Alla luce della rielezione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è giusto riflettere sulla nostra storia e sulla carica fondamentale dello Stato. Si tratta di una carica istituzionale garante della Costituzione e che soprattutto rappresenta l’unità nazionale. Analizziamo gli ultimi cinque capi dello Stato precedenti al 2015, anno in cui è stato eletto Sergio Mattarella per la prima volta.
Sandro Pertini 1978-1985
Successore di Leone, Pertini diventa presidente con un suffragio senza precedenti: 832 voti su 995 votanti, esattamente l’82.3% delle preferenze. Si tratta di un periodo molto particolare per il Paese, un momento di crisi profonda segnato dai tanti atti di terrorismo e dall’assassinio di Aldo Moro. Pertini impersona la resistenza del popolo davanti a questa battaglia contro il terrorismo e la mafia. È un uomo autorevole e intransigente, ma allo stesso tempo nessun capo di Stato italiano è stato tanto popolare e benvoluto, in patria come all’estero.
Fondamentale è l’importanza che dà alla pace: attraverso la funzione di peacekeeping delle forze armate in missione è evidente la sua posizione ferma sul disarmo. Famosissima la frase detta durante il suo discorso d’investitura: “Si svuotino gli arsenali di guerra e si colmino i granai”, esortazione efficace per un futuro che sia lontano dalla violenza. Da sempre aperto al dialogo con le nuove generazioni, Pertini vuole trasmettere i valori dell’antifascismo, i principi di libertà, democrazia e giustizia sociale. È un presidente che ha lasciato il segno per la sua capacità di suscitare consenso nelle folle e di sapersi mettere subito in sintonia con le persone, dando al suo mandato una forte impronta personale. Una carica solitamente sobria e grigia è stata caratterizzata da vitalità e impegno. Viene tutt’ora ricordato come “il presidente di tutti gli italiani”.
Francesco Cossiga 1985-1992
“Il picconatore della prima repubblica” al momento dell’elezione ha 57 anni, finora il più giovane capo di Stato italiano. Viene eletto al primo turno, unico caso con Ciampi. La DC cerca in lui un capo di stato moderato, e i primi due anni al Quirinale sembrano essere volti a ripristinare uno stile più misurato rispetto al settennato precedente. Nei fatti invece durante il suo mandato Cossiga sostiene più volte la necessità di modernizzare sia il sistema politico (tramite riforme per arrivare a una seconda repubblica con un sistema presidenziale) che quello istituzionale. Negli anni invia 6 messaggi rivolti al Parlamento che toccano la riforma della giustizia e la responsabilità dei magistrati, il consiglio supremo di difesa e soprattutto l’appello a riformare le istituzioni e la costituzione – messaggio del 1991 che suscita infinite polemiche senza nessun concreto seguito. Inoltre se la media di rinvii di legge approvati alle Camere si aggira intorno ai 5, Cossiga arriva a 22 rinvii. La DC nel mentre non si rinnova e al suo interno ci sono insofferenze nei confronti del capo dello Stato che trova sempre meno sostenitori. Anche per le sue intemperanze caratteriali finisce per essere l’unico presidente contro il quale si cerca di avviare il procedimento di messa in stato d’accusa. Operazione ritenuta per alcuni eccessiva e inadeguata per un presidente sicuramente controverso ma che ha saputo cogliere i segnali di cambiamento della sua epoca e di una crisi imminente del sistema partitico.
