Agli inizi di settembre il presidente Guillermo Lasso ha affermato che espellerà o estradrà gli stranieri privati della loro libertà, poiché secondo le statistiche raccolte dal Servizio nazionale di attenzione globale dell’Ecuador, il 9% dei detenuti sono stranieri, con una prevalenza di colombiani. Infatti fino allo scorso luglio, vi erano 1.935 prigionieri colombiani, 1.225 venezuelani, 135 peruviani, 59 messicani e il resto per l’appunto ecuadoriani o di altri paesi. Il piano del direttore del Servizio nazionale di cura globale, prevedeva il ritorno ai loro paesi di origini di circa 3.532 persone prive della loro libertà, con l’intenzione di ridurre il sovraffollamento, che in quest’anno si agirà interno al 30%. Inoltri i dati che sono stati raccolti dimostrano che in questi ultimi due anni vi è stato un aumento dei detenuti stranieri nelle prigioni dell’Ecuador, considerando che fino al 2019 c’erano solo 2.820 stranieri nelle 36 carceri del paese, che a quel tempo rappresentava il 7% dei detenuti. Affinché tale obiettivo sia realizzabile vi erano imposte dei requisiti che dovevano e devono essere rispettati, ossia che sul detenuto deva pesare un sentenza penale in esecuzione, che l’Ecuador e il paese di origine delle persone condannate abbiamo approvato il trasferimento e che vi sia un accordo tra i due paesi rendendo possibile così l’estradizione. L’Ecuador: prigioni Direttore Claudio Palazzi

Inoltre già nel 2005, ormai il defunto Ministro della giustizia ha firmato la Convenzione di Strasburgo che prevedeva il trasferimento dei condannati del 1983, e a tale convenzione hanno aderito e firmato 62 nazioni, che prevedevano però più condizioni di quelle elencate precedentemente. Una di queste e che il prigioniero deva accettare di tornare nel suo paese e che la pena che gli resta da scontare sia meno di sei mesi. Infatti grazie alla convenzione ancora oggi l’Ecuador mantiene con Colombia un accordo di rimpatrio, firmato nel 1990. E lì era stato stabilito che le persone prive della loro libertà e in base al reato da essi commessi devano essere punite in base alla legge penale del loro paese di origine. Ma nonostante vi sia un accordo che consenta di trasferire i prigionieri colombiani nel proprio paese ancora oggi vi sono delle difficoltà a causa del sovraffollamento carcerario in Colombia. Infatti basta basarsi sul National Penitentiary and Prison Institute of Colombia il quale ha evidenziato come nel marzo del 2021 l’indice di sovraffollamento ha raggiunto il 20,65% e che le carceri hanno una capacità massima di 80 mila persone e che il sistema ha attualmente più di 97 mila persone prive di libertà. 

Nel carcere di Ibarra, a Imbabura, la CNN  ha confermato le condizioni di sovraffollamento, il cattivo stato delle strutture e la mancanza di medicinali, situazione che si andò ad aggravare ancor di più con lo scoppio della pandemia, iniziata nel 2020, per la quale sono state vietate le visite. Il dipartimento medico della carcere di Ibarra ha affermato che la maggior parte dei detenuti e del personale medico hanno contratto il coronavirus durante la pandemia, anche se ad oggi la situazione per quanto riguarda i contagi di Convid-19 sono diminuiti grazie alle vaccinazioni. Ibarra è solo un esempio di quello che stava e sta succedendo nelle carceri dell’Ecuador, e qui si rende evidenti i sovraffollamenti poiché la capicità massima di questa carcere era di 300 detenuti ma attualmente vi sono più di 600. Questo sovraffollamento, in parte, si può spegare per il fatto che vi è la mancanza di condanne per alcuni detenuti e i quali sono in carcere preventiva.  E quindi il sovraffollamento rende difficile e ostacola la corretta gestione delle carceri ecuadoriane.  

