Xi Jinping e l’espansione cinese tra rischi, opportunità e precedenti

Tra il 21 e il 24 marzo 2019 il Presidente cinese Xi Jinping ha effettuato una visita in Italia con l’obiettivo di firmare il memorandum d’intesa sulla nuova via della seta con il primo ministro Giuseppe Conte. La Belt and Road Initiative (Bri) prevede il miglioramento dei rapporti tra la Cina e l’Italia ma non solo. Infatti, sono ben 65 i paesi coinvolti insieme a circa il 62% della popolazione mondiale che corrispondono al 30% del Pil mondiale.

Come funziona? La Bri nel dettaglio

La nuova via della seta è un accordo di integrazione economica tra Asia ed Europa. È composta da due rotte principali: la “Silk Road Economic Belt”, che rappresenta i 6 diversi corridoi terrestri, e la “21st Century Maritime Silk Road”, il corridoio marittimo che andrebbe a collegare la Cina con il Mediterraneo attraverso il sud-est asiatico e l’Africa. È proprio quest’ultima la rotta che interessa più all’Italia, in quanto una delle città cardini per il passaggio via mare delle merci sarebbe Trieste. I principi dell’iniziativa, sottolineati da Xi Jinping nel suo discorso d’apertura del Belt and Road Forum for International Cooperation tenuto il 14 maggio 2017, sono: la condivisione delle pratiche di sviluppo e di crescita con gli altri stati; il raggiungimento del modello di cooperazione “win-win” in modo da creare una armoniosa coesistenza con le altre nazioni; la concentrazione sulla questione fondamentale dello sviluppo in modo da raggiungere l’integrazione economica. Sulla costruzione delle infrastrutture, invece, è spiegato in 5 punti nel documento Vision and Actions come il progetto della Bri andrà a potenziare porti, aeroporti ed autostrade, la cooperazione scientifica e tecnologica ed, inoltre, come verranno abbassate le barriere tariffarie.

La politica espansiva cinese non è una novità

La Cina, comunque, non è nuova a questi grandi investimenti esteri. Ad esempio, nel mese di settembre 2018 si è assistito al 7° Forum on China-Africa Cooperation (FOCAC 2018), dove la Cina e 53 paesi del continente africano hanno firmato la Beijing Declaration – Toward an even stronger China-Africa community with a shared future e il FOCAC Beijing Action plan (2019-2021). Pace e sviluppo, la cooperazione tra la Cina e gli stati africani firmatari e tra gli stati stessi sono gli obiettivi prefissati nei due documenti sopracitati per colmare i gap di cui i paesi africani sono portatori. In generale, negli ultimi anni la Cina ha investito in Africa circa 100 milioni di dollari (altri 60 sono stati stanziati da Xi durante il corso del summit) in diversi progetti infrastrutturali come ferrovie ed autostrade, facendo diventare il continente il terzo ricettore di IDE dopo l’Asia e l’Europa. Inoltre, un grande interesse della Cina sono le ricchezze minerarie del continente africano, che potrebbero portare Xi Jinping al primo posto nella produzione di diverse tecnologie come indicato nel documento Made in China 2025, dove si nota come la Cina non voglia più essere dipendente dalle tecnologie delle altre nazioni.

Gli Usa, la Cina ed in mezzo l’Ue

La grande espansione della Cina a livello globale non sta passando inosservata e ha destato qualche sospetto, in particolare a Washington. Con gli Stati Uniti è in corso una disputa sull’espansione cinese per quanto riguarda la produzione della tecnologia 5G, dove Huawei è leader mondiale. La preoccupazione di Trump è che la nuova rete veloce possa essere un cavallo di Troia per Pechino, consentendo alla Cina di entrare in possesso di informazioni riguardanti cittadini, attività ed istituzioni attraverso le apparecchiature di rete per le società telefoniche. Dopo che gli Stati Uniti hanno inviato al Canada la richiesta di estradizione della figlia del fondatore di Huawei, Meng Wanzhou, accusando la società di frode bancaria per la violazione delle sanzioni contro l’Iran e il furto di segreti commerciali, la tensione è salita e l’influenza americana, nel frattempo, si è fatta sentire. Ad esempio Australia, Nuova Zelanda e Giappone hanno già vietato gli apparecchi di rete per il 5G di Huawei. L’Europa, invece, è divisa a metà. Alcuni funzionari statunitensi nei paesi di Visegrad hanno iniziato una campagna contro Huawei. Gran Bretagna e Germania, invece, non escluderanno la società cinese dal progetto 5G. Aspetteremo ufficialità dall’Italia, storica alleata degli Stati Uniti da una parte ma con un fresco accordo economico preso con la Cina dall’altra.

La nuova via della seta tra rischi ed opportunità

Il memorandum of understanding firmato a Roma da Giuseppe Conte e Xi Jinping apre a notevoli opportunità, non solo per la Cina ma anche per l’Italia. Scambio di merci, conoscenze e tecnologie passeranno sul doppio asse Cina-Italia, che insieme al potenziamento infrastrutturale del porto di Trieste rappresentano le opportunità da cogliere. I rischi più grandi sono quelli di essere assorbiti dall’economia cinese e fare la fine del porto del Pireo, dove nel 2016 la compagnia statale di navigazione cinese Cosco ha acquisito il 51% dell’attività, o del porto di Hambantota in Sri Lanka dove la CMport ha ottenuto la concessione del porto per 99 anni. Sicuramente l’Italia, anche se vive un periodo storico di crescita 0%, non si trova nelle condizioni dello Sri Lanka o della Grecia di qualche anno fa e il rischio di cedere uno dei porti più importanti dell’Adriatico ai cinesi dovrebbe essere basso. La speranza nel frattempo è che la Bri aumenti l’occupazione e la crescita nel belpaese.

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