Mario Draghi ha rassegnato le proprie dimissioni il 21 luglio. L’esecutivo, voluto dalle forze politiche per uscire dalla crisi economica causata dal Covid-19, ha subito un’unica frattura, rivelatasi decisiva. La crisi è stata innescata dal Movimento 5 stelle, che non ha votato la fiducia in Senato per il decreto aiuti. Il colpo di grazia è stato ad opera dei partiti di centrodestra, Forza Italia e Lega, i quali erano parte integrante della maggioranza di governo, coadiuvati da Fratelli d’Italia, la quale si è trovata all’opposizione. Una spaccatura insanabile per una figura di spicco come l’ex Presidente della Banca centrale europea, che ha declinato l’invito della maggioranza di continuare a risiedere al Colle.
Mattarella, come da disposizioni, ha indetto le elezioni per il 25 settembre. Il sistema elettorale con cui si è andati al voto è il Rosatellum, una legge che prevede un sistema di ripartizione dei seggi misto, sia nella Camera che in Senato. Come funziona la ripartizione? Un terzo dei seggi viene eletto con il sistema uninominale (maggioritario), mentre i restanti due terzi vengono suddivisi con un sistema proporzionale, a seconda dei voti che i singoli partiti hanno ottenuto durante le elezioni.
Si è dato inizio così ad un estate in cui i leader dei maggiori partiti hanno intrapreso una campagna elettorale all’insegna delle alleanze, o per dirla in gergo, del “campo largo”.
La campagna del centrosinistra: agenda Draghi e atlantismo
Il centrosinistra è costellato da una visione del tutto variegata e composita. Il PD si è mosso in una doppia direzione: il riformismo centrista di Azione e +Europa contro una sinistra più radicale dell’Alleanza Verdi e Sinistra italiana. Non si è rivelata una scelta felice, essendoci dei valori e dei riferimenti divergenti: l’alleanza progressista Azione +Europa è vicina a sentimenti europeisti, filo-atlantista ed ha votato a favore dell’agenda Draghi (con il raggiungimento dei 55 punti del PNRR). Sul tema ambiente ed energia, Carlo Calenda ed Emma Bonino propendono per l’efficientamento delle risorse del paese, tra cui i rigassificatori (spingono sul miglioramento di quello di Piombino), ma anche un ripensamento sulle centrali nucleari, che verrebbero viste come produttrici di energia pulita ed a costo relativamente contenuto.
Valori opposti rispetto alla sinistra più radicale, quella formata dall’Alleanza tra i Verdi (Sergio Bonelli) e Sinistra Italiana (Nicola Fratoianni). In prima istanza non hanno mai votato la fiducia al governo Draghi, in particolar modo verso i decreti che rimandavano ad un invio delle armi alla popolazione ucraina. Valori di una sinistra antifascista, per un’Europa di pace e di accoglienza con l’istituzione del dipartimento della Difesa Civile Non-armata e Nonviolenta. Il tema energia qui ha uno spazio predominante: eliminare i sussidi per le energie fossili e valorizzare l’energia rinnovabile, in particolar modo il fotovoltaico. dunque una sinistra che ha una faccia sociale, in cui si raccolgono le istanze delle fasce di popolazione più debole: al centro del programma si può notare l’istituzione di un salario minimo dignitoso, la riduzione dell’orario di lavoro, la creazione di una mobilità sostenibile, in cui per studenti e soggetti fragili ( gli anziani) il servizio sia gratuito.
Enrico Letta, per includere più voci possibile all’interno della coalizione ha incluso Italia per il Futuro, di un rinnovato Luigi Di Maio e Bruno Tabacci. Piccola realtà ritenuta all’interno dei valori democratici e attinenti ad un Pd sempre più come la “balena bianca”.
Di punti di convergenza ce ne sono veramente pochi per avere dei presupposti per il campo largo, tanto che Calenda rompe l’intesa con Enrico Letta, definendo “stonati” gli accordi stretti sia con Sinistra Italiana e Verdi sia con Luigi Di Maio e Bruno Tabacci. Scelta che ha colto di sorpresa Emma Bonino, la quale però ha accettato di continuare la corsa con il centrosinistra per provare ad arginare l’ondata nazionalpopulista, lasciando andare il portavoce azionista verso le braccia di Renzi, dove fonderanno il Terzo Polo.
Dunque, il centrosinistra persiste la sua rotta: rimodulazione dell’Irpef, parità salariale, bonus di 10mila euro per i diciottenni ricavati da una tassa patrimoniale, rivisitazione del reddito di cittadinanza. Senza perder d’occhio i diritti civili, come strada fondamentale per non perder di vista l’inclusione degli immigrati nella società nazionale, ( Ius scholae), un forte accento su temi come l’inclusione e la protezione dei diritti LGBTQ+ (Ddl Zan), il diritto all’eutanasia e la sostenibilità ambientale e climatica.
