Russia: nuove riforme costituzionali all’orizzonte

Lo scorso 15 gennaio, a ridosso dell’abituale discorso del presidente alle Camere, sono state annunciate le dimissioni del governo russo. Dietro tale scelta sembra però esserci la storica e solida intesa del tandem Putin-Medvedev, che Wikileaks nel 2010 descriveva come “Batman e Robin”.

Putin infatti lo stesso giorno ha avanzato proposte di riforme costituzionali di grande rilevanza, che potrebbero prolungare ancora la sua permanenza ai vertici della politica russa dopo ormai un ventennio.

La carriera politica e l’ascesa al Cremlino

Dopo essere stato membro e dirigente prima del KGB e in seguito della Stasi, servizi segreti rispettivamente di URSS e Germania Est, Vladimir Putin si dimise durante il fallito colpo di stato contro Gorbačëv. Già imprenditore e consigliere per gli Affari internazionali a San Pietroburgo, dopo la dissoluzione prima del PCUS e poi dell’URSS del 1991, divenne deputato e iniziò a svolgere incarichi per la prima presidenza della Federazione Russa di El’Cin.

Primo ministro nel ’99, fu nominato presidente ad interim dopo le dimissioni di Yeltsin, confermando la carica con le elezioni del 2000. Sostenuto dal partito Russia Unita, dopo il primo mandato fu confermato fino al 2008, quando gli subentrò il fedelissimo Medvedev, capo del governo uscente.

Non potendo per Costituzione essere eletto per più di due mandati consecutivi, prima di farsi nominare primo ministro nel 2008 Putin fece approvare alcuni provvedimenti per rafforzare i poteri di tale carica. A scapito del presidente, ebbe maggior controllo in politica estera e nei rapporti con i governatori locali; d’altro canto si alleggerì affidando ai ministri altre mansioni.

Così, pur cambiando “poltrona”, ha formalmente mantenuto molti poteri e competenze. Nel 2012 fu rieletto presidente con una vittoria stracciante ma molto contestata, perché fu approvato l’allungamento del mandato presidenziale da 4 a 6 anni. Perciò, riconfermato capo dello stato nel 2018, dovrebbe mantenere la carica fino al 2024.

Le riforme costituzionali

Ancora una volta quindi Putin lotta per aggrapparsi al potere, stavolta con la promessa di risollevare le condizioni economiche della maggioranza della popolazione, e con la flebile speranza dei comunisti all’opposizione in una collaborazione che si prospetta difficile. Oltre a nuove politiche di welfare e del lavoro per far fronte a calo demografico e povertà -aspetti che hanno causato un calo di fiducia nei suoi confronti secondo i giornali russi- la novità è una nuova riduzione dei poteri del presidente dopo il 2024.

Si darebbe infatti alla Duma (la Camera bassa dell’Assemblea federale) il potere di confermare il primo ministro e il governo, facoltà ora spettante al presidente, che si limiterebbe a confermarli. Si tratta di una notevole svolta, dato che la legge attuale prevede un voto di fiducia o sfiducia della Duma nei confronti del primo ministro, che viene però nominato solo dal presidente; quest’ultimo può in ogni caso sciogliere la Duma se non conferme la sua proposta. Questo punto fa pensare che Putin si voglia ricandidare come primo ministro già nel 2021, abbandonando la carica di presidente e facendosi eleggere dal Parlamento a lui fedele.

Riguardo il candidato alla presidenza, l’eleggibilità diventerebbe riservata a chi risiede in Russia da almeno 25 anni -non più 10 come ora- e non hanno mai avuto cittadinanza straniera o permesso di soggiorno. Si eliminerebbe così la possibilità che vengano eletti alcuni suoi avversari politici quali Chodorkovskij e Navalnyj. Una mossa previdente, ma ben poco democratica.

Non sarebbe la prima da parte di Putin, né è l’unica ad essere stata proposta. Altro punto focale riguarda infatti gli organi municipali, nei quali di recente i candidati all’opposizione sono riusciti a farsi spazio. Se essi dipendessero dagli organi statali, e di conseguenza da Putin, egli avrebbe maggiore controllo sulle elezioni locali. Si prevede quindi che il Consiglio di Stato abbia un ruolo più decisivo nella struttura di governo e sia riconosciuto ufficialmente dalla Costituzione. Istituito nel 2000 e composto dai rappresentanti delle 85 regioni della Federazione, al momento tale struttura ha il ruolo di consigliare il presidente su questioni inerenti difesa e sicurezza.

In tal modo Putin governerebbe per mezzo di Medvedev, dimessosi da primo ministro ma subito nominato vicecapo del Consiglio di Stato, un organo rafforzato e capace di controllare le altre istituzioni e il presidente.

