La Brexit è stato un argomento fortemente dibattuto per molto tempo ed è stato l’argomento centrale per quasi cinque lunghi anni in quanto andava a colpire tutti i cittadini e tutte le nazioni, e anche se ad oggi l’Inghilterra non fa più parte dell’UE ci si chiede ancora quali siano state le cause che hanno portato a prendere questa importante decisione e quali siano attualmente i rapporti con l’UE. L’Inghilterra: Brexit Direttore Claudio Palazzi
Tutto ebbe inizio nel 1973 quando la Gran Bretagna riuscì ad entrare nella Comunità Europea. L’adesione, fin dall’inizio, era stata voluta per motivi economici, in quanto la Gran Bretagna aveva perso i suoi mercati, quindi entrare nell’Unione Europea significava rimediare a questo problema, perché è attraverso il commercio che una nazione riesce a mantenersi prospero e indipendente. Quindi alla base dell’entrata nell’UE vi era l’obiettivo di usare un grande mercato per rinforzare le strutture economiche e sociali del paese. Nonostante il Regno Unito abbia tratto dei benefici da questa adesione, alcune delle innovazioni istituzionali volute dell’elite dell’UE non hanno trovato favore e sostegno presso i britannici. L’innovazione consisteva in una più stretta connessione politica degli stati europei.
Oltre a mostrare poca volontà nei confronti di questa innovazione il paese fu colpito da un grave crollo dei salari e da forti flussi migratori, poiché l’immigrazione europea negli UK ha toccato negli ultimi anni il picco massimo, e in particolare negli ultimi 3 anni è costantemente aumentata, in coincidenza con l’allargamento dell’Unione Europea. Infatti il sentimento di anti-immigrazione poggiava su basi economiche, considerando che l’immigrazione ha portato concorrenza a un mercato locale già parecchio toccato dalla crisi che è stata generata negli anni settanta. Inoltre questo fattore avrebbe sottratto ai cittadini europei delle opportunità lavorative, la diminuzione dei salari e così via.
Questi erano uno dei pochi motivi/ cause che hanno portato a prendere la decisione del Regno Unito ad uscire dall’UE, meglio conosciuta come BREXIT, e quindi è stato il processo che ha posto fine all’adesione del Regno Unito dall’Unione Europea, secondo le modalità previste dall’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea, come conseguenza del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea.
Tale referendum è conosciuto anche come referendum sulla Brexit, che si è svolto il 23 giugno 2016 nel Regno Unito e a Gibilterra, si trattava di un referendum per verificare il sostegno alla permanenza del Regno Unito nell’UE. Il referendum si è concluso con i voti favorevoli all’uscita dalla UE con 51,89% quindi hanno vinto i Leave , contro il 48,11% dei Remain ossia quelli che hanno votato per rimanere nell’Ue. I sostenitori del leave sostenevano di essere in qualche modo trattenuti dall’UE, la quale aveva imposto nei loro confronti troppe regolamentazioni sul business, volevano inoltre che la Gran Bretagna riprendesse il pieno controllo dei suoi confini e riducesse il flusso di persone che si trasferivano per motivi di studio o lavorativi, mentre i Remain sostenevano il senso di appartenenza, e la possibilità di maggior vendita dei suoi prodotti negli Stati Membri e il fatto che il flusso di migranti, è motore della crescita economica e d’aiuto per pagare i mezzi pubblici. Questo ha portata a una totale rottura tra le nazioni del Regno Unito.
In seguito alla vittoria dei Leave vi sono state subito delle conseguenze: in Italia vi è stato un calo dell’export e a Londra un calo nel settore immobiliare con un crollo del numero di proprietà vendute.
Il referendum era stato voluto dal premier conservatore David Cameron, che ha guidato il governo dal 2010 al 2016. Cameron ha promosso il referendum nel 2016 per risaldare il proprio potere e rafforzare il consenso, ma egli non aveva capito le conseguenze che tale atto avrebbe portato in futuro, e nonostante era a favore dei Remain una volta visto il verdetto del referendum si è dimesso.
Inoltre era evidente che l’Inghilterra era la più distaccata rispetto alle altre nazioni europee, non solo per il fatto di essere un’isola, quindi già posta da un punti di vista geografico distaccata rispetto agli stati continentali, ma anche per ragioni socio-culturali, ad esempio per il fatto di aver mantenuto la proprio moneta ossia le sterline, ma tralasciando questo fattore l’Inghilterra era stata sempre importante per l’UE e farne parte le ha comunque permesso di non rimanere isolata in economia e geopolitica.