Il Movimento 5 stelle: tra diritti sociali e reddito di cittadinanza
Il Movimento 5 stelle, dopo una serie di vicissitudini e lo strappo con il Pd, ha deciso di correre da solo. Sotto la segreteria di Giuseppe Conte, il partito pentastellato si è definitivamente spostato a sinistra, perpetuando politiche di sostegno alle fasce più deboli della popolazione. Il tema del lavoro è una delle questioni centrali del programma del Movimento: il reddito di cittadinanza come strumento di lotta contro la povertà, l’istituzione di un salario minimo legale di 9 euro e la riduzione della giornata lavorativa con parità di salario. Sul tema scuola e politiche giovanili, il Movimento punta a ridurre la povertà educativa, attraverso la realizzazione di comunità educanti adibite alle periferie, con l’inserimento di un equipe di professionisti quali i pedagogisti, gli psicologi e gli educatori per rendere la scuola sempre più inclusiva ed efficiente. Un ulteriore slancio ai giovani è la deburocratizzazione riguardante l’imprenditoria giovanile, grazie al quale il potenziale mondo delle start up può avere nuova linfa vitale. Per quanto riguarda i diritti civili e delle minoranze, si attiene sulle posizioni del Partito democratico, dando risalto all’equità tra fasce di popolazione diversa. Ultima, ma non per importanza, la politica estera. L’Italia deve essere inquadrata nell’Alleanza atlantica, e deve mantenere il ruolo di potenza di prima fascia in seno all’Unione Europea.
Il Terzo Polo: un’alleanza riformista-progressista
Dopo lo strappo prima con il Pd, e di conseguenza con l’alleata di coalizione progressista Emma Bonino, Carlo Calenda ha allacciato i rapporti con l’ex premier Matteo Renzi. Dunque Azione ed Italia-Viva, due partiti nati da una costola del Partito democratico e che hanno riempito l’alveo centrista del Parlamento. Tra i due partiti degli ex delfini del Pd esiste una visione unitaria dell’economia, incentrata sul libero mercato ed uno spinto neo-liberalismo. Calenda e Renzi sono dei portavoce del mondo imprenditoriale, in particolar modo di Eni e altre industrie facenti parte delle lobby del mondo dell’energia (la già citata notizia sui rigassificatori di Piombino, tanto cara ad Eni e di cui il leader azionista se ne fa portavoce).
Il programma del Terzo Polo è spendibile con due frasi: continuare con l’agenda Draghi, ed il motto di Azione, “Italia sul serio”. Per Calenda “Basta con i no a tutto: ai rigassificatori, alle infrastrutture, ai termovalorizzatori. Basta con un ambientalismo ideologico che spinge le aziende a trasferirsi altrove per inquinare.“. Dunque efficientamento delle risorse esistenti e puntare allo sviluppo delle centrali nucleari. Un altro punto cruciale del programma riguarda la cultura: la competenza è una delle priorità e la scuola diviene uno dei campi maggiormente da riformare e migliorare. Punto di scontro con il Movimento 5 stelle diventa il Reddito di cittadinanza, ritenuto uno strumento che non incentiva i giovani a trovare lavoro. Secondo il programma del Terzo Polo, il Rdc andrebbe riformato in modo che, subito dopo il primo rifiuto, va eliminato. Da buoni liberisti propongono un detassamento per i premi di produttività delle aziende, ma con un supporto ancora più ampio alle imprese che investono in un rinnovamento della forza lavoro. Una novità ed un auspicio poi è l’uso consapevole dello smart working, attraverso cui i lavoratori possono usufruire secondo le proprie necessità. Il programma del Terzo Polo si può riassumere così: competenza e libero mercato.
Il Centrodestra: tra flat tax, presidenzialismo ed il made in Italy
La coalizione conservatrice del Parlamento italiano è quella più eterogenea, ma allo stesso tempo più coesa. Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati sono i rappresentanti di un programma che punta ad un rilancio del nazionalismo e del sovranismo. Un programma vasto, che riscontra delle criticità interne, a causa di diverse posizioni e opinioni su argomenti principe, come quello della politica estera. La coalizione risente della presenza di Silvio Berlusconi, l’imprenditore lombardo che ha governato il paese per ben 4 legislature. Ogni suo capriccio può provocare delle crisi interne. Il figliol prodigo del forzista è Matteo Salvini, che ha trasformato la Lega da partito regionale a partito nazionale. Nonostante queste peculiarità dei propri segretari di partito, il centrodestra ha partorito un programma elettorale unitario, con la denominazione “Per l’Italia: accordo quadro di programma per un governo di centrodestra”. Come ogni appuntamento elettorale che si rispetti, il centrodestra apre alle questioni fiscali e del mondo del lavoro. Tematiche care a Silvio Berlusconi, il quale propone politiche neo liberiste piuttosto spinte. Taglio del cuneo fiscale per i lavoratori e le imprese, un rafforzamento delle politiche attive del lavoro, e di conseguenza delle agevolazioni per le imprese che contribuiscono a creare lavoro. Per ingraziarsi una larga fetta d’elettorato, si è costruita l’ipotesi di un innalzamento delle pensioni e di una revisione della riforma Fornero, giudicata penalizzante per i lavoratori. Passando alla tematica immigrazione, punto forte della Lega, si propone la rimessa in auge dei decreti sicurezza varati da Salvini nel governo Conte I: un controllo degli sbarchi per ridurre la tratta degli schiavi, attraverso accordi con le istituzioni nord africane, in concerto con le politiche di Bruxelles. Reparto scuola ed università: il merito al centro. Si propone poi un’ammodernamento delle strutture delle scuole e delle università italiane. Un campo sul quale si pongono dei dubbi è la politica estera: il programma inserisce l’Italia negli accordi tradizionali firmate dalle istituzioni italiane, dove la nostra “nazione” deve assurgere ad un ruolo primario, soprattutto in seno all’Unione europea. Questione guerra in Ucraina: l’Italia appoggia pienamente la Nato, con le sanzioni verso la Russia e l’invio di aiuti bellici verso Kiyev.
