Dio salvi la Regina e i cittadini calabresi

Sarà per l’articolo sul New York Times di qualche settimana fa, una buona dose di salvinismo strafottente, o solo irresponsabilità istituzionale, Jole Santelli non retrocede di un millimetro sull’ultimo provvedimento emanato in Regione Calabria. Il suo nome occupa fisso una buona parte delle cronache nazionali dopo aver deciso di andare contro il governo e riaprire bar, ristoranti, pizzerie, agriturismi, su tutto il territorio, con largo anticipo rispetto ai tempi previsti da Roma.

Evidentemente alla Santelli non piace il caffè delle macchinette e quindi da Presidente di Regione si è chiesta cosa potesse fare per risolvere la situazione. Il suo pensiero deve essere andato subito ai pochi contagi sul territorio, e siccome tra qualche giorno si possono andare a trovare i propri congiunti dopo tanto tempo, ha ben pensato di rendere il momento più piacevole incorniciandolo nello spazio dei bar o dei più comodi ristoranti; purché si mettano i tavoli all’aperto e si mantengano le dovute distanze.

Una decisione improvvida, basata non su pareri scientifici ma semplicemente appellata al “linguaggio della Fiducia” (scritto con la effe maiuscola nel decreto). Verga diceva ne i Malavoglia che “la buona fede sta in via dei minchioni”, evidentemente la Santelli ci sarà domiciliata se ripone così tanta fiducia nel popolo calabrese che di certo non è conosciuto per il suo senso civico.

Nell’ordinanza la governatrice motiva questa riapertura quasi come fosse un premio per i suoi concittadini che si sono dimostrati disciplinati nel rispetto delle regole, lodandoli per il loro sforzo in questi giorni di quarantena, e di conseguenza ritenendo “giusto che la Regione ponga in loro fiducia”. E per questo, siccome il tempo è bello e il clima è mite, perché farli stare ancora chiusi in casa? Cosa vuoi che ne sappiano da Roma nei loro palazzi di come si sta qui? Riapriamo tutto.

Perciò via libera a cocktail sulla spiaggia, brindisi al bar e grandi mangiate tra congiunti al ristorante; sempre però mantenendo la distanza minima di 1,87 m. Niente più baci e abbracci, né strette di mano, ammessi solo saluti con un cenno del capo con il respiro trattenuto. Basta passarsi il bicchiere di vino o il pezzo di salsiccia per fare assaggiare quanto è buono.

Per le partite a carte al tavolino del bar ognuno dovrà portarsi il suo mazzo da casa accuratamente cellofanato. Niente più baruffe se l’asso viene buttato in prima mano, vanno bene solo epiteti poco gentili purché a distanza, per evitare l’effetto droplet. Permessa la cura delle imbarcazioni di proprietà una volta al giorno, ma guai a spostarsi dalla riva per farsi un giro in barca, in quel caso si fa quarantena obbligatoria per quattordici giorni a largo. Quindi meglio portarsi delle provviste se venisse la felice idea di infrangere le regole.

Agriturismi e ristoranti dovranno rifornirsi di tavole lunghe almeno 50 m per garantire le distanze di sicurezza a tutti i congiunti che non si vedono da tempo. I posti dovranno essere divisi tra di loro da appositi divisori in plexigas, mentre i camerieri dovranno servire le portate lasciando i piatti a terra dove verranno raccolti dagli stessi clienti attraverso fessure collocate in basso.

Ognuno dovrà essere munito di autocertificazione e barrare la casella ‘situazione di necessità’ di modo che se arriva il controllo delle forze dell’ordine non scappa la multa da 500 euro. Ma a quel punto bisognerà dimostrare di essere tutti parenti e affini in linea al DPCM, e qui la situazione diventa delicata perché i gradi di parentela sfiorano l’eccesso:
“Ecco marescià, lui è mio cugino di secondo grado. Cioè è figlio del fratello del cognato del cugino di mio nonno, cioè non propriamente un secondo grado vero e proprio ma qualcosa di simile. Cioè siamo cresciuti insieme, siamo come fratelli, non è un affetto stabile?”.

