soli. Non sono seguiti da alcuna associazione od onlus, nella totale assenza delle istituzioni. Lasciati in balia di una politica che alimenta sé stessa tramite messaggi d’odio volti a nascondere la sua completa inadeguatezza. «I politici di destra pensano che io stia bene in quanto posseggo un cellulare. L’Africa non offre futuro. Il diritto a emigrare per cercare un avvenire migliore non deve essere assegnato sulla base del colore della pelle, siamo tutti uguali». Poi con occhi lucidi continua dicendo «chiedo soltanto di avere una vita normale. Possedere i documenti, trovare un lavoro e portare qui la mia famiglia. Magari anche sposarmi». Vita ai margini

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