Oscar Luigi Scalfaro 1992-1999
Eletto all’indomani della strage di Capaci contro il magistrato Giovanni Falcone, Oscar Luigi Scalfaro diventa presidente in concomitanza con l’inizio della seconda Repubblica. Viene giudicato dai parlamentari l’uomo più autorevole e in grado di superare le reciproche opposizioni: dopo lo shock per l’attentato ci si stringe intorno al presidente della Camera. Si tratta di una fase complessa e delicata della nostra storia, attraversata da più di una crisi, una situazione di tensione in cui la politica è più che mai debole. Insieme allo scossone dovuto al referendum del 1991, Scalfaro si fa gestore delle problematiche di transizione aperte con la crisi finanziaria pre-Maastricht. La lira è fortemente svalutata, l’entrata dell’Italia in Europa richiede un’economia più forte e l’obiettivo dell’ingresso del Paese nell’euro comporta dei sacrifici ai quali vengono chiamati i cittadini stessi. Inoltre è un periodo di pericolosa crisi morale delle istituzioni, seguita ovviamente alla grave scoperta degli intrecci tra politica e affari e all’esplosione delle successive inchieste (Mani pulite e tutto ciò che ne sussegue). Proprio tra il 1992 e il 1996 le potenzialità della figura presidenziale raggiungono la loro estensione, con i cosiddetti governi del Presidente (rispondono più al capo dello Stato che ai partiti), condizionamenti al neonato sistema partitico e scioglimento delle Camere. Per favorire l’insediamento del suo successore, Scalfaro si dimette in anticipo sulla scadenza del mandato il 15 maggio 1999.
Carlo Azeglio Ciampi 1999-2006
Carlo Azeglio Ciampi viene eletto al primo scrutinio con un ampio consenso, segno di una larga convergenza sulla sua figura tra quasi tutti i partiti del Parlamento. Facilitato dal fatto di non essere di parte, vive la presidenza con distacco, senza i precedenti della milizia politica come invece era stato per Scalfaro e Cossiga. La figura di economista si delinea nel tempo, dopo una lunga carriera diventa governatore della Banca d’Italia dal 1979 al 1993 e per due volte ricopre la carica di ministro del tesoro. Garante della Costituzione e dell’unità nazionale, è Ciampi a ripristinare il 2 Giugno come festa della Repubblica. Lavora molto sull’identità e sul senso comune e riesce a rievocare nel Paese un sentimento patriottico. È un convinto europeista e il suo settennato coincide con gli anni cruciali dell’ingresso dell’Italia nell’euro. Da capo dello Stato dà un contributo determinante al raggiungimento dei parametri del trattato di Maastricht, permettendo così all’Italia di partecipare alla moneta unica europea sin dalla sua creazione. Come Pertini anche Ciampi dedica molto del suo tempo alla conoscenza dell’Italia, cercando spesso un contatto con la provincia e con le nuove generazioni. Custode della laicità dello Stato ma anche capace di un dialogo con la Chiesa, il decimo presidente della Repubblica ottiene molta popolarità e viene ricordato positivamente per essere una persona di innato ottimismo e umanità.
Giorgio Napolitano 2006-2015
Eletto al quarto scrutinio, Giorgio Napolitano è il primo politico ex comunista con una lunga militanza nel PCI a salire al Quirinale. Come il suo predecessore dedica molte energie per favorire condizioni di civile convivenza fra le istituzioni e soprattutto fra maggioranza e opposizione. Fatica a mantenere l’equilibrio necessario e spesso viene coinvolto in questioni di natura strettamente politica finendo per diventare una sorta di terzo potere. In un periodo di crisi permanente del sistema, la presidenza Napolitano rappresenta un fattore di garanzia istituzionale e di credibilità anche internazionale del Paese. Di fronte alle grandi difficoltà economiche e al discredito del governo Berlusconi, nel 2011 promuove un governo di tecnici presieduto da Mario Monti, una fase tra le più critiche della politica italiana. Arrivata la fine del settennato i partiti non sembrano in grado di esprimere candidati condivisi. Il 20 aprile 2013 viene così rieletto ricevendo un secondo mandato, primo caso nella storia della Repubblica italiana. Accetta la rielezione per puro senso delle istituzioni, proprio per salvaguardare la continuità istituzionale. Rassegna le dimissioni il 14 gennaio 2015 anche per motivi legati all’età. Napolitano è infatti il presidente più anziano nella storia repubblicana, e tuttora anche il più anziano d’Europa.