 E ad aggravare la situazione come è stato detto precedentemente è il fatto che è difficile anche il rimpatrio dei prigionieri, considerando che nel marzo del 2020 vi è stato effettuato un solo rimpatrio, che prevedeva la restituzione di un prigioniero tedesco che stava scontando una condanna di 10 anni per traffico di droga, e in quest’anno vi erano più di 143 processi di rimpatrio pendenti in Ecuador. E quindi questo paese non ha lo spazio né il denare né il controllo per far rinchiudere quasi 40.000 persone nelle sue carceri. 

E attualmente questo paese sta affrontando e attraversando una forte crisi carceraria come conseguenza della gestione standardizzata dei centri di riabilitazione.

 Nel corso degli anni vi sono stati tanti scontri in carcere, soprattutto tra le bande criminali. Infatti l’impatto delle bande criminali in Ecuador è così grande che le autorità hanno affermato e riconoscono che sono una minaccia per lo Stato.

 E l’ultimo scontro tra bande rivali che si trasformò in una carneficina, ed è l’evento che è diventato il più sanguinoso nella storia carceraria del paese  risale alla fine di settembre che vede come protagonista la carcere del El Litoral di Guayaquil. La mattina del martedì 28 settembre, un gran numero di detonazioni di armi da fuoco ed esplosioni in diversi padiglioni hanno innescato le allerte delle autorità. E dopo un intervento della polizia, gli agenti hanno trovato cadaveri colpiti da arme da fuoco e impronte lasciate dalle granate nei padiglioni del penitenziario. E tale sconto ha portato alla morta di circa 118 detenuti e circa 80 feriti e la stampa affermava che diverse vittime siano state mutilate e che vi siano state circa cinque casi di decapitazione e inoltre che altri siano state vittima di tagli agli arti. Dopo che le autorità hanno ripreso “il pieno controllo” della situazione, il Direttore Nazionale della Direzione Tecnico Scientifica della Polizia, ha affermato che il compito di identificare le vittime è arduo.  

Come abbiamo detto questo è stato lo scontro più violento ma non il primo, considerando che questa è la terza rivolta registrata in una prigione ecuadoriana finora, dopo quelle avvenute a febbraio e a luglio, che hanno provocato rispettivamente 79 e 22 morti. 

Il presidente Lasso ha affermato che dopo il violento sconto di settembre il governo metterà in atto uno specifico programma di riabilitazione nel penitenziario di Guayaquil, per ristabilire il pieno controllo dello stato ecuadoriano in quella prigione, e successivamente negli altri centri di reclusione del paese. Inoltre il presidente ha affermato per l’appunto che la strage dei detenuti è sicuramente legata alle lotte per il potere e il controllo che la criminalità organizzata ha dentro e fuori la carcere e sostiene che sia “deplorevole che l’intenzione sia quella di trasformare le carceri in un territorio di contessa del potere”, prima di decretare lo stato di eccezione nazionale nelle carceri, per evitare che la rivolta si ripeta, e la misura durerà 60 giorni. 

In seguito, è stato confermato che i principali fattori scatenati degli scontri per l’appunto sono stati la lotta per mantenere il potere nel penitenziario e l’intenzione delle autorità di trasferire i capi delle organizzazioni criminali in altre carceri del paese. Infatti diverse bande operano nelle carceri ecuadoriane che sono legate al narco messicano e per questo ognuna di esse cerca di impadronirsi del potere delle carceri. E per questo le bande cercano di prendere il controllo,  soprattutto nelle carceri di Guayaquil, che è la rotta principale e il punto di partenza per il traffico di droga. Infatti è stato affermato che più della metà della cocaina che entra dalla Colombia in Ecuador proviene da lì.

Quindi è evidente che in questo paese la situazione è alquanto critica e per ora l’obiettivo principale del governo è quello di proteggere i diritti delle persone che ne sono private. 

   

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