Il 24 febbraio 2022 l’invasione dell’Ucraina da parte delle Forze Armate della Federazione Russa ha deteniamo lo scoppio di una vera e propria guerra, come culmine di un conflitto che si protraeva dal 2014. Gli effetti della guerra sono sempre disastrosi, e ciò è pensiero generalmente condiviso dalla collettività, ed è altresì importante avere una solida consapevolezza circa il bisogno di scongiurare queste situazioni. La storia ci insegna che in passato gli Stati ricorrevano molto frequentemente alle armi, mentre ora si cerca preventivamente di utilizzare altri strumenti, ma l’attuale contesto ucraino ci mostra che ancora abbiamo numerosi progressi da fare in tal senso. Pensando alle conseguenze di un conflitto bellico si tendono a considerare i morti, i feriti, il depauperamento di intere città ed in linea generale tutti gli aspetti distruttivi inflitti su di una società, tanto sul suo aspetto materiale quanto su quello spirituale. Ovviamente è prioritario rivolgere l’attenzione a questi elementi, accomunanti ogni guerra, in seconda istanza però si possono considerare i riverberi sul versante economico, che possono essere ampiamente differenti in base al contesto.

Focalizzandosi sulle derive economiche dell’attuale conflitto russo-ucraino, sorge naturale la preoccupazione circa l’inflazione che da mesi sta erodendo la capacità di spesa degli individui.
L’inflazione rappresenta un aumento generale del livello dei prezzi, ed è opinione condivisa dei principali istituti monetari mondiali, che questa debba assestarsi attorno al 2% per garantire stabilità al sistema. In base ai dati dell’Eurostat, ufficio statistico dell’Unione Europea, l’inflazione registrata a febbraio 2023 nell’Unione è stata pari al 9,9%. Questa abbondante discrepanza tra il valore di equilibrio e il valore che stiamo osservando si deve proprio al conflitto in essere, infatti i tagli alle forniture di gas naturali provenienti dalla Russia hanno determinato un forte aumento dei prezzi di tali risorse. La teoria economica insegna che, a parità di domanda, una diminuzione dell’offerta causa inevitabilmente un aumento del prezzo del bene in questione, motivo per il quale famiglie e imprese sono state colpite da forti rincari delle bollette, e non solo. I gas naturali sono infatti la principale fonte di energia necessaria al sistema produttivo, quindi, i maggiori costi sostenuti per la produzione, si scaricano su un aumento generale del prezzo di tutti i beni, determinando così l’inflazione.

Pensando ai conflitti del passato, inevitabilmente affiorano alla mente la Prima e Seconda Guerra Mondiale, ed in particolare, parlando di inflazione, non può venire meno il riferimento all’iperinflazione della Repubblica di Weimar negli anni 1922-1923, ovvero nel primo dopoguerra.
Nel 1914 la Germania scelse di abbandonare il cosiddetto gold standard, ovvero un sistema che prevedeva la convertibilità in oro della moneta, e che quindi garantiva che nello Stato circolasse una quantità di moneta pari all’oro conservato nelle riserve della Banca Centrale. Con tale scelta la Germania intendeva avere autonomia nella gestione della quantità di moneta in circolazione, ovvero poter stampare moneta a proprio piacimento, senza considerare gli effetti che ciò avrebbe avuto. Le conseguenze furono accentuate dal trattato di Versailles, trattato di pace che impose alla nascente Repubblica il pagamento di ingenti riparazioni di guerra. In risposta ai nuovi debiti, si iniziò ad aumentare esponenzialmente il processo di stampa di moneta, cosi da determinare la svalutazione di questa. Si arrivò ad un’inflazione superiore al 600%, con prezzi stellari come ad esempio 399 miliardi di marchi per acquistare 1 kg di pane.

Seppure in entrambi i casi l’inflazione si presenti come conseguenza della guerra, le cause specifiche sono molto diverse nei due contesti. Nel contesto attuale stiamo assistendo ad un’inflazione da strozzature dell’offerta, precisamente da costi; mentre nella Repubblica di Weimar l’inflazione è stata causata da un’inappropriata gestione della politica monetaria. Trattandosi di eventi che si sono verificati a distanza di un secolo, si deve considerare che gli strumenti e le conoscenze di cui si disponeva in passato, e di cui si dispone ora, sono ampiamente differenti; ed è proprio l’evoluzione in tal senso che dovrebbe escludere il riverificarsi di una situazione come quella tedesca degli anni ’20. Nell’Unione Europea l’inflazione è sotto controllo, in virtù dell’adozione da parte della BCE di una politica monetaria restrittiva, che prevede l’aumento del tasso di interesse e la riduzione della quantità di denaro imputata all’acquisto di titoli. Molti altri Paesi stanno seguendo il medesimo sentiero, come ad esempio gli Stati Uniti, ma ci sono purtroppo Stati che stanno commettendo lo stesso errore che ha condotto la Repubblica di Weimar nella spirale iperinflazionistica.

L’Argentina sta affrontando da anni una congiuntura economica, ma la guerra ucraina ha contribuito al peggioramento della situazione facendo arrivare l’inflazione al 102,5% questo marzo. La forte differenza tra il rincaro dei prezzi registrato nell’Unione Europea e quello registrato in Argentina si deve sicuramente al fatto che i due sistemi partivano da livelli di inflazioni diversi e hanno anche strutture economiche non confrontabili, ma l’Argentina avrebbe potuto comunque evitare di giungere alla situazione in cui ora si trova. Le dinamiche del caso argentino sono le stesse che si sono verificate un secolo fa nella Repubblica di Weimar: si cerca di combattere la crisi e finanziare il debito pubblico stampando moneta, ovvero adottando una politica monetaria espansiva.

Data l’interconnessione tra le varie economie, un problema che sembra essere relativo ad un solo Paese può presto propagarsi a tutto il mondo, causando cosi una crisi di portata globale, come è successo nel 2008 con il fallimento della banca Lehman Brothers. In virtù di questa constatazione, sarebbe auspicabile che i vari sistemi economici coordinassero le rispettive politiche monetarie (e non solo), cosi da avere un reciproco grado di controllo che assicurerebbe più stabilità e più sicurezza. Così come a seguito dei due conflitti mondiali sono nate le Nazioni Unite e sono stati conclusi numerosi trattati per evitare il riverificarsi di guerre mondiali e cercare di garantire il rispetto dei diritti umani in tutto il mondo, allo stesso modo il continuo propagarsi di shock tra le varie economie potrà un giorno portare ad adottare una regolamentazione sovranazionale circa la gestione della politica economia e monetaria. Concludendo, per quanto attiene al legame tra guerra e inflazione, sicuramente un conflitto bellico determina sempre derive negative sul versante economico, quindi un certo livello di inflazione è da accertarsi come naturale conseguenza della guerra. Tuttavia, le conosce attuali possono sicuramente attenuare gli effetti del fenomeno, ovvero è possibile controllare e quindi limitare questo generale e inesorabile aumento dei prezzi, così da evitare il ripetersi di situazioni drammatiche.

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