Dopo la primavera araba, dopo le violenze in Egitto, la caduta di Ben Ali e l’uccisione di Gheddafi, le dittature perdono i colpi nella zona del Mediterraneo. E oggi finirà anche il governo berlusconi in Italia. Forse ho insinuato una similitudine troppo forte; ma nella realtà dei fatti, non sono solo e sempre i carri armati e i militari che definiscono una dittatura.
Dagli anni ’80 nel nostro Paese si è sviluppata una dittatura oscura, fatta di trame che affondano nelle crepe del sistema e nei suoi punti deboli le proprie radici. Quello fu il decennio del riflusso di coscienza politica, dove ci fu la ritirata degli elettori nella sfera privata, fu il decennio che vide il mondo cambiare: fine della guerra fredda, crollo del muro e fine dell’Urss sopra ogni cosa. E non parliamo di un secolo fa, sono trascorsi circa vent’anni. In quello stesso periodo in Italia si ramificava un sistema di controllo e gestione del potere e della comunicazione, la Loggia P2. Fu il simbolo del nuovo modo di fare politica; si passò dalle trame oscure nei palazzi di governo ordite dal chiacchierato Giulio Andreotti, a quelle studiate sui tavoli di marketing da Licio Gelli e co.
La globalizzazione stava per nascere e diffondersi su scala planetaria, favorendo speranze e paure: quale miglior arma se non la sicurezza e l’individuazione di un nemico costante nell’immaginario collettivo? Un gioco subdolo. No, semplicemente strategia comunicativa, che riesce a penetrare nelle menti. In un mondo tanto aperto e di conseguenza vulnerabile, la certezza che rimane all’italiano, per antonomasia possessore di casa, auto e familiarista di facciata, è quella di poter star sicuro. L’unica richiesta d’affidabilità al potere sembra quella della sicurezza; o forse è un bisogno indotto, un concetto che ci hanno spinto nella testa a suon di messaggi subliminali, pubblicità, target e format televisivi, invenzioni di fatti e occultamenti di vario genere?
Lo studio compiuto su un leader, sulle sue movenze, gesti, parole, perfino sui suoi abiti e le sue abitudini, risulta decisivo ormai. Non si può prescindere dall’arte oscura del marketing, che qui gioca il ruolo dominante di bilancia dei voti. Non è un delitto, ma sfruttare un ramo scientifico-sociologico-psicologico-economico-comunicativo (e potremmo continuare) per imporre una scelta che non riguarda più un prodotto, bensì la vita di una comunità, significa comandare le menti altrui.

Un uomo nasce libero di pensare e valutare con la propria testa, ma venti anni fa, quanti di noi che oggi riconoscono come malvagia la spinta comunicativa sfruttata in tale modo, sapevano invece individuarla diversi anni fa? Alzate le mano voi, inventori e studiosi del campo, perchè noi comuni mortali, agli albori di questo tesoretto vincolante dei pensieri, non eravamo davvero consci di ciò che sarebbe potuto succedere. La televisione c’era già, la pubblicità anche, un mondo che non è stato inventato in quei giorni di Tangentopoli nello stivale. Ma alcuni hanno intuito che se non era più permesso obbligare i cittadini a votare sotto il peso di un fucile, era concesso farlo sotto una leggera manipolazione comunicativa. E la sua invisibilità, la sua apparente leggerezza, l’ha fatta passare inosservata da molti e per diversi anni.
Oggi finisce con ogni probabilità l’era dell’uomo che in Italia rappresenta uno dei maggiori esempi di “comunication-man”, Silvio Berlusconi, colui che si annunciò in tv come politico, colui che in tv dispose un esercito di belligeranti non armati dalla Fede incrollabile. La dittatura è qualcosa che non permette la libera espressione e la libertà di pensiero; noi abbiamo sempre potuto votare in quasi tutta Italia liberamente e comprare l’auto o il cellulare che preferivamo. Ma, in effetti, quanti di noi sono stati convinti senza saperlo da un logo, unmarchio, una parola anzichè un’altra? O quanti sono ancora più semplicemente stati annientati e riutilizzati come contenitori per riempirli di idee che non erano proprie? Su 58 milioni scarsi non sono la metà, ma credo siano abbastanza; e credo siano abbastanza anche coloro che non sono stati coscenti del processo che li ha plasmati modificati e convinti. E difficilmente lo saranno oggi, perchè una convinzione invisibile è forte proprio perchè non ti fa sentire costretto, ti sembra di pensare e agire di tua spontanea volontà.
Definire dittatura i venti anni di “governo total-mediatico” è azzardato e provocante, ma riconoscere quanto ciò si allontani dalla politica, dal senso del bene comune inteso come la miglior gestione possibile dello stato, dallo scambio di diritti e doveri assunti dalla Costituzione, è obbligatorio. Non affondo un partito, un politico o una parte del parlamento, ma spingo il più lontano possibile da me l’idea che si debba far politica in un modo subdolo, con mezzi che non solo servono ad accapparrarsi il voto (pratica secolare nella politica), ma sono necessari a creare menti nonpensanti, un esercito di automi che non può mai giovare al progresso del sistema.
Oggi non gioisco perchè Silvio Berlusconi lascia il governo a Mario Monti (uno dei padri del crack americano non era lui?), lo faccio perchè forse abbiamo l’opportunità di accorgerci che quello che in Italia è successo negli ultimi vent’anni è stato quanto di più lontano ci sia dalla politica. E ora stappo!

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