Recovery Fund: chi vince e chi perde?

Dopo cinque giorni di negoziati, il 21 luglio 2020 appena passate le 5.30 del mattino, arriva il “Tweet” del Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel: “L’abbiamo fatto. Ci siamo riusciti. L’Europa è solida e unita”. Poco dopo anche il Presidente francese Emmanuel Macron ha espresso la sua soddisfazione circa l’accordo raggiunto; commenti anche da parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il quale ha affermato: “ il piano è ambizioso ed adeguato”, per poi recarsi poche ore dopo al Colle incontrandosi con il capo dello Stato Mattarella anche lui ha espresso soddisfazione per l’esito che rafforza l’Ue e crea condizioni proficue per l’Italia. Esultano anche i cosiddetti “paesi frugali”.
Perché? Chi, effettivamente, è uscito vincitore e chi vinto dal negoziato comunitario?

L’accordo

Il Recovery Fund, il pacchetto di aiuti ideato per sostenere i paesi europei più colpiti dalla crisi economica causata dal Covid, è rimasto di 750 miliardi come proposto dalla Commissione europea e difeso da Germania e Francia, insieme al sostegno di altri 22 paesi membri su 25 compresa l’Italia. Le trattative con i 5 restanti detti “frugali”, tra cui Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia, sono state ardue poiché il loro obiettivo era ridurre drasticamente l’ammontare dei sussidi e aumentare i prestiti. L’Olanda e gli altri paesi del Nord hanno insistito affinché l’esborso di fondi europei venisse condizionato ad un loro uso più appropriato. Appare ovvio come essi abbiano trasformato il Consiglio europeo straordinario, convocato per decidere sul Recovery Fund e sul bilancio Ue 2021/2027, in una vera e propria maratona negoziale di soli 4 giorni, rendendo la “competizione” ardua ed estenuante.

Chi sono i veri vincitori?

L’Italia dal negoziato guadagna circa 208,8 miliardi di cui 81,4 di trasferimenti e 127,4 di prestiti (rispetto a 90,9 miliardi iniziali). Entrando ancora più nello specifico, l’Italia avrà a disposizione circa 63,3 miliardi di sovvenzioni e 127,4 miliardi di prestiti che dovranno essere utilizzati per fare le riforme come quella sulla giustizia, sulla pubblica amministrazione, sulle pensioni, sul sistema sanitario pubblico e aumentare la protezione per i lavoratori, in più trasformare l’economia italiana in verde e digitale, il tutto secondo le raccomandazioni e le priorità esplicitate dall’Ue. Tuttavia emergerebbe una differenza tra il Recovery Fund ed il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), proprio con quest’ultimo i soldi sarebbero già a disposizione e basterebbe chiederli mentre con il primo arriveranno a partire dal prossimo anno, sono vincolati ed è finanziato dalla Commissione Ue che solo da gennaio potrà andare a raccogliere i soldi sui mercati emettendo bond garantiti dal bilancio Ue 2021/2027. Il nuovo accordo per entrare in vigore deve essere approvato dal Parlamento europeo e ratificato anche dai parlamenti nazionali.

Oltre che sul fronte economico, l’impasse si è verificata anche sulla Governance e ciò ha messo in forte evidenza i contrasti tra Giuseppe Conte e il Primo ministro olandese Mark Rutte; tuttavia dopo giorni di tensione sembrerebbe essere arrivata una vittoria sia per Roma che per l’Aia poiché: i piani di ripresa saranno approvati dalla Commissione a maggioranza qualificata (il 55% dei membri di suddetto organo) anziché all’unanimità come dalla pretesa avanzata da Rutte, ma vi sarà la possibilità per un singolo stato membro di poter chiedere l’intervento del Consiglio per bloccare l’esborso nel caso i cui si riterrà che vi sia un allontanamento tra obiettivi esplicitati dall’Ue e riforme attuate. Il Consiglio viene coinvolto ma l’intera procedura spetta alla Commissione.

Il battagliero Rutte sembrerebbe aver riportato in patria una duplice vittoria, proprio in vista delle elezioni del 2021 ossia: l’Aia può contare su un rebate (vale a dire un rimborso) particolarmente consistente, quantificabile in 1,92 miliardi di euro annui in meno da versare al bilancio Ue. Inoltre l’Olanda ha ottenuto un aumento dei costi di raccolta delle risorse proprio Ue tradizionali, tra cui i dazi doganali, dal 20% al 25%. A beneficiare dei rebates anche la Danimarca con 322 milioni, l’Austria con 565 milioni, la Svezia con 1,069 miliardi. Invariati invece i 3,67 miliardi per la Germania.

Lo scenario politico italiano

Soddisfazione sembrerebbe provenire dalle parole della maggioranza, basti pensare al leader del Partito Democratico, Nicola Zingaretti per il quale: “L’Europa c’è ed è più forte e vicina alle persone. Un’Europa popolare. Grande battaglia del governo Conte e bella vittoria per l’Italia”. Vito Crimi M5S afferma: “ Stavolta l’Italia ha battuto i pugni sul tavolo. Vince l’Italia ma vince l’Europa”. Renzi, Italia Viva, sostiene di come un governo europeista faccia bene all’Italia. Dunque se posizioni salde e compatte emergono dai principali partiti della maggioranza, diversa è la situazione nell’opposizione: Giorgia Meloni riconosce il merito al premier Conte di aver contrastato le pretese dei paesi “frugali”, ribadisce il “no” al Mes e sul Recovery Fund commenta che “diminuiscono le risorse a fondo perduto, aumentano i prestiti. I soldi non arriveranno fino al 2021 inoltrato e noi ne abbiamo bisogno ora”. Diversa la posizione di Forza Italia che afferma: “Europa rafforzata e compromesso positivo per il paese e che deve far riflettere sui condizionamenti dei partiti sovranisti sui governi europei”. Il capo leghista Salvini è l’unico a giudicare completamente negativo l’accordo raggiunto a Bruxelles, bolla l’intesa come “super fregatura” affermando che sono soldi a prestito che andranno restituiti in cambio di riforme, paragonando il Recovery Plan ad un grande Mes e la Commissione alla vecchia “troika”.

Conclusioni

Al momento di poche cose l’Italia ha certezza, di come l’esecutivo giallorosso nel giro di pochi giorni sia riuscito a scavalcare due ostacoli non indifferenti come la questione Autostrade e il Recovery Fund. Ed è proprio su quest’ultimo punto che le forze della maggioranza possono esprimersi positivamente circa un’Europa unita, solidale e tempestiva evidenziando nette differente rispetto alla crisi del 2008, che colpì pesantemente l’assetto comunitario, evidenziando lunghe attese, dubbi e sconforto ma soprattutto un velato, ma potente, egoismo proveniente dai paesi egemonici della nostra Europa, mostrando posizioni di supremazia e forza quando in realtà l’Europa idealizzata dai padri fondatori si basava su principi come: uguaglianza, altruismo, solidarietà, assistenza, apertura e inclusione. Con la speranza che, nei prossimi mesi e anni, gli accordi tra le principali potenze comunitarie siano basati su questi ultimi valori e non su aspirazioni di dominio e controllo, tipiche delle società ottocentesche e in parte novecentesche, da parte del “più forte sul più debole”.

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here