20-21 SETTEMBRE. COSA SUCCEDE?

Il 20 e il 21 settembre il popolo italiano sarà chiamato ad esprimere il proprio parere attraverso un referendum costituzionale ( detto anche confermativo o sospensivo ) sulla riduzione di un terzo del numero dei parlamentari di Camera e Senato. Si vota Sì o NO e non è previsto il quorum. Se vince il Sì la riforma sul taglio dei parlamentari entra in vigore andando così a modificare gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione Italiana, se vince il NO la proposta viene bocciata.

COSA SUCCEDE SE VINCE IL Sì?

Come accennato in precedenza, se il Sì ottiene la vittoria si procederà ad una modifica degli articoli costituzionali prevedendo così un taglio lineare dei rappresentanti del popolo, senza andare a toccare le funzioni di Camera e Senato, il cosiddetto “bicameralismo paritario” : il numero dei deputati passa da 630 a 400, quello dei senatori da 315 a 200; il tutto includendo anche i parlamentari eletti all’estero: passando da 12 deputati a 8 e da 6 senatori a 4.

A livello rappresentativo si passerebbe da un deputato ogni 96 mila abitanti ad uno ogni 151 mila; mentre per i senatori si passerebbe da un senatore ogni 188 mila abitanti ad un senatore ogni 302 mila. Ed è qui che sorgono le molte domande: sono pochi, sono tanti? Può un senatore rappresentare una porzione così ampia di popolazione? Come funziona all’estero?

Per rispondere a quest’ultima domanda necessitiamo di fare riferimento ai dati ufficialmente forniti dalla Camera dei Deputati che ci consente di compiere un attento confronto con le principali nazioni che circondano il “bel paese”:

Spagna (Congresso e Senato):  350 e 265 rappresentanti.

Germania (Bundestag e Bundestrat):  709 e 69 rappresentanti.

Francia (Assemblea nazionale e Senato): 577 e 348 rappresentanti.

Regno Unito (Camera dei Comuni e Camera dei Lord):  650 e 776  rappresentanti.

(i dati vanno interpretati associando rispettivamente il primo organo con la prima cifra scritta e il secondo organo con la seconda cifra scritta).

Ciò che deve essere tenuto in conto, in base ad una descrizione del genere, è il numero di abitanti per ogni nazione , dunque appare ovvio che se la popolazione tedesca raggiunge quasi gli 83 milioni di abitanti necessiterà di un elevato numero di rappresentanti; mentre la Spagna contando meno di 48 milioni di abitanti necessiterà di un numero di rappresentanti minore rispetto alla sopracitata. Analogo discorso perla Francia che gode di 65 milioni di abitanti e il Regno Unito di 66 milioni. Quindi appare ovvio come, nei Paesi suddetti, il numero di rappresentanti appare proporzionato al numero di abitanti e con una riduzione dei membri, dei vari organi nazionali, si andrebbe a causare una perdita di rappresentanza per molte, e spesso, piccole entità territoriali, cosa che potrebbe accadere nella nostra nazione.

CHI HA VOTATO LA RIFORMA

Il primo via libera in Parlamento alla riforma è arrivato il 7 febbraio 2019, in Senato, quando la maggioranza di governo era quella formata da Movimento 5 Stelle e Lega. A dire Sì, nelle prime votazioni sono stati Movimento, Lega, Forza Italia (con qualche dissenso) e Fratelli d’Italia. Con il cambio di governo e con la guida dei giallorossi, i voti favorevoli alla Camera sono stati ben 533: questa volta ad esprimersi favorevolmente anche Pd, Leu e Iv. Anche se, con il passare dei giorni, vi è stato un cambio di idee e posizioni proveniente da membri di Forza Italia che giudicano “populista” il taglio, passando poi a Calenda con +Europa fino a Rifondazione, passando dai centristi; posizioni contrarie al taglio ed appartenenti al “comitato per il No” anche membri della Lega, di Fratelli d’Italia ma soprattutto membri del Pd andando così ad incrinare i già tesi rapporti nella maggioranza con i 5S, anch’essi su posizioni contrastanti. Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha deciso di concedere ai suoi “libertà di coscienza”.

COSA COMPORTA LA RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI?

Un’altra domanda che è emersa nell’opinione pubblica italiana è: “cosa comporta la riduzione del numero dei parlamentari e come incide sul funzionamento della nostra democrazia?”. Di certo non consente un risparmio decisivo per le casse del Paese. Come evidenziato dall’Osservatorio sui conti pubblici, guidato da Cottarelli, il risparmio di sostanzierebbe in 57 milioni di euro l’anno che corrisponderebbero allo 0,007% della spesa pubblica. A primo impatto appare come una bella somma, tuttavia irrisoria se paragonata al bilancio dello Stato.

Dal punto di vista rappresentativo, con il taglio, si andrebbe verso una più bassa presenza dei partiti minori, specie nelle regioni meno popolose alle quali sarebbero garantiti solo 3 senatori e in tali regioni sarebbero eletti solo i membri dei partiti più votati, con un evidente sacrificio delle minoranze, andando ad indebolire il già precario rapporto eletti/elettori. È di qui che nascerebbe poi la necessità di dar vita ad una nuova legge elettorale interamente proporzionale e tornando così ad un sistema molto simile a quello vigente nel 1993.

Ovviamente emergono anche posizioni favorevoli per l’adozione di tale riforma e le argomentazioni riguardano: risparmio di 100 milioni l’anno (in realtà esso corrisponderebbe a 82 milioni, di cui 53 milioni alla Camera e 29 milioni al Senato; che diventerebbero poi 57 milioni se considerato lo stipendio netto e non quello lordo); si riesce a garantire la rappresentatività: con il Sì ci sarà un parlamentare ogni 100 mila elettori, in rapporto più di quanti ne vengono eletti in Francia, Germania, Regno Unito e USA; si garantirebbe una eliminazione della frammentazione dei gruppi parlamentari, che a volte non rappresentano le principali forze politiche del Paese ma gruppetti che servono solo a mantenere la poltrona; per rendere più efficiente e snello il parlamento con la conseguenza che ci saranno più responsabilizzati e riconoscibili; per mettere fine al fatto che circa il 30% dei parlamentari diserta una votazione su tre  (anche se il problema del Parlamento è di natura qualitativa e non quantitativa).

CONCLUSIONI

Cosa succederà domenica 20 e lunedì 21 settembre nessuno può saperlo. Poche sono le certezze: due forti fronti, uno per il NO e uno per il Sì, che a pochissimi giorni dal referendum si scontrano assiduamente cercando di far valere le loro motivazioni e cercando di portare dalla loro parte più consensi possibili; altra certezza rampante è che molti italiani hanno deciso di non recarsi alle urne, ergo, molto probabilmente l’astensionismo raggiungerà percentuali molto elevate. Il mio invito ad oggi è molto semplice: andiamo a votare, per noi, ma soprattutto per i nostri figli, per il loro futuro. Andiamo a votare perché è un nostro diritto, per il quale i nostri avi si sono battuti fortemente pagando un costo molto elevato: la loro vita. Andiamo a votare perché è un nostro dovere, è un nostro dovere insegnare ai nostri figli di come sia importante far sentire civilmente la propria voce. Andiamo a votare perché il cambiamento si fa in cabina elettorale. Andiamo a votare, indipendentemente da quale sarà il risultato, sia che vinca il Sì o il NO, ma facciamolo in tutta libertà e soprattutto con libertà di coscienza.

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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