Quando sei giovane tutto è leggero. Quando a meno di trent’anni ti trovi in un altro paese per ragioni di studio e ti chiedono di aggiungere un’assicurazione sanitaria (perché non si sa mai) sorridi divertito. Da giovane niente ti spaventa, da giovane cali sulle cose con leggerezza, vedendo sempre il bicchiere mezzo pieno. Perché tutto è passeggero, niente è definitivo. Prospettiva futura ai tempi del Covid19 Direttore responsabile: Claudio Palazzi

Così sorridi ancora quando una mattina, di fronte ad un caffè con latte, il Tg locale riporta notizie riguardanti un primo caso di un qualcosa chiamato Covid19. Ma hai davanti un’esperienza tutta nuova e non puoi veramente dar peso a queste cose. Continui la tua vita, esci e fai le ore piccole, ma non sai che ad una settimana di distanza, ti ritroverai a guardare il mondo da una finestra del quinto piano di un piccolo quartiere nel nord della Spagna.

Con gli aeroporti chiusi e nessuna programmazione in vista, quelle quattro mura diventano la tua salvezza o il tuo inferno, il tuo riscatto o la tua condanna. E insieme a te, di tanti altri individui. Già, perché lo si è detto tante volte, la quarantena non è uguale per tutti. E quell’assicurazione stipulata solamente un mese prima giace lì sulla scrivania tra biglietti di film che non vedrai e concerti ai quali non assisterai; diventa il simbolo beffardo di una nuova esperienza che, volente o nolente, dovrai vivere, quasi fosse un gioco dal quale non puoi uscire se non attraversandolo. E non puoi far a meno di chiederti come ne uscirai.

 Impatto psicologico-sociale

Dalle statistiche si evince come la quarantena abbia provocato disturbi come ansia, crisi di panico e depressione, paura, insonnia, portando in alcuni casi ad accorate richieste di aiuto e gesti estremi. Inoltre, l’obbligo di condividere le quattro mura domestiche si è rivelato un incubo per quelle situazioni familiari che presentavano già dei disagi: conflitti genitori-figli o la presenza di partner violenti.  E ancora i migranti, coloro che vivono alla giornata e che di prendersi il Covid19 non possono proprio permetterselo. Uno degli elementi più interessanti è la manifestazione di questi nuovi disturbi in soggetti che prima non li avevano mai manifestati: ‘Durante la quarantena avevo parecchia ansia a causa della crescita esponenziale di malati e decessi…ero diventato ipocondriaco’ afferma Gabriel. Dal punto di vista della socialità, tutti ne abbiamo risentito, ma i giovanissimi ‘hanno perso i loro riferimenti fatti di interazioni, così fondamentali nell’età dello sviluppo e che senza dubbio non possono essere sostituiti dalle interazioni digitali’ sostiene invece Alessandro, ingegnere. Si sa, l’uomo si abitua a tutto; ciononostante alcune persone faticano ad accettare questa realtà e in alcuni casi la si rifiuta: il mondo si divide tra negazionisti-complottisti, che della pandemia non credono nulla e coloro che invece (con)vivono con molta ansia; indossare o meno la mascherina è indicativo di questi due comportamenti estremi.

Un altro aspetto fondamentale che ci viene sottratto è la possibilità di interagire fisicamente con amici, parenti ed affetti. Come affermava Aristotele, l’uomo è un animale sociale. A lungo andare le restrizioni non produrranno effetti ‘buoni’ sulla nostra capacità di saper stare in mezzo agli altri: ‘non esiste più empatia, è tutto sterile’ denuncia Chiara.

 Conseguenze lavorative

Dal punto di vista lavorativo, la crisi da Covid19 si prefigura simile a quella del 2008. Ogni settore è stato colpito; di sicuro alcuni, come quello turistico, più duramente degli altri. In molti hanno perso la propria occupazione. Questo pesa soprattutto sulla fascia over 35, la cosiddetta intermedia, e le recenti misure attuate, che favoriscono l’inserimento lavorativo della fascia under 35, non sembrano alleggerire questa problematica: ‘le persone si sono ritrovate da un giorno all’altro senza un lavoro, altre forzatamente in cassa integrazione ed altre ancora con stipendi dimezzati’ dichiara Chiara, che lavorava nell’ambito del turismo prima dello scoppio della pandemia.

Tuttavia, ci son state ripercussioni anche sui giovani che si trovavano da poco in un nuovo contesto lavorativo: ‘Purtroppo, avendo cominciato l’esperienza lavorativa a febbraio, non ho potuto ricevere la formazione che avrei ricevuto in situazioni normali’ dichiara Gabriel. Così, il lavoro, anche quando c’è, assume un carattere statico, in cui, data la mancata interazione, poco o nulla si ottiene in termini di apprendimento. In generale, i sentimenti che accompagnano questo settore sono alquanto pessimisti, anche e soprattutto in riferimento alla prospettiva futura: ‘tutti i soldi che sono stati stanziati dovranno rientrare necessariamente attraverso tassazioni, pena un’enorme svalutazione economica del paese’ sostiene Alessandro.

Quale futuro?

Al termine della prima ondata siamo tornati a vivere; a piccoli passi, timorosi, abbiamo provato a riprendere il controllo delle nostre vite. Ci accompagnavano speranza e una certa voglia di riscatto. Ben presto però ci siamo resi conto che la nostra felicità era illusoria; lungi dall’andarsene, una seconda ondata stava per travolgerci. Indubbiamente, questa volta ci avrebbe trovato, almeno psicologicamente, più preparati. Il grande interrogativo resta però la questione lavorativa: ‘Per come la vedo io, solamente una grande ripresa economica, auspicabile tenendo conto della voglia di riprendere i consumi, i viaggi, la vita normale, potrà ammortizzare un colpo che altrimenti sarà paragonabile a un terzo dopoguerra’ conclude Alessandro. Non è molto diversa neanche la percezione di Chiara che sostiene: ‘ora, dopo questa seconda ondata, le persone non stanno sperando più perché le aziende, i negozi ed i commercianti stessi si ritrovano ancora più indebitati e in molti addirittura impossibilitati alla riapertura’.

Si sa, la Storia è scritta da chi la guerra la vince. Così, tra cent’anni noi avremo fatto tutti la Storia. Sui grandi manuali si parlerà di un altro periodo buio dell’umanità, della durata, della corsa ai vaccini, della nazione prima che ci arriverà; e si parlerà della famigerata crisi economica, di come ogni paese abbia saputo o meno reagire. Ma nessuno racconterà l’altra faccia della medaglia, la realtà di quando si cala il sipario. Perché, bisogna ricordarlo, nessun uomo è un’isola.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here