Ultimo, ma non per importanza, le riforme. I referendum del 12 giugno sulla giustizia sono stati un antipasto. Separazione delle carriere per i magistrati, abbreviazione dei processi per no gravare sulle casse dello Stato, e riforma sull’elezione del Presidente della Repubblica, che si vuole trasformare in elezione diretta ( come accade in Francia).
Merito, made in Italy e populismo, ed ecco a voi servito il programma dei conservatori.
Il sottobosco delle coalizioni minori
La competizione elettorale si arricchisce di altri competitor minori, che hanno una minor eco nazionale. Una su tutte Unione Popolare, per cui è sceso in campo l’ex magistrato e sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Unione popolare è l’ennesimo tentativo delle forze extraparlamentari di creare un progetto a lunga scadenza, e che dia un risultato efficace ed efficiente. Ad unire le forse sono Rifondazione Comunista (Mauriazio Acerbo), Potere al Popolo (Viola Carofalo) il gruppo parlamentare Manifesta ed il movimento dell’ex sindaco di Napoli, DEMA. Forte oppositore di Mario Draghi, si pone ancor più a sinistra della coalizione progressista di cui il Pd è portavoce. Uguaglianza sociale, dignità del lavoro e ristrutturazione del modello di sviluppo sono i diktat di questa nuova realtà nata a giugno.
Nel sottobosco possiamo incontrare Italexit di Paragone, una realtà più compatta e con un buon seguito. Italia sovrana e popolare, formazione che può far pensare ad una coalizione destorsa e dove ritroviamo soprendentemente il PC di Rizzo e Patria Socialista, Riconquistare l’Italia, Ancora Italia e Azione civile.
Giorgia Meloni Presidente del Consiglio
Le urne hanno decretato la vittoria dalla coalizione a guida Fratelli d’Italia. Subito si è iniziato il toto ministri, con le prime frizioni all’interno della coalizione: Matteo Salvini ha richiesto con insistenza il Ministero degli interni, Silvio Berlusconi invocava il ministero della giustizia ed un posto per Lucia Ronzulli. Nonostante una percentuale quasi irrisoria, Berlusconi pretende per il suo partito una posizione di forza, che gli consenta la presa di posizione su Ministeri di fondamentale importanza. Le dichiarazioni del portavoce forzista sulla guerra in Ucraina sono state destabilizzanti: ha dichiarato vicinanza al suo amico di lunga data Vladimir Putin. Giorgia Meloni ha preso subito le distanze, dichiarando che l’esecutivo, il più a destra della storia italiana, è inquadrato all’interno della Nato e sosterrà il popolo e le truppe ucraine. La nuova, o come preferisce Giorgia Meloni, il nuovo Presidente del Consiglio italiano ha compilato una lista di 24 ministri dove risaltano le personalità di Antonio Tajani (braccio destro di Berlusconi) come ministro degli Affari esteri e cooperazione internazionale. Matteo Salvini, nominato ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, ha preteso di metter mano al tema dell’immigrazione, con una nuova chiusura dei porti per allontanare i “barconi”. I ministeri di Giustizia e Difesa, sono in mano a due esponenti di Fratelli d’Italia: Carlo Nordio e Guido Crosetto. Fratelli d’Italia vuole riformare il campo della Magistratura, separando le carriere e rendendo i processi più snelli e brevi.
Per concludere la squadra, Ignazio La Russa è designato ad essere presidente del Senato. A preoccupare però è la designazione di Lorenzo Fontana come Presidente della Camera dei Deputati. Forti posizioni anti abortiste, ultra conservatore e vicino alle idee di Vladimir Putin
Un governo a forte trazione conservatrice. Quale futuro ci riserverà?