“Fiore Gemello” (2018) è un film drammatico diretto dalla regista Laura Lucchetti – già nota per la produzione di Febbre da Fieno (2011) – e prodotto da Giuseppe Gallo, in collaborazione con Rai Cinema. La Pellicola è stata presentata in prima mondiale al Toronto International Film Festival nel 2018 (dove ha ricevuto la Menzione speciale del Premio FIPRESCI ed è stato candidato all’Eurimages Audentia Award) detenendo una grande possibilità di rimanere impressa nelle memorie collettive, per la forte emotività che travolge lo spettatore durante tutti i 90 minuti della visione del film.

I PROTAGONISTI

Un fiore gemello è una rarità: un solo stelo ospita due fiori, pur essendo due entità diverse. Questo è ciò che accade ad Anna e Basim. Sono due giovani in fuga da loro stessi e dal mondo inospitale che abitano ma di cui non sono realmente parte.

Anna (interpretata da Anastasyia Bogach), è ragazza figlia di un trafficante di esseri umani ucciso davanti ai suoi occhi.  La crudeltà delle esperienze che la vita ha avuto in serbo per lei, l’hanno resa una presenza invisibile agli occhi dell’altro. Costretta a provare una sfiducia costante verso il mondo ed i suoi abitanti, diventa muta.

Copertina Ufficiale Fiore Gemello

Basim (interpretato da Kallil Kone) è un migrante fuggito dalla Costa D’Avorio, affamato di riscatto e di vita. Nonostante la difficoltà, il rifiuto in quanto immigrato clandestino, presenta una grande necessità di parlare, pur non conoscendo bene l’italiano. Il ragazzo, attento e curioso scrutatore, decide di affidare ad Anna la sua solitudine, trovando accoglienza nel cuore di lei. I due ragazzi diventano ricercatori di innocenza e di spensieratezza, entrambe strappate via dall’inesorabile destino che li ha accolti. Basim ha perso la sua identità, Anna ha perso la sua voce.

Non molti sanno che la capacità degli attori di incarnare al meglio questi due personaggi, sia data da alcune esperienze realmente accadute nel loro trascorso. Kallil Kone, qualche mese prima dell’inizio delle riprese, è fuggito dalla Libia raggiungendo le coste della penisola italica su un barcone. Anastasyia Bogach, invece, ha lasciato la sua terra d’origine, l’Ucraina, all’età di soli quattro anni, proseguendo la sua vita nell’isola sarda. La naturalezza dei due attori è quindi probabilmente frutto dell’importante vissuto che li ha caratterizzati.

Il film è ambientato nella vuota e arida Sardegna, che aumenta il senso di disconnessione e di inquietudine dei due protagonisti. Il paesaggio sardo, diviene vero e proprio personaggio che descrive la mancanza di rassicurazione dei due protagonisti, inghiottiti dall’immensità del luogo in cui si trovano.

 LA FUGA

La tematica centrale del film è sicuramente la fuga, che passa per l’analisi di alcuni temi importanti e odierni, come l’immigrazione e l’abuso sessuale. Anna e Basim sono due animali randagi in un mondo insidioso e cattivo.

Le riprese sono costruite su degli intensi primi piani dei protagonisti, dove si predilige l’azione e il silenzio, alla parola, non più necessaria alla base della comunicazione. Invece, diventa importante il gioco di sguardi, che produce nello spettatore una costante riflessione, trasmettendo, così, anche un fortissimo senso di vuoto, che si può ritrovare nei frammenti paesaggistici che non risparmiano nessun dettaglio.

Lo spettatore è, dunque, catapultato in una narrazione materialistica, dove ogni elemento ha il suo ruolo necessario ed imprescindibile: la strada, il cielo, la polvere, il vento. Al centro la fuga, il cammino, il riscatto e la ricerca, che divengono delle valide risposte ai confini che hanno oppresso Basim e al passato che perseguita Anna.

L’ACCOGLIENZA

La visione di questo film è utile e necessaria per entrare nel vivo di alcune questioni che abitano il contesto sociale odierno. Oggi il tema dell’immigrazione torna ad essere fortemente considerato dall’opinione pubblica, nonostante sia sempre stato prorompente anche prima dei recenti fatti di politica estera. Comprendere la difficoltà della fuga diventa necessario per accettare la richiesta di integrazione prevista dall’accoglienza. Questa pellicola permette di assaporare il senso di vuoto di chi è obbligato a doversi allontanare dal proprio paese di origine alla ricerca di un futuro migliore. Affianco alla fuga fisica, ne viene proposta una emotiva, di chi cerca di scappare da un passato che può compromettere il proprio futuro. Questo film racchiude un insegnamento importante racchiuso nella parola accoglienza. Accogliere l’altro con le proprie ferite, con il proprio passato e soprattutto con le proprie paure.

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