Le banche europee nell’era dei tassi zero

Continua l’era dei tassi zero con la Bce di Christine Lagarde, sulla linea di Mario Draghi. Nel dettaglio resta a zero il main refinancing operations rate, il tasso di interesse principale che indica l’orientamento della politica monetaria, a 0,25% il marginal lending facility, tasso sui rifinanziamenti cosiddetti overnight, e a -0,5% il deposit facility, in altre parole una tassa che le banche devono pagare sui depositi presso l’Eurotower, pensata per incentivare i prestiti alle imprese e stimolare l’economia reale. Se è vero che questa politica sembra la più appropriata, in un contesto ultraespansivo volto a superare la stagnazione dell’Eurozona, può anche presentare dei pericoli per la redditività del sistema bancario e per i risparmi delle famiglie.

Sono ormai diversi anni che va avanti la politica accomodante della Bce, aggiornata nel 2019 con una nuova ondata di Quantitative Easing e con la terza versione della TLTRO (Targeted Longer-Term Refinancing Operations), che permette alle banche di accedere a finanziamenti agevolati, purché vengano poi trasmessi all’economia reale, quindi famiglie e società non finanziarie. Questo pacchetto di misure non convenzionali ha avuto fino ad ora un ruolo importante nel tenere a galla l’Eurozona, che ancora risente della grande recessione, ma l’attenzione andrebbe spostata nuovamente verso i rischi che corre il sistema bancario e il relativo impatto sulle famiglie.

I tassi fissati dalla Bce, infatti, influenzano il tasso interbancario Euribor, un indicatore importante del costo del denaro a breve termine tra le principali banche europee, e questo tasso viene a sua volta utilizzato come base per la maggior parte dei mutui a tasso variabile. Da qui il canale di trasmissione verso le famiglie. Fino a qui tutto bene, infatti l’Euribor è ad oggi negativo per ogni scadenza e, nonostante lo spread che va a sommarsi a questo tasso e che varia in base alla rischiosità del mutuo, il costo totale rimane ai minimi storici. Discorso simile per i mutui a tasso fisso legati al tasso Eurirs, meno economici ma anche meno rischiosi. Dunque per le famiglie è molto conveniente indebitarsi, mentre invece non è redditizio risparmiare ed investire.

Qui arriviamo all’altra faccia della medaglia. Se infatti è vero che i tassi negativi possono favorire i finanziamenti, è anche vero che molte banche come UniCredit o Deutsche Bank, vedendo in pericolo la loro redditività, ne stanno trasferendo il costo verso i clienti. I risparmi verrebbero così erosi, un po’ come avviene con l’inflazione, e le famiglie potrebbero reagire spendendo di meno e trovando altri canali di risparmio, piuttosto che aumentare i consumi. A maggior ragione in Italia, paese con un elevato risparmio privato e che tradizionalmente tende a “tenere i soldi sotto al materasso”. Il fenomeno dei tassi zero riguarda infatti anche il Belpaese, nonostante il nostro BTp sia uno dei pochi titoli di Stato dell’Eurozona ad avere ancora interessi positivi, ma non correlati ai tassi stabiliti dalla Bce.

Fino ad ora abbiamo parlato di mutui, che richiedono garanzie reali come l’ipoteca sul bene immobile, ma il discorso cambia se consideriamo il credito al consumo, ovvero un semplice prestito che richiede garanzie più limitate. In questo caso il TAEG (tasso annuo effettivo globale), che oltre al tasso di base e allo spread comprende anche molte altre spese a carico del richiedente, può arrivare a livelli decisamente alti. Guardando Prestitionline.it, primo broker italiano del settore, i tassi più convenienti variano tra il 5% e il 8% circa, in base alla durata e all’ammontare del prestito, e per certe tipologie di finanziamenti alcune banche hanno un forte potere di mercato. Findomestic del gruppo BNP Paribas è stata addirittura coinvolta nel 2017 in un caso di usura bancaria.

In questi casi si può fare riferimento ai “tassi soglia” pubblicati periodicamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Le banche, in questo senso, hanno quindi un più ampio margine di manovra, utilizzando spesso questo canale come valvola di sfogo per i problemi di redditività che stanno affrontando negli ultimi anni.

L’era dei tassi zero probabilmente continuerà nei prossimi anni e le banche si stanno evolvendo per adattarsi alle nuove necessità. Questa politica monetaria avviata da Draghi e portata avanti da Lagarde è stata fino ad ora fondamentale per sostenere imprese e famiglie, tuttavia sta cominciando a mostrare i suoi effetti collaterali e sembra non essere più sufficiente. Per rilanciare l’economia reale nel lungo periodo deve essere accompagnata da adeguate politiche fiscali, in mano ai singoli paesi europei, quindi riforme strutturali e piani d’investimento per favorire una crescita bilanciata e sostenibile.

Le banche europee nell’era dei tassi zero

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