SIRIA: LA GUERRA SILENZIATA

Si conteggia il numero delle vittime causate dal coronavirus e, in equilibrio imperfetto tra compassione e paura, si segue senza interruzione il caso. Il popolo è unito, ogni singola perdita segna un vuoto incolmabile. Sulla prima pagina delle testate più seguite vengono scritti nome e cognome delle vittime. Ma come si chiamavano i sette bambini uccisi nella notte tra il due e tre marzo da un missile russo ad Idlib?

Dov’è la partecipazione quando infanti, donne e uomini, dopo un’estenuante lotta per la sopravvivenza iniziata nel 2011, vengono uccisi dalle più nobili intenzioni di presidenti il cui interesse sembra riguardare il benessere comune? Se il coronavirus non stesse paralizzando economicamente e psicologicamente il mondo intero, rivolgeremmo le nostre attenzioni alla crisi umanitaria che, di fatto, si sta consumando, sotto i nostri occhi, in Siria?

LE RADICI DEL CONFLITTO

Molteplici sono le cause all’origine della guerra civile. Il 17 luglio 2000 Bashar Al-Assad viene nominato presidente; Il 15 marzo 2011 la ribellione contro il regime mono-partitico di Assad si diffonde- a partire dalla città di Dar’a – in tutta la Siria. In uno scenario di crescente violenza e sanguinaria repressione, gli insorti, a metà del 2011, si organizzano nell’esercito siriano libero.

L’equilibrio del paese crolla definitivamente e sull’ondata della crisi politica si inserisce quella religiosa; nel 2015 la Russia scende sul campo al fianco al governo ufficiale per supportare la