Nel 1961 esce nelle sale italiane “Accattone” primo film da regista del poeta e scrittore Pier Paolo Pasolini. I “ragazzi di vita” dei suoi romanzi appaiono per la prima nei cinema italiani. Accattone è il volto affranto e smorto del sottoproletariato romano, il borgataro destinato alla bassezza senza possibilità di redenzione. Accattone è l’Italia ultima, che non cede ai sogni ed alle chimere del consumismo perché non può e non vuole sognare, la speranza che non c’è. “Accattone“: il cinema del sottoproletariato Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Vittorio Cataldi, “Accattone“, interpretato da Franco Citti, è un poveraccio di borgata, che vive di espedienti. Passa le sue giornate al bar, con persone che solo apparentemente sembrano amiche e si guadagna da vivere alle spalle della donna che costringe a prostituirsi, anche dopo essersi fratturata una gamba. Il suo lavoro finisce quando Maddalena, la sua prostituta, viene arrestata. Da allora inizia la parabola discendente di Vittorio. Accattone gira per le strade polverose ed aride della periferia romana provato dalla fame e dalla sconfitta. Torna da sua moglie Ascensa e dai suoi bambini sperando di essere riaccolto ma viene scacciato via. Cercherà una via d’uscita, una svolta positiva. Si innamora di Stella, per lei ruba la collanina di suo figlio, ma Stella è ingenua e Vittorio senza scrupoli. La porta a prostituirsi ma Stella rifiuta il suo primo e ultimo cliente. Accattone allora trova dentro di sé un residuo di coscienza, cerca il riscatto iniziando a lavorare, ma durerà un solo giorno. La notte sogna il suo funerale, sogno premonitore. Riprende l’attività di ladro ma si imbatte nella polizia e fuggendo cade dalla motocicletta e muore.
Pasolini seguendo le orme dei suoi romanzi “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta” ci riporta di nuovo nella degradata periferia romana. L’ambientazione è asciutta, aspra, e i personaggi sono abbagliati da una luce solare crudele che ne imbruttisce i volti. Il regista sceglie di seguire questi personaggi facendo grande ricorso a primi piani implacabili che ne evidenziano la miseria e l’angoscia. I sorrisi, le risate sono caratterizzate da un riflesso amaro. Le scelte stilistiche di Pasolini e dei suoi collaboratori parlano più delle voci dei personaggi. Da questo si può capire la definizione che dà Pasolini del suo cinema come un cinema poetico, in cui le immagini, più che i dialoghi, elaborano il senso e la visione antropologica dell’autore. Pasolini intuisce le possibilità del cinema come linguaggio popolare, che consente di esprimere l’arte e tutto il complesso di simboli che si vogliono rappresentare con una diffusione e una profondità maggiori rispetto a un testo scritto. Il cinema permette a Pasolini di immergersi nel “caos sordo delle cose” e di mostrare autenticamente attraverso corpi ed oggetti la sua visione del reale. Il poeta friulano raggiunge lo stesso grado di lirismo della poesia ogni volta che inquadrando i suoi personaggi ne rivela i punti di vista che in realtà nascondono i modi in cui Pasolini percepisce la realtà.
Accattone nasce nell’Italia che si appresta a consumare il suo boom economico, il Belpaese che entra nell’era della borghesia. Pasolini, estremo difensore e ammiratore di un’Italia contadina, caratterizzata da una sacralità popolare e antica, lotta contro le tentazioni della nuova era industriale. Schiva e ammonisce i miti borghesi del benessere, dello sviluppo economico. La borghesia, che Pasolini descrive come naturalmente fascista e razzista, è pronta alla nuova era dell’omologazione e svela il suo carattere terzomondista ignorando gli ultimi e i diseredati del mondo. Anche i poveri sono cambiati, da liberi contadini si sono trasformati in proletari e sottoproletari, pronti ad invadere le periferie cittadine, i “non-luoghi”, d’Italia. Il mondo borghese impone le sue idee, i suoi modelli, inaccessibili ed impossibili per i più che diventano quindi degli emarginati, dei diseredati.
La critica alla borghesia sarà una costante di tutta la sua opera, ma nel film manca qualsiasi riferimento ad essa. Diversamente da altri film, come ad esempio “La Dolce Vita”, Pasolini non intende svelarne la crisi, le ipocrisie. A Pasolini interessano gli ultimi, il sottoproletariato che non ce la fa e che non ha nemmeno la tensione al miglioramento della propria condizione come in altri film, su tutti “Ladri di Biciclette”. Qui gli ultimi sono ultimi, anche nella moralità. Accattone sfrutta le sue donne, inganna gli amici, ruba la collanina di suo figlio. Insieme ai suoi amici denigra chi lavora. È un personaggio negativo senza speranza, o meglio, la speranza ha il volto di Stella, ma la seduce e la porta a prostituirsi. Accattone è quasi disumano.
Un desiderio di morte aleggia nel film già dai suoi inizi, quando Vittorio per una scommessa si butta nel Tevere dopo essersi abbuffato, con tutto l’oro addosso, per morire come i faraoni. Accattone sogna il suo funerale. Nel sogno segue la sua processione funebre fino ad arrivare alle porte del camposanto, dove un custode lo blocca. Vittorio allora scavalca il muretto e avvicinandosi al custode lo prega di scavargli la fossa dove la terra è meno scura. Accattone spera in una morte dignitosa, unica soddisfazione. La morte arriva, non in maniera dignitosa, ma sarà la consolazione finale, la catarsi del personaggio che in punto di morte sussurra “Mo sto bene”.
Accattone ancora oggi rappresenta uno dei film più duri e complessi da digerire. Lascia in chi lo guarda un senso di tristezza, una compassione anche immeritata verso questi personaggi senza Dio. Pasolini riesce a cogliere la poesia anche nel deserto del sottoproletariato romano, di quegli emarginati che saranno per sempre, inevitabilmente lasciati indietro da una modernità disumanizzante e crudele. La voce forte di Pasolini ha influenzato la cultura alternativa italiana profondamente e chissà che un nuovo autore in futuro possa raccoglierne l’eredità e criticare, senza abbandonare,la poesia, il mistero, questa utilitaristica società del disincanto.