In una delle città più romantiche e importanti per la cultura europea, il 20 agosto del 1968 succede un evento destinato a cambiare gli esiti dello scacchiere politico ed economico europeo orientale: l’URSS decide di attaccare la Cecoslovacchia. Convenzionalmente questo evento segna la fine di quel fenomeno noto come “la Primavera di Praga”, illudendo l’URSS di avere ancora il pieno controllo dei paesi firmatari del patto di Varsavia: questo in realtà sarà soltanto l’inizio del declino dell’egemonia sovietica.

Il lungo inverno sovietico e l’inizio della Primavera del tardo ’60.

In seguito alla Seconda guerra mondiale, il mondo europeo si divise in due blocchi, con a capo da un lato gli States per l’Europa occidentale, e nell’altro l’Unione Sovietica per l’Europa Orientale.
L’URSS prende ispirazione dalla dottrina comunista di stampo Marxista, nota in filosofia come comunismo scientifico; a tutti è noto il motto del Manifesto del Partito Comunista: «Proletari di tutto il mondo, unitevi»! Fin dalla sua nascita quindi l’URSS manifesta una vocazione universale, non ponendosi problemi a “sovietizzare” anche i propri vicini di casa: era proprio questa la causa del conflitto tra bolscevichi e menscevichi.

Nel corso della sua esistenza l’URSS tiene bene a mente quali sono le basi per creare un paese sovietico a propria immagine e somiglianza: è così che durante i primi anni del ‘900 danno inizio al proprio processo di creazione di “stati satelliti” (oggi definito anche dalla storiografia anti-russa come “russificazione”). L’attuale Repubblica Ceca ha fatto parte di questo processo e fu anche uno dei paesi firmatari del patto di Varsavia, patto del blocco orientale di alleanza contro il blocco occidentale-capitalista.

La Repubblica Ceca degli anni ’60 è un paese industrializzato da tempo, ma la sua industria si basava su macchinari obsoleti per l’epoca, causandone quindi un’economia stagnante; inoltre, anche l’URSS seguì una propria evoluzione anche nella propria madre patria. La Russia di Stalin, caratterizzata dalla collettivizzazione e politiche di severe punizioni e censure, non riusciva più a stare al passo della superpotenza americana. Di fatti, la Russia avviò il processo di “destalinizzazione”: si tratta di un insieme di provvedimenti al fine di superare gli effetti del culto della personalità di Stalin, avviati già in seguito alla sua morte nel 1953 dal nuovo segretario del Partito Comunista Nikita Chruščëv in occasione del XX (1956) e del XXII Congresso del PCUS(1961).

Il processo di destalinizzazione in Cecoslovacchia lo iniziò il presidente Antonín Novotný, anche se non poche difficoltà! I punti focali di questo processo, che segue più lentamente rispetto ad altri paesi del blocco orientale, sono il completamento del socialismo, una nuova costituzione adatta alle esigenze dell’epoca, l’apologia delle vittime di Stalin e l’adozione del nome Repubblica Socialista Cecoslovacca. Fino a qui non sembra non esserci nulla di sconfortevole per l’Unione Sovietica. L’aria di cambiamento però porta ad una maggiore richiesta di libertà di cui la Cecoslovacchia non aveva altro che ricevuto che un singolo assaggio: la spinta parte dal sindacato Literární noviny, dove un gruppo di scrittori sostengono che la letteratura non debba compiacere la dottrina del partito, ma al contrario, esserne indipendente. Di questo gruppo facevano parte noti scrittori come Ludvík VaculíkMilan KunderaJan ProcházkaAntonin Jaroslav LiehmPavel Kohout e Ivan Klíma . Ma poco dopo, in una riunione di partito, fu deciso di intraprendere azioni amministrative contro gli scrittori e i sindacalisti che apertamente esprimevano sostegno alla riforma.

Nel frattempo, il presidente Antonín Novotný stava perdendo consensi, ma aveva un rivale da temere: il Primo Segretario del Partito Comunista Slovacco, Alexander Dubček. Novotný, preoccupato della fama che sempre più acquisiva il riformista Dubček, invitò il premier sovietico Brežnev a Praga per dicembre alla ricerca di sostegno, ma Breznev fu sorpreso dalla portata dell’opposizione a Novotný e quindi avallò la sua rimozione a capo della Cecoslovacchia: il 22 marzo 1968 Novotný diede le dimissioni.