Infine, un quarto punto fondamentale riguarda la politica estera. La riforma prevede che la Costituzione russa prevalga sui trattati internazionali che violano i diritti dei cittadini russi. Ciò sarebbe coerente con il ripetuto appellarsi alla violazione dei diritti umani e delle autorità statali di cui la Russia ha spesso incolpato gli USA: un esempio è la guerra civile in Siria, quando Putin ha concesso sostegno al governo centrale di Al-Asad anziché combatterlo, essendo stato varato dalla Duma alle sue strette dipendenze.

Due pareri contrapposti

Riguardo tali proposte, che saranno comunque sottoposte a referendum popolare, sono stati intervistati separatamente due studenti universitari. Iscritti entrambi alla Sapienza di Roma, si usano solo le sigle dei loro nomi perché entrambi hanno chiesto di rimanere nell’anonimato.

G, 26 anni, attrice e lettrice “accanita” a suo stesso giudizio, frequenta la Facoltà di Lettere e gestisce una pagina Instagram che commenta e suggerisce libri ai propri follower. C, 24 anni, studia chimica e si definisce “appassionato di politica e di storia”. Di seguito si riportano alcune domande loro sottoposte e le risposte dei due soggetti.

Intervistatore: «Sei a conoscenza delle ultime riforme che Putin vorrebbe attuare alla costituzione russa? Cosa ne pensi?»

G:«Sì ho letto la notizia sui social. Credo che Putin stia provando a capovolgere le funzioni delle diverse strutture per poter continuare a governare indisturbato come unico capo, e la cosa per me è sconvolgente

C:«Ho sentito di sfuggita la notizia da alcuni amici.» Dopo essere stato messo meglio al corrente ha aggiunto: «Se ciò gli permettesse di continuare a governare, allora sarebbe una genialata.»

I: «In base a ciò che sai, che opinione hai di Putin e della Russia degli ultimi anni?»

G:«Mi pare che quasi non esistano forze di opposizione, è assurdo nel 2020. Cioè, capisco possa essere un’esagerazione, ma è automatico pensare ai totalitarismi quando una stessa persona riesce a rimanere in alto per tanti anni. (Si ricordano le polemiche nate dopo il paragone con Hitler e le olimpiadi del ’36 fatto nel 2018 da Johnson, l’allora capo del Foreign Office del governo inglese, in occasione delle olimpiadi di quell’anno) La Russia è uno Stato forte, una nazione, ma gran parte del popolo fa la fame e nessuno ne parla.»

C:«A me Putin può anche non piacere tanto, ma anche Trump è antipatico a tutti, eppure la Russia e gli Stati Uniti sono i paesi più forti e ricchi al mondo. Se vuole risollevare le condizioni di povertà allora lo farà per non perdere consenso, anche perché se non mantieni le promesse non ti votano»

I: «C’è qualcosa che cambieresti della Russia e perché? Cosa invece invidi al governo della Russia e vorresti ci fosse in Italia?»
G:«In Italia abbiamo tanti disordini e tanti problemi, siamo gli zimbelli di tutti. Sicuramente preferirei una figura carismatica con una maggioranza effettiva in un governo democratico, ma piuttosto che una dittatura, sinceramente mi tengo il mio governo fantasma.»

C:«Noi italiani sappiamo solo criticare, ma alla fine non contiamo quasi nulla nel mondo. Vorrei una nazione più unita, spesso tutti sono troppo buonisti. Uno come Putin ce lo sogniamo, e forse da noi non ci sarà mai, manco ce lo meritiamo. La Russia può avere tanti problemi perché è molto grande, ma noi stiamo rovinati e rispetto a loro siamo una briciola.»

Una riflessione finale

La serenità in cui le nostre vite sono immerse non sempre riesce a farci cogliere il pericolo in cui alcuni popoli, Paesi o individui possono trovarsi per le scelte degli uomini al potere. In conclusione, non sembrava sbagliare ben oltre un decennio fa Anna Politkovskaja, scrittrice e giornalista, quando scriveva: “Con il presidente Putin non riusciremo a dare forma alla nostra democrazia, torneremo solo al passato”.

La donna era famosa oppositrice al leader, e tra le altre cose si ricordano i reportage dalla Cecenia di inizio millennio, sconvolta dalla guerra fra Separatisti ed esercito russo. Ritrovata uccisa nel 2006, le circostanze della sua morte non furono mai chiarite del tutto. Il passato cui si riferiva le è effettivamente caduto addosso in maniera ingiusta, essendo stata messa a tacere solo perché fastidiosa per un regime autoritario che vuole dissimulare il suo carattere per non perdere consenso.

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