Il governo britannico annunciò formalmente il ritiro del paese nel marzo 2017, avviando così i negoziati di recesso. L’uscita era stata ritardata dal parlamento britannico e dal disaccordo con alcuni punti nei negoziati con l’Unione Europea. A seguito delle elezioni generali del 2019, il parlamento ha ratificato l’accordo di recesso e il Regno Unito il 31 gennaio 2020 lascia definitivamente l’Unione Europea.
E bisogna sottolineare che il Regno Unito è il primo paese a lasciare l’UE, da quando l’organizzazione internazionale è stata fondata.
Quindi dal 31 gennaio i britannici non sono più cittadini europei, ma vi fu un periodo di transizione che finì il 31 dicembre 2020, ed entro questa data vi fu l’obiettivo di determinare quali sarebbero stati i rapporti futuri tra il Regno Unito e l’Ue.
L’uscita del Regno Unito dall’UE non mette fine alla cooperazione, i due paesi continueranno a lavorare insieme su diversi fronti, dal commercio al trasporto fino alla lotta contro il crimine. L’accordo dell’uscita dall’Ue protegge i diritti dell’uomo. I cittadini dell’UE che vivono nel Regno Unito e quelli britannici nell’UE hanno il diritto di continuare a vivere e a lavorare nell’attuale luogo di residenza, purché già registrati in precedenza e in possesso dei permessi concessi dalle autorità mazionali dei vari stati membri o del Regno Unito. I cittadini europei che vorranno trasferirsi nel Regno Unito per un periodo superiore a sei mesi dovranno rispettare le condizioni per il trasferimento degli stranieri imposto dal governo britannico, come la richiesta di un visto. I cittadini britannici possono visitare l’unione europea per massimo 90 giorni senza il bisogno di un visto. In ogni caso i cittadini del Regno Unito devono dimostrare di avere già il biglietto di ritorno nel proprio paese nel momento in cui vengono effettuati i controlli, e che hanno fondi sufficienti alla loro permanenza. I cittadini UE che soggiornano temporaneamente nel Regno Unito beneficiano ancora dell’assistenza sanitaria d’urgenza basata sulla tessera sanitaria europea, mentre quelli che soggiornano per un periodo più lungo devono pagare un supplemento. I pensionati/e continuano a beneficiare dell’assistenza sanitaria dovunque si trovino.
In più a perdere sono anche gli studenti, poiché il Regno Unito ha deciso di uscire da il famoso programma di studio Erasmus+ e di creare invece un proprio programma su scala internazionale: Alan Scheme, che consentirà agli studenti del Regno Unito di studiare non solo nelle università europee ma anche nelle migliori università del mondo. Quindi gli studenti europei non potranno più partecipare in programmi di studio nel Regno Unito. Ma per gli studenti che prima di tutto ciò facevano già parte del programma Erasmus non ci saranno cambiamenti fino alla scadenza del programma che avevano sottoscritto o fino all’esaurimento dei fondi. Non ci saranno cambiamenti neanche per coloro che hanno conseguito un titolo universitario in Gran Bretagna o per coloro che sono già entrati nel paese e si scriveranno nei prossimi mesi. Prima della Brexit gli europei pagavano la retta universitaria come gli inglesi, ma dopo l’uscita dall’UE essi dovranno pagare il triplo. Invece gli studenti irlandesi del nord potranno ancora continuare a partecipare al programma Erasmus, in base ad un accordo con il governo irlandese. Michael Barnier, capo negoziatore Ue per la Brexit, ha assicurato che in tema Erasmus “la porta rimane aperta” per eventuali negoziazioni in futuro. Ovimento tutto questo ha creato una grande delusione per i giovani universitari, i quali si sono visti privare di una importante opportunità sia di crescita, che di esperienza.
Inoltre il parlamento accoglie favorevolmente la conclusione dell’accordo commerciale e di cooperazione tra Regno Unito-UE, che limita le conseguenze negative dell’uscita del Regno Unito dall’UE. Con l’accordo raggiunto i beni scambiati tra Regno Unito e UE non saranno soggetti a tariffe e quote, e sono in atto già alcune procedure per il trasferimento delle merci da e per il Regno Unito, come il controllo alle frontiere sul rispetto delle regole del mercato interno, ossia devono rispettare standard sanitari, di sicurezza, ambientali o delle norme britanniche applicabili. Questo significa più burocrazia e costi aggiuntivi. In più entrambe le parte si sono impegnate a garantire parità di condizioni salvaguardando e tutelando settori riguardanti come l’ambiente, la lotta ai cambiamenti climatici, i diritti sociali e dei lavoratori, la trasparenza fiscale e l’aiuto dello Stato, con un’efficacia applicazione delle regole a livello nazionale. Nel settore delle aziende, le aziende britanniche non hanno più il diritto automatico di offrire i loro servizi in Europa. Se vogliono continuare ad essere operativi nell’Unione Europea dovranno stabilirsi nell’UE.
