Argentina: un paese in “default“
L’Argentina di oggi è un paese in grande difficoltà, soprattutto economica. Come tutti i paesi del Sud America è alla ricerca di una stabilità che possa cancellare le ombre del passato ed edificare un futuro più luminoso. Populismo, regimi militari, corruzione e crisi economica hanno segnato e continuano a segnarne la storia. Un paese che avrebbe grandi possibilità di sviluppo ma che non riesce nella transizione verso un modello di Stato democratico ed economicamente solido. Ritornano di volta in volta i retaggi di una tradizione populista ed antidemocratica in un paese su cui aleggia da ormai un ventennio lo spettro della bancarotta.
Le ultime notizie parlano della rete di spionaggio realizzata dall’AFI, i servizi secreti argentini, al fine di schedare giornalisti ed altri personaggi influenti nel biennio 2017-2018. Alla guida del paese c’era ancora il liberale Macri, sconfitto poi nell’ottobre del 2019 dal Peronista Fernández. Gli uomini dell’ AFI raccoglievano una serie di informazioni personali con lo scopo di inquadrare politicamente gli individui spiati e di ricavare dei veri e propri profili ideologici. In particolare sono stati raccolti dati riguardanti circa 400 giornalisti, esponenti di ONG ed altre associazioni accreditate al G20 del 2018 e al vertice WTO (organizzazione mondiale del commercio) di Buenos Aires del 2017. A questi soggetti venivano affibbiate etichette come “Kirchneriano” “Peronista” “con tendenze cattoliche”. L’obiettivo non era solo dividere questi soggetti tra “buoni” e “cattivi” ma anche individuare chi tra di loro avrebbe potuto promuovere manifestazioni.
Questa attività del tutto illegale è stata denunciata dall’attuale presidente Alberto Fernández ed in particolare dal nuovo responsabile dell’intelligence Cristina Camaño. Spetta adesso alla magistratura il compito di far luce su una vicenda che ha particolarmente scosso il mondo della stampa. Una vicenda che ricorda un passato totalitario.
Una storia di “golpe” e di crisi
L’Argentina del dopoguerra conosce l’esperienza storica del Peronismo. Il generale Juan Domingo Perón governa il paese per quasi un decennio (1946-1955) prima di essere rovesciato da un colpo di stato miliare. Il periodo Peronista lascerà per sempre la sua impronta nella storia argentina e non solo. Con il termine Peronismo si vuole indicare un movimento politico che ideologicamente rappresenta una sintesi di dottrine e visioni politiche diverse. Un’ ideologia che racchiude al suo interno nazionalismo e socialismo, capace di penetrare gli strati più disagiati della popolazione argentina e di proporsi come una “terza via” che rifiuta sia il liberismo Americano sia il comunismo sovietico. Un’enfasi particolare era attribuita ai valori della cooperazione fra classi e all’orgoglio ed indipendenza nazionale. Ecco allora spiegata la grande popolarità e la grande diffusione di questa dottrina che tuttora influenza la politica argentina e non solo.
Agli inizi degli anni 50’ il governo peronista inizia a vacillare. Il peggioramento della situazione economica e la morte prematura della carismatica e popolare moglie Evita porteranno alla perdita di consenso e al conseguente Golpe militare del 1955. Seguirono anni difficili per l’Argentina, anni di governi instabili e corrotti e di colpi di Stato. Il golpismo militare rivelò la sua natura più brutale a partire dal 1976 con la dittatura del generale Jorge Videla. Una tra le dittature più spietate dell’America del sud che si macchiò di numerosi crimini. Il più celebre quello dei “desaparecidos“, uomini e donne strappati ai loro cari e mai più ritrovati. Il regime fu inoltre fautore di un liberismo estremo che ebbe effetti disastrosi sulle condizioni di vita del popolo. L’incubo si concluse nel 1982 con la sconfitta nella guerra delle Falkland che segnò la fine del regime di Videla.
Alla fine di quella tragica esperienza l’Argentina dovette fare i conti con il passaggio da un regime dittatoriale ad un regime democratico. Si trattava di condannare il passato e di inaugurare un’era di pace e democrazia. Il percorso fu tutt’altro che semplice per via delle forti criticità che affliggevano ed affliggono tuttora il paese. Corruzione, difficoltà economiche e delinquenza diffusa sembrano ostacoli insormontabili. Negli anni 90 l’Argentina vive un periodo di crescita economica sotto la presidenza di Menem. Insieme al ministro dell’economia Cavallo, Menem riesce a ridurre inflazione e deficit di bilancio. Ciononostante alla fine degli anni 90′ il clima cambia e l’Argentina deve fare i conti con una nuova crisi economica che raggiunge il culmine nel 2001 con l’annuncio del “default”.
L’Argentina oggi
A quasi 20 anni di distanza dal fallimento del 2001 sull’Argentina incombe lo spettro di un nuovo “default”. Sarebbe il nono dal 1816. Il pragmatismo economico promosso dall’ex presidente Macri e sostenuto dal Fondo Monetario Internazionale non ha funzionato. L’inflazione supera il 50% e Macri è stato costretto a rivolgersi nuovamente al FMI per un prestito di circa 57 miliardi. Il popolo argentino ha così scelto, lo scorso anno, di affidarsi al peronista Fernández, ex capo di gabinetto del governo Kirchner. Il governo peronista, da sempre più interessato alla “pancia” delle persone che ai conti pubblici, si trova adesso nella posizione di dover negoziare con FMI e grandi investitori il suo debito. Allo stato attuale l’Argentina non può soddisfare in toto i propri obbligazionisti. La buona gestione dell’emergenza coronavirus e i nuovi scenari economici potrebbero però giocare a favore dell’Argentina.
Il debito estero accumulato negli anni pesa come un macigno sugli argentini che da tempo dibattono sulla necessità di intraprendere politiche di austerità o di rilancio della spesa. Le prime promosse dai liberisti, le seconde dai peronisti. La sfida di questi anni sarà quella di rendere compatibile il risanamento del debito pubblico con quello sociale. Una sfida difficile da affrontare ma che vale il futuro del paese.
Direttore responsabile: Claudio Palazzi