Il telelavoro: un nuovo modo di approcciarsi con successo alla vita lavorativa, o un sistema con effetti collaterali?

La vita lavorativa condotta sino a pochi mesi fa è erede di una lunga tradizione. Lavoratrici e lavoratori di ogni genere s sul posto di lavoro ogni mattina e svolgere all’interno di un ufficio le loro attività. Quelle mura non significavano solamente il raggiungimento di un obiettivo lavorativo, ma anche la possibilità di intessere relazioni professionali e di amicizia, di confrontarsi con i propri colleghi e superiori e di avere un continuo scambio di idee che, se non altro, permetteva di accrescere la propria esperienza e il bagaglio culturale.

In più, lavorare a contatto con i colleghi, permette di migliorare angoli poco sviluppati della propria personalità, come le capacità di collaborare, risolvere problemi, ascoltare e negoziare. E in generale, avere una routine stabile, potrebbe aiutare a scandire in modo più preciso i vari momenti della giornata.

Il Covid-19: tutti a casa e via con il telelavoro

Quello che all’inizio sembrava essere un virus di poco conto, paragonabile alle varie ondate di influenza suina o di aviaria, finite nel dimenticatoio generale, si è presto trasformato in un mostro verde dagli occhi gialli, che ha obbligato tutta la popolazione mondiale a doversi adattare velocemente ad un nuovo stile di vita. Saracinesche abbassate, strade vuote e silenziose e uffici deserti: si lavora da casa. Ma cosa significa lavorare da casa? E quali possono essere le conseguenze psicologiche?

In un primo momento, quello della febbrile diffusione del virus, in cui stare a casa significava mettersi a riparo e non mettere in pericolo gli altri, ha ben presto lasciato spazio ad una forte sensazione di solitudine e isolamento che in molti casi è sfociata in una vera e propria forma depressiva. Il mancato contatto fisico con altre persone e la depersonalizzazione dell’ambiente di lavoro, trasferitosi in camere di incontro virtuale, sembrerebbe essere la principale causa di questo malessere. Forse sarebbe, però, necessario affrontare il problema anche da un’altra angolazione: pur essendo vero che gli uffici si siano trasformati in incontri virtuali, per la maggior parte del tempo tutti i lavoratori non hanno avuto modo di entrare in contatto col mondo esterno a causa del lockdown che ha interessato l’Italia fino a poche settimane fa.

Potrebbe essere quindi ipotizzabile che parte della depressione e del senso di isolamento che, volenti o nolenti, ha intaccato anche la sfera lavorativa, potesse derivare da una situazione di malessere generale generata da un forte e radicale stravolgimento della vita quotidiana e dall’inevitabile pensiero rivolto alle conseguenze future. In un contesto di isolamento e di incertezza, la lontananza dal posto di lavoro e l’impossibilità di avere una conversazione vis-à-vis con i colleghi, può farci sentire avulsi ed esclusi da quelli che possono essere i processi decisionali che possono portare, ad esempio, ad una riduzione del personale, come è successo. Sembra quasi di non poter più tenere sotto controllo una parte rilevante della propria vita, che scorre anonima per conto suo.

Sulla base di molte opinioni raccolte durante il periodo della quarantena, è risultato che per molti il telelavoro non fosse del tutto performante e che fosse stato molto difficile doversi abituare ad un modo di lavorare diverso. Oltre alla sensazione di isolamento e solitudine, molti lavoratori hanno affermato che il lavoro stesso sembrasse più caotico e che si impiegasse molto più tempo per portare a termine quelle mansioni, che in un contesto di normalità sarebbero state svolte solo in poche ore. Anche l’orario di lavoro, a causa del rallentamento nelle comunicazioni, si è espanso ben oltre il termine fissato.

Però c’è anche chi ha vissuto esperienze molto positive: il lockdown ha rafforzato lo spirito di gruppo e la collaborazione a distanza, ha posto nuove sfide e ha dato modo di misurarsi in un ambiente apparentemente sfavorevole. Anche l’utilizzo di nuove tecnologie è stato ben accolto, stimolando ad apprendere ancora di più. Un altro fattore determinante è il tempo risparmiato per raggiungere gli uffici e quindi un risparmio notevole di energie spese nel traffico e sui mezzi di trasporto. Come è evidente è mancato molto il contatto con i colleghi, ma il lavoro da casa ha dato l’impressione di poter gestire in modo migliore il proprio tempo, diventando ancora più produttivi.

Dopo il Covid-19: telelavoro o ritorno alla “normalità”?

È innegabile che lo stravolgimento causato dal Covid-19 abbia radicalmente modificato le abitudini di tutti noi, ma cosa si può trarre di positivo da un’esperienza apparentemente da dimenticare? Quando verrà superata anche la seconda ondata di contagi (ipotesi sostenuta dalla maggior parte degli scienziati) e si tornerà ad una vita senza lo spettro dell’epidemia, cosa resterà del telelavoro verso cui si era molto diffidenti? Durante lo smart working in piena quarantena dovrebbe essere aggiunto tutto il disagio e la preoccupazione, più che legittima, provata in un momento di grave emergenza sanitaria contro un nemico invisibile. Chiusi tra le mura di casa, nessuna visita, nessun contatto e tante domande.

Ma rielaborando e riadattando il concetto di telelavoro a circostanze normali potrebbe non essere così negativo né per i lavoratori né per le aziende. I primi potrebbero trascorrere più tempo in casa azzerando i tempi per raggiungere il posto di lavoro, trascorrendo più tempo con la propria famiglia e mangiando cibo più sano, le seconde vedrebbero un decremento delle spese, come, ad esempio, quelle per l’affitto e il mantenimento dei locali. In molti altri paesi europei, come quelli scandinavi, la Germania, l’Austria e l’Olanda, il telelavoro era già molto diffuso e veniva incentivato, con favore da parte degli impiegati, ancor prima della pandemia. Questa potrebbe essere un’occasione per i lavoratori italiani di sperimentare un nuovo approccio al lavoro sfruttando ancor di più le tecnologie a disposizione. In pochi mesi si è assistito ad un boom di nuovi programmi informatici e applicazioni gestionali impiegando migliaia di programmatori, sfidando ancora l’ingegno e dando un ulteriore incentivo al progresso tecnologico.

Il dibattito sul telelavoro è molto acceso e le variabili che devono essere prese in considerazione sono molte. Di certo, affinché il telelavoro possa funzionare in modo performante, deve essere ben chiara la gerarchia decisionale e soprattutto devono intercorrere rapporti di fiducia tra gli impiegati e la leadership. Nei mesi futuri si potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di mantenere il telelavoro, individuando delle regole ad hoc che possano normalizzare la nuova tipologia di lavoro.

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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