L’Unione Europea e il Regno Unito hanno concordato un nuovo quadro per la gestione comune delle risorse ittiche nelle acque di pertinenza. Il Regno Unito potrà sviluppare/eseguire le attività di pesca britanniche, mentre saranno salvaguardate le attività e le fonti di sussistenza della comunità della pesca europea, in un spirito di conservazione delle risorse naturali. Ma vi furono degli scontri e delle tensioni poiché il governo francese e i pescatori denunciato la violazione dell’accordo da parte del Regno Unito, che sta inasprendo le condizioni di accesso dei pescatori alle acque britanniche. In quanto per ottenere la licenza i pescatori francesi devono dimostrare alle autorità britanniche una continuità dell’attività di pesca nella zona durante un periodo che va dal 2010 al 2016. Inoltre veniva limitata il loro diritto di accesso alle acque, infatti per pescare in Jersey, sono state concesse solo 41 licenze su 344 domande. E secondo Parigi le licenze concesse sono comunque accompagnate da nuovi requisiti inaccettabili. Ma il governo di Jersey ha dichiarato che essa ha concesso le licenze in conformità all’accordo commerciale, raggiunto tra Bruxelles e Londra a fine dicembre. Davanti all’aggravarsi della situazione nell’assemblea nazionale il ministro francese, ha affermato che la Francia è pronta a ricorrere a misure di ritorsione contro l’isola di Jersey, ossia mettere fine alla trasmissione di elettricità via cavo sottomarino dalla Francia all’isola. In seguito alle minacce e alle proteste sembra comunque essere prevalso il buonsenso. In quanto entrambi le parti hanno dichiarato che il dialogo sia la scelta migliore.
Com’è stato detto precedentemente l’uscita del Regno Unito dall’UE ha creato nuove barriere, più controlli e più burocrazia ed e quindi è aumentata la difficoltà di andare a lavorare nel Regno Unito e questo ha colpito diverse aziende alimentari poiché si trovano con dei lavoratori in meno rispetto agli anni precedenti e questo genera una grande perdita nei loro affari. E questo ha portato sì che il governo britannico approvasse e annunciasse uno speciale pass per i lavoratori stagionali per i prossimi mesi, con un aumento di 30.000 lavoratori stranieri. Ma gli agricoltori credono che sia ormai troppo tardi e pensano che si deva provvedere ad aprire di nuovo le frontiere ai lavoratori stranieri nel Regno Unito. Per prevenire un’altra catastrofe nel raccolto e dell’economia.
Critica nel Regno unito e anche la situazione della benzina, poiché continua a scarseggiare nei distributori britannici a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio e anche se non si tratta di un fenomeno dovuto e causato in prima persona dalla Brexit, l’uscita dall’Ue ha peggiorato la situazione in quanto si è venuta a creare un crisi della logistica e la carenza di autotrasportatori. La situazione è talmente grave in quanto a Londra è impossibile trovare un distributore di benzina aperto e tutto questo ha creato delle difficoltà ai cittadini di spostarsi, considerando che la benzina in molti posti è finita. Secondo quanto viene riportato dall’agenzia Reuters, tre dei maggiori operatori petroliferi britannici hanno avvertito la carenza di carburante ma, in realtà non viene a mancare il petrolio bensì la possibilità di far arrivare il carburante a destinazione, ovvero nelle pompe di benzina. Per cercare di risolvere la situazione e far fronte a questa grave crisi è stato annunciato che ci sarà l’intervento dell’esercito, ossia la possibilità di usare i mezzi militari per aiutare a consegnare il carburante. L’esercito deve comunque tenersi pronto a intervenire poichè non si tratta ancora di un vero e proprio intervento ma di un allerta. Un’altra misura adottata è quella di incrementare il numero dei visti per i camionisti stranieri. Il governo ha dato via libera all’estensione delle licenze per i trasporti di carburante. E quindi questo paese sta affrontando una delle crisi più grandi e gravi a livello di materie prime.
In conclusione, non bisogna guardare l’uscita del Regno Unito dall’UE come un singolo evento, ma deve essere interpretata come un ampio progetto che essi hanno intrapreso con la Brexit, volta al recupero di una sovranità che il Regno Unito ha ritenuto compromessa e messa in discussione con la sua permanenza nell’Unione Europea.