E attenzione alla nonna sorda che con la distanza di due metri non ci sente e può mettere in difficoltà il nipote chiedendogli di avvicinarsi per parlarle:
“No, nonna, non posso avvicinarmi, bisogna mantenere la distanza. Ci sta pure la polizia là!”
“Che hai detto? Non ti sento, avvicinati!”
“NON POSSO! LE DISTANZE!”
“NON RIESCO A SENTIRTI, AVVICINATI!”

E così, per l’insistenza della nonna, il malcapitato stanco di gridare inutilmente, dimentico della distanza minima, esce dal suo contenitore in plexigas e le si avvicina per ripeterle le poche parole. E proprio in quel preciso istante la polizia, in attesa del minimo movimento sbagliato, come un leone su una gazzella si avventa sulla preda:
“AAAALLTT! infrazione! Distanza minima superata! 530 euro di multa, più aggravio di trasmettere il virus a persona anziana. 700 euro!”. Tra i commensali nessuno se ne accorge intenti a cercare di capirsi tra un plexigas e l’altro. Neanche la nonna se ne rende conto, caso strano perché adesso nel suo plexigas oltre al nipote c’è anche l’ufficiale di polizia. Il ragazzo cerca di difendersi, alza la voce per contestare l’eccesso di zelo dell’ufficiale ma niente, deve accettare mestamente la multa abbassando il capo, sconfitto e impotente di fronte alla legge. E non finisce qui perché la polizia non contenta contesta anche la nonna:
“530 euro di multa anche a lei! Più altri 100 di aggravio per aver indotto altra persona ad avvicinarsi a lei con il rischio di trasmetterle il virus!”

La nonna però non sente, e chiede di ripetere.
“Non posso avvicinarmi! Ripeto, le ho fatto 630 euro di multa!” le risponde l’ufficiale. Ma la povera vecchia continua a non capire. “Non sento, potete avvicinarvi per favore?”
Dopo vari tentativi, cercando aiuto anche nel suo collega, il poliziotto non ce la fa più e si avvicina all’orecchio della signora per comunicarle il suo reato.
E così: “AAAALLTT! INFRAZIONE!”, è l’altro poliziotto che ha assistito alla scena, e come il primo dimostra anche lui un eccesso di zelo straordinario. “Distanza minima superata! 530 di multa, più aggravio di trasmettere il virus a persona anziana. 700 euro!”.
Il tutto mentre a tavola nessuno si è accorto di nulla perché intanto sono arrivati i primi piatti e ognuno è concentrato a magiare.

Tornado al provvedimento, come c’era da aspettarsi non è stato accolto bene né dal Governo, con il Ministro Boccia che ne minaccia la diffida, né da molti sindaci della Regione decisi a non applicarlo volendo continuare sulla linea più cauta del governo. E non si può dargli torto considerando anche la situazione drammatica della sanità in Calabria: anni di tagli, di scandali giudiziari, di infiltrazioni mafiose e commissariamenti hanno portato ad un sistema sanitario che fa acqua da tutte le parti, e un’eventuale esplosione del virus metterebbe la pietra tombale su una Regione storicamente azzoppata.

Considerando che la gestione della crisi da Covid-19 era stata affidata ad una persona che non sapeva neanche come fossero fatti i ventilatori si morirebbe per giunta nel ridicolo. Non sono serviti neanche gli appelli dei medici calabresi a rivedere il provvedimento. Alla Santelli questo sembra non importare decisa com’è a continuare sulla sua linea della “fiducia”. Perciò non resta che continuare ad affidarsi al motore che al sud continua a spingere a rispettare le regole: la paura. Meglio salvare la pelle che farsi uno spritz al chiaro di luna. Quello può aspettare.

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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