 

La primavera di Praga: sbocciata quanto finita prematuramente.

Alexander Dubček è l’assoluto protagonista di questa stagione politica di innovazione per la Cecoslovacchia, una politica all’insegna dell’elisione del malcontento generale della popolazione e del riformismo politico. Ciò che Dubček e seguaci proponevano non era un allontanamento dall’asse sovietico, quanto il mantenimento del regime economico collettivista anche se accostato da maggiori libertà: libertà politica, di stampa, di espressione, federalizzazione del Paese (divisione del paese in una federazione di tre repubbliche: Boemia, Moravia-Slesia e Slovacchia); riattivazione dei partiti non comunisti e delle organizzazioni di massa, riorganizzazione del sistema produttivo, maggiore autonomia dall’URSS, ecc.

L’URSS rimase parecchio infastidita dal fatto di non poter continuare ad utilizzare le sue mosse preferite: censura e centralizzazione del potere con conseguente controllo delle politiche dei “paesi fratelli”. Inoltre, il paese aveva accentuato la sua posizione autonoma, avvicinandosi alla Jugoslavia di Tito e alla Romania di Nicolae Ceausescu, due governi che, se pure comunisti, non rientrano nella rigida ortodossia sovietica.

Anche se le riforme trovarono sostegno dalla popolazione, soprattutto nella classe operaia, e non vi furono sovversioni violente come nel caso ungherese, l’URSS non tollerò questa deviazione in pienissima guerra fredda. Il nuovo leader sovietico, Leonid Brežnev, applicò una dottrina nota come Dottrina Brežnev: applicata già da Stalin, si trattava di imporre o appoggiare gli stati satelliti tramite prove di fedeltà e di intervenire anche con la forza se necessario. E’ così che la notte 20 e il 21 agosto 1968, una forza stimata fra i 200.000 e i 600.000 soldati e fra 5.000 e 7.000 veicoli corazzati invase il paese dalla Germania, bloccando anche l’aerea Ovest in modo da non poter ricevere aiuti da parte del blocco Occidentale. Oltre che provocare una fuga dei riformatori come Dubček, l’invasione sovietica portò in fine ad avere Mosca a governare in maniera totalmente diretta il paese. Questo pose un punto al tentativo di dare vita a quel “socialismo dal volto umano” e l’autonomismo slovacco.
E’ la fine della Primavera di Praga.

I fiori sopravvissuti della Primavera: Repubblica Ceca, Slovacchia, Milan Kundera e ulteriori tensioni politiche del blocco sovietico.

In seguito alla Primavera di Praga, anche Mosca capì che il regime doveva fare dei passi avanti: basterà di fatti aspettare la salita al potere di Michail Gorbačëv e la sua politica di trasparenza per poter vedere più vivamente il processo di democratizzazione e apertura della Russia.
Una delle conseguenze più importanti della primavera di Praga è la divisone del paese in Repubblica Ceva e Slovacchia, divisione che tutt’oggi è esistente.

I conflitti tra la Russia e i paesi ex sovietici sono ancora visibili. Nonostante il crollo del blocco sovietico, anche in questo periodo possiamo ben vedere come la Russia non abbia smesso di essere belligerante nei loro confronti. E’ il caso dell’Ucraina odierna che, in conflitto con la Russia la questione della Crimea dal 2014, ad oggi è di nuovo in guerra con un ex alleato a causa delle regioni del Donetsk e del Lugansk: regioni molto vicine alla Russia e industrializzate da essa alla vigilia del regime sovietico in Ucraina, nonché il motore economico dell’Ucraina ed area a maggioranza russofona.

Anche se i tempi cambiano, sembra essere l’uomo non cambiare mai; un’ottima idea di questo principio ce lo dà Milan Kundera, riformista ceco facente parte del sindacato Literární noviny, nonché autore del bellissimo romanzo “L’Insostenibile leggerezza dell’essere”. Nella sua opera più famosa, ambientata proprio durante  l’invasione sovietica a Praga, attraverso gli occhi di Tomas, Sabina, Tereza e Franz egli scrive: «Il tempo umano ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. È per questo che l’uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione».

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