Guardia e ladri 2.0

Ai tempi del Covid19 il senso di impotenza è quello più comunemente esperito e comunitariamente condiviso: esclusi medici, infermieri, cassieri, addetti alle consegne, e pochi più, rientriamo globalmente nella descrizione apocalittica di massa damnationis -nel migliore dei casi-rilegata al divano oppure alla sedia della cucina, cercando ossessivamente un’alternativa all’accettazione.

Al tramonto del decreto

Immersi nel vortice del mutamento antropologico, sono riemerse molteplici proto-categorie. La prima comprende gli anarchici impenitenti: calpestando i marciapiedi di tutti i quartieri, sono coloro i quali non si arrendono alla considerazione dettata dalla norma.

Ultrasettantenni, i più vulnerabili al virus, escono tenaci ogni mattina per comprare il giornale; dopo pranzo, approfittando del torpore diffuso, si dirigono con passo silenzioso verso l’ultimo cassonetto nel raggio dei 500 metri; infine, dalle 18 alle 19, gettando uno sguardo sul Lungoteve della Vittoria, è possibile incontrare, approssimativamente, venti soggetti over 70 che, sgambettando sul tappeto di cemento rosso, accompagnano il badante e il cane ad assistere il calar del sole.

Sulla scia degli ostinati si manifestano i paladini della legge che, a velocità della luce, digitalizzano sulla testiera per condividere online le informazioni più disparate. Facebook è il mezzo principale, basta accedere ad un qualsiasi gruppo di quartiere per capire che la rassegnazione non appartiene a coloro che vivono la necessità di essere socialmente utili. Si prenda in considerazione uno dei tanti gruppi “Gli amici di Conca d’Oro”, la cui descrizione indica “Un gruppo per tutti i residenti del quartiere Conca d’Oro, dove parlare liberamente del quartiere, trovare notizie, e partecipare attivamente per il miglioramento.”

Frustrazione o senso civico?

Sfogliando le pagine del gruppo (chiuso previa accettazione), al quale ben 5256 membri sono iscritti, immediatamente noteremo una policy rigorosa secondo cui la laicità dello stato e linguaggio politicamente corretto vigono. Il gruppo nasce molto prima rispetto la diffusione del virus, eppure, in questo periodo come mai in passato, i post si dispiegano incessanti sotto i nostri occhi: pubblicità di mascherine a poco prezzo, video virali sul web, informazione in diretta circa la lunghezza della fila nei supermercati di zona (talvolta anche l’elenco dei prodotti mancanti).

Più di tutto è interessante vedere la solidarietà dei componenti: gente probabilmente sconosciuta che, per la sola appartenenza alla pagina social, sente plausibile raccomandare dove e come acquistare del cibo; se l’interazione fosse diretta, la diffidenza e l’indifferenza regnerebbero sovrane -perché, non richiesto, dovrei ascoltare il consiglio di una sconosciuta? – , nella vita virtuale, invece, lo stesso suggerimento viene accolto e la signora ringraziata.

Analizzando più a fondo, leggendo tra i commenti, noteremo che la stessa solidarietà viene riproposta quando un membro del gruppo denuncia un fatto spiacevole, come una fila non rispettata oppure la distanza minima di sicurezza ignorata. In quell’occasione la grande famiglia facebookiana protegge uno dei membri, arrivando a ritrovare la scaturigine del virus oppure augurando la morte a colui che ha messo in difficoltà il prossimo.

Quando, con la lente di ingrandimento, proviamo ad osservare il comportamento di una delle tante comunità virtuali, ci domandiamo quale sia il motore che spinge 5256 persone a condividere immagini, riflessioni e denunce in una piattaforma tanto diffusa quanto poco istituzionale come Facebook.

Odio, paura e amore sono la miscela che muove la macchina algoritmica. Oltre la paralisi c’è l’azione: la ricerca del capro espiatorio – esistente solo quando nominato- e il suo superamento, sono l’unica modalità di riscatto disponibile al momento. Nei limiti del tutto evidenti in cui l’uomo è confinato, perché ridurre a misera mortificazione l’attività di sceriffo-mai-nato quando può essere pura, a tratti divertente, speculazione?

Di fronte alla catastrofe avviluppante della pandemia, è giusto interrogarci se la nostra sensibilità possa essere realmente toccata dalla lettura volontaria di auguri spiacevoli o situazioni altrimenti improbabili; allontaniamo le teorie legate al senso civico e all’impegno morale, e valutiamo se, nel rispetto della libertà altrui, sia, in fondo, sbagliato che l’uomo si aggrappi al piccolo lembo di luce in grado di sollevarlo dal baratro della disperazione verso un atteggiamento positivo, certamente, fine a se stesso, nella più favorevole delle ipotesi.

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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