Parlare di transumanza, sostituzione etnica è un argomento così datato in epoca odierna. Fallace ed erroneamente giornalistico, oserei dire. Il vero abietto oggetto di speculazione è l’invasione della primavera araba.

Fenomeno obsoleto, ma che sobbarca i nostri mari in termini di vite, costi e trafficanti umani. L’Italia -statitisticamente parlando – è al quarto posto per numero di accoglienza, un numero che in termini di risorse economiche non può sostenere.

Certo c’è il braccio- lavoro, ma noi non siamo quel paese ricco come la Germania in grado di garantire ad un tasso di sovraffollamento tale mansioni e redditi. È ivi che dovrebbe subentrare una sorta di cooperazione internazionale dove i paesi delle primavere arabe vengono finanziati a costruire un assetto umano diverso, a partire dalla scolarizzazione, l’ industrializzazione e il terzario.

Di per sé l’aspetto scolastico potrebbe contribuire alla liberalizzazione della concezione femminile. I progetti di cooperazione internazionale si dovrebbero basare su piani predisposti dall’UE e fondi sovvenzionata dalla Banca Centrale Europea.

Ma questa resta ancora un’utopia perché l’emergenza italiana è reale e non si tratta più di una scissione tra profughi e clandestini come un pacco Amazon da rispedire o chiudere in un lager.

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