Global Compact, manca la firma dell’Italia. E il governo si spacca

Da qualche settimana il governo italiano si trova diviso sulla questione del Global Compact. La disputa è nata dall’opposizione di Lega e Fratelli d’Italia alla firma dell’accordo, rispetto al favore manifestato da alcuni esponenti del Movimento Cinque Stelle. Si è discusso a lungo su vantaggi o svantaggi che potrebbero derivare dall’eventuale firma del documento da parte dell’Italia. Ancora oggi però, il dibattito parlamentare non ha portato a un accordo definitivo e il clima politico interno non accenna a stabilizzarsi.

 

Global Compact: cos’è e quali sono gli obiettivi

Il Global Compact per la migrazione è un documento promosso dall’Onu e sottoscritto da diversi Stati per la condivisione di alcune linee guida generali sulle politiche migratorie. Dopo alcune modifiche e lunghi negoziati, l’ultima versione del Global Compact è stata approvata durante un vertice tenutosi sotto l’egida delle Nazioni Unite il 10 e l’11 dicembre 2018 a Marrakech, in Marocco.

Questo documento illustra l’importanza di una gestione condivisa del problema dei flussi migratori, basandosi su diversi obiettivi da raggiungere per implementare la cooperazione globale dei vari Paesi. Alcuni target riguardano la raccolta dei dati come base per le politiche da implementare, dando importanza al contrasto dei fattori negativi e strutturali che impediscono alle persone di continuare a vivere nei Paesi di origine. Si tenta, inoltre, di ridurre i rischi cui sono esposti gli individui che affrontano il viaggio, cercando di combattere il traffico degli esseri umani gestito dalle organizzazioni criminali.

Le linee guida individuate nel documento sono, dunque, la centralità delle persone e la cooperazione internazionale, ma anche il rispetto della sovranità di ogni Stato e delle norme internazionali. Nonostante quest’ultima premessa, il cammino per la redazione del patto è stato lungo e complesso.

 

La crisi migratoria del 2015. Il lungo cammino del Global compact

Occorre tornare indietro di qualche anno per poter comprendere meglio la situazione. A partire dal 2015, si è assistito al più grande fenomeno migratorio mai visto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Le conseguenze di una disorganizzazione cronica nel gestire così imponenti flussi migratori sono state drammatiche: migliaia di morti sia durante le traversate in mare sia nei viaggi via terra. È a questo punto che diversi Stati hanno deciso di organizzarsi per impedire ulteriori catastrofi umanitarie, cooperando tra loro. Nel 2016, a New York, è stata firmata una dichiarazione da parte di tutti i 193 Stati membri delle Nazioni Unite sui migranti e sui rifugiati (la cosiddetta “Dichiarazione di New York”), sancendo l’avvio di negoziati per arrivare ad un accordo. Un anno dopo è cominciato il percorso per lo sviluppo del patto, caratterizzato da un dibattito serrato e difficile che ha portato a diverse modifiche prima di essere accettato dalla maggioranza degli Stati coinvolti. Il progetto finale ha visto la luce il 13 luglio 2018, ufficialmente presentato come “Global Compact per la migrazione sicura, ordinata e regolare”.

Un progetto simile è stato definito come un atto storico, ma ha creato grande scontento sia tra i populisti e i Paesi che adottano politiche migratorie molto restrittive sia tra chi sin dall’inizio lo appoggiava, rimasto deluso dalle numerose rielaborazioni che ne avrebbero attenuato i contenuti.

 

Il caso italiano. I pro e i contro del Global Compact

L’Italia si trova tutt’ora in una situazione complicata. Pur avendo partecipato a tutte le fasi del negoziato negli ultimi due anni, il governo gialloverde non è unanime nella decisione da prendere nei confronti del Global Compact. Il Presidente del Consiglio Conte ha deciso quindi di rimandare l’esame del piano al Parlamento, sperando in un accordo equilibrato tra le forze politiche. Il premier ha in seguito accennato alla possibilità che l’Italia possa siglare l’accordo in un secondo tempo. Per il momento però, l’Italia ne resterà fuori e la questione tra i pro e i contro del progetto rimane aperta.

I pro del documento sono stati sostenuti principalmente da esponenti dei pentastellati, molto cauti nel gestire la situazione. Il presidente della Camera Fico e il presidente della commissione affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia hanno dichiarato che il Global compact deve essere assolutamente sottoscritto. L’opinione è stata fatta propria anche da altri membri dei Cinque Stelle come il sottosegretario agli affari esteri, Manlio Di Stefano, che ha ribadito l’utilità di questo strumento per massimizzare gli sforzi di gestione dei flussi migratori. Enzo Moavero Milanesi, ministro degli Esteri, ha difeso il patto dicendo che non sarà un atto giuridicamente vincolante e che in esso ci sono princìpi di responsabilità condivisa nella gestione degli oneri dell’immigrazione.

I contro del documento hanno costituito il cavallo di battaglia soprattutto di Lega e Fratelli d’Italia, che hanno sostenuto una linea di chiusura e intolleranza verso i flussi di migranti. Salvini ha affermato che il Global Compact annullerebbe la distinzione tra migranti economici e rifugiati politici, mentre altri esponenti della Lega hanno ribadito il pericolo di legittimazione di un’immigrazione senza controlli, né regole. Fratelli D’Italia ha confermato questa linea tramite Giovanbattista Fazzolari, convinto che il progetto di collaborazione globale sancisca l’immigrazione come diritto fondamentale e impedisca così di limitare i flussi.

La questione del Global Compact fa riemergere divisioni già evidenti nel governo e rende tutto più difficile. Mentre i Cinque Stelle appaiono fin troppo cauti nel difendere una possibile firma, la Lega continua a condurre una propaganda xenofoba, basata sulla paura di un’invasione di massa. Una mossa strategica, soprattutto in vista delle imminenti elezioni europee. È chiaro, invece, che l’Italia avrebbe urgente bisogno di un progetto efficace nell’ambito delle politiche migratorie, trovandosi oltretutto in una posizione geografica ideale per gli sbarchi dal Mediterraneo. Al momento, però, l’unico fatto evidente resta la strumentalizzazione del dibattito politico sulla pelle dei migranti, al solo scopo di raccogliere voti e consenso popolare.

 

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