La dannosa politica di Trump fa perdere terreno alla superpotenza statunitense

Per gli Stati Uniti è il terzo e forse ultimo anno della presidenza Trump, le cui decisioni politiche sono state ritenute discutibili un po’ ovunque, soprattutto quelle recentemente effettuate durante l’emergenza coronavirus che sembrano tenere di più all’economia piuttosto che alla salute dei cittadini. Per non parlare della politica estera aggressiva attuata dal leader americano nei confronti di Iran e Corea del Nord o di quella interna invece intrisa di xenofobia. Ma quale sarà il destino degli Usa? La designazione della Cina come nemico numero uno risulta una strategia per abbattere la nuova superpotenza orientale, la quale sta spodestando il monopolio statunitense.

Trump e la sottovalutazione del Covid-19

Gli Stati Uniti si trovano al primo posto tra i Paesi con più vittime di coronavirus, si stimano oltre 1.600.000 morti, molti di più di quelli causati dalla guerra in Vietnam. Il presidente appare molto infastidito dall’emergenza e spinge affinché l’economia riparta al più presto, non curante dei gravi rischi che questo totale allentamento potrebbe avere sulla situazione sanitaria. Donald Trump sembra ottimista e ha anche predetto un grande rimbalzo economico in autunno, affermando che il Paese eseguirà presto 5 milioni di test diagnostici al giorno.

Questa dei test risulta una questione controversa e centrale. Attualmente, negli Stati Uniti si eseguono circa 200.000 tamponi ogni 24 ore e ne sono stati effettuati 5,6 milioni negli ultimi due mesi. Come ha sottolineato Trump, erano molti di più di qualsiasi altro Stato, ma rappresentavano comunque l’1,6% della popolazione. Il team di medici che assiste la Casa Bianca per l’emergenza ha affermato che i morti nella nazione potrebbero arrivare a 240.000, anche con il distanziamento sociale e le misure contenitive. Lo scenario resta cupo, nonostante la positività di Trump e la sua spinta a riaprire.

Il suo contrastante rapporto con i governatori, talvolta osannati per il loro lavoro e talvolta criticati per la troppa prudenza nel tenere ancora misure restrittive, sta generando sempre più confusione e incertezza. Gli Stati, infatti, sembrano proseguire in ordine sparso, tra chi accelera le riaperture e chi è maggiormente prudente sull’allentamento del lockdown. Ora sono gli Stati rurali a risentire di più degli effetti della pandemia, mentre guardano crescere le curve dei positivi. Trump ha preso sottogamba questo virus infettivo e non ha aiutato di certo il sistema sanitario americano costruito sull’idea che la salute sia una responsabilità individuale dei cittadini e non un loro diritto, sancito dalla Costituzione. Inoltre, con l’eliminazione dell’Obamacare, ovvero l’obbligo di assicurarsi previsto dalla riforma sanitaria voluta dall’ex presidente Usa Barack Obama per garantire cure mediche a tutti, gli Usa sono stati colti totalmente impreparati dal coronavirus.

Un presidente che “legittima” i difetti del suo Paese

Trump risulta un presidente che sembra aver dato risalto agli aspetti negativi del suo Paese come per esempio l’odio razziale, già persistente negli Stati Uniti, accentuato attraverso le leggi restrittive sull’immigrazione. Come si evince dall’uccisione dell’afroamericano George Floyd arrestato dalla polizia di Minneapolis il 25 maggio scorso, questo rappresenta solo l’ultimo episodio di una lunga serie di tragici abusi sui neri delle polizie locali che risalgono a molti altri casi simili verificatisi nel mezzo secolo passato. Il presidente Trump, populista e nativista ha provocato una divisione senza precedenti tra “noi”, gli amici, e “loro”, gli estranei.

Ha accentuato lo scontro razziale, ha compiaciuto i gruppi dell’ultradestra, ha esaltato al di là della Costituzione il diritto individuale a portare in pubblico le armi anche negli edifici istituzionali, ha difeso ambiguamente i corpi di polizia locali indipendentemente dai loro comportamenti. Non sono da confondere in maniera equivoca i comportamenti delle polizie locali con la politica presidenziale, ma nell’epoca dei social che diffondono istantaneamente i tweet del presidente, anche quando veicolano fake news e idee ambigue, l’ufficiosità del leader statunitense influenza i comportamenti di coloro che nutrono sentimenti affini al suo modo di pensare.  Sembra quindi che la politica di Trump sia stata orientata proprio nella direzione della rottura degli argini legali e abbia così assottigliato lo stato di diritto.

Politica estera aggressiva: Stati Uniti vs Iran e Corea del Nord

Il 3 gennaio di quest’anno, con l’uccisione del generale Qasem Soleimani, il presidente Trump ha ordinato un atto inatteso. Nella notte fra il 7 e l’8 gennaio è arrivata l’annunciata rappresaglia di Teheran, che ha colpito, afferma il Pentagono in una nota ufficiale “almeno due basi irachene che ospitavano militari statunitensi a Al-Assad e Irbil”.

Ad oggi l’amministrazione Trump ha sospeso le esenzioni dal regime sanzionatorio che permettevano ad aziende europee, russe e cinesi di lavorare negli impianti nucleari dell’Iran. Questo perché Trump ritiene che la Repubblica Islamica sia talmente con le spalle al muro dal punto di vista economico da non potersi permettere di compensare tale perdita. È un ulteriore segno della determinazione americana di condurre gli iraniani sull’orlo del collasso, nella convinzione di poterli spingere al tavolo dei negoziati in una posizione disperata. Fortunatamente lo scontro con l’Iran si è normalizzato ma Trump ha rischiato che scoppiasse una terza guerra mondiale come già era successo con la Corea del Nord nel 2017.

Da sempre le tensioni politiche in Corea del Nord hanno rappresentato un problema di non poco conto a livello mondiale. Diventato presidente Trump aveva creduto in un supporto da parte della Cina per fermare la corsa al nucleare da parte della Corea del Nord. Questo per ragioni geopolitiche visto che la Corea del Sud confina con quella del Nord ed è ad influenza statunitense. In quel contesto la Corea del Nord ha implementato i suoi test nucleari suscitando l’ira di Trump.

La Corea ha poi testato ben due missili ad ampio raggio. Il mese successivo Trump ha aumentato la tensione contro la Corea di Kim e ha fatto un annuncio shock tramite il suo profilo Twitter: se la Corea del Nord avesse continuato a provocare gli Stati Uniti, sarebbe stata ricambiata con “fuoco e furia come il mondo non ha mai visto”. A quella provocazione il leader della Nord Corea Kim Jong-un ha annunciato di voler dirigere il suo prossimo test verso Guam. Trump ha risposto sempre con alcune minacce ma il 12 giugno del 2018, a Singapore, i due Leader si sono incontrati. Si tratta di una tregua storica e di una grande vittoria diplomatica del presidente Trump.

Il nemico cinese

Sempre critico nei confronti dello stand economico della Cina sul mercato globale, a maggio del 2019 Trump ha annunciato un aumento dei dazi sui prodotti importati dalla Cina per un valore di 200 miliardi. In questo periodo di emergenza Covid-19 invece, il presidente statunitense non si accontenta di accusare Pechino come grande responsabile della pandemia che ha messo in ginocchio l’economia e paralizzato interi paesi. Dalla Casa Bianca ha esaminato delle rappresaglie, ossia delle sanzioni contro la Cina, per ora indirizzate ai personaggi identificati come responsabili diretti degli atti che stanno togliendo a Hong Kong le sue libertà.

L’annuncio dato da Trump è il punto d’arrivo di un’escalation della tensione con la Cina alimentata prima dallo scontro su temi commerciali e finanziari (l’accusa alla Cina di manipolare la sua valuta e di approfittarsi dell’America sul piano industriale), poi su quelli geostrategici (l’espansionismo cinese sui mari). Il Covid-19 giunge nel bel mezzo di una nuova Guerra Fredda che era in atto già da tempo tra Stati Uniti e Cina.  Si pensi anche solo alla guerra per il 5G e il caso Huawei. Oppure a quando nel 2019 Trump ha firmato e promulgato l’Hong Kong Human Rights and Democracy Act, per sostenere le protese anticinesi divampate a Hong Kong.

La reazione della Cina è stata quella di convocare l’ambasciatore Usa ed esortarlo a non applicare la legge, visto che la questione Hong Kong era interna alla Cina e, dunque, di sua esclusiva competenza. A febbraio di quest’anno gli Usa hanno accusato ancora la Cina: un cacciatorpediniere cinese avrebbe puntato un laser su un aereo da ricognizione Poseidon P-8A americano nel Pacifico al fine di disturbarne le operazioni. L’episodio sarebbe avvenuto a 600 chilometri dall’isola di Guam, non distante dalle Filippine.

La motivazione dell’ostilità tra Usa e Cina risiede nel fatto che, da un punto di vista geopolitico, la Repubblica popolare cinese sta rubando il posto agli Stati Uniti, la quale non è più la sola e prima potenza mondiale. Sembra invece oggi più credibile l’ipotesi di un decoupling tra gli Stati Uniti e la Cina, che imporrebbe la restaurazione del bipolarismo (da Guerra Fredda) anche in campo economico. I mercati considerano ormai possibile una vera e propria biforcazione che riguarderebbe anche gli standard.

Forse non c’è più spazio per Trump nel futuro americano

Il rischio del collasso economico ha spinto il leader statunitense, populista e nazionalista a riversare la colpa sulla nazione rivale: la Cina. Se oggi gli Stati Uniti si ritirano da trattati e organizzazioni internazionali, la Cina ne approfitta per tessere nuove relazioni, alimentando lo squilibrio.

I rapporti sino-americani continuano ad essere influenzati dalle conseguenze di Covid-19. Basti osservare come il governo di Pechino stia conducendo un’intensa compagna di riposizionamento della Cina da primo, e a lungo reticente, polo di diffusione del virus a primo Paese che ha sconfitto il coronavirus e che dispensa generosamente aiuti agli altri. Un tentativo talvolta impacciato, al quale gli Stati Uniti cercano di replicare, cogliendone il potenziale corrosivo per il ruolo di leadership esercitato da Washington. Un preoccupante segnale in un mondo dalle istituzioni internazionali in crisi e con un leader, gli Stati Uniti, che entro novembre si appresta ad affrontare diverse sfide interne ed internazionali, come le elezioni presidenziali.

Qui siamo di fronte a una guerra commerciale tra due potenze, l’una antica e occidentalista, l’altra asiatica che però non vuole rimanere circoscritta al Pacifico, come presuppongono i nuovi progetti di chiusura militare Usa dell’Oceano, o che tentano di bloccare l’espansione della Via della Setao che ancora tentano di bloccare la linea dell’espansione a Sud e a Est della Cina, come ha recentemente preconizzato Xi Jinping. Assisteremo probabilmente a una nuova “Guerra Fredda 2.0” ossia a una serie di azioni di guerriglia informatica, economica, industriale, di diffamazione militare e di informazioni riservate da rubare al nemico. Sarà un conflitto basato sulla manipolazione culturale e alla fine sulla fake news. Gli Stati Uniti riusciranno a riaffermare il proprio status di superpotenza globale? Trump verrà rieletto o ha perso di credibilità agli occhi dei suoi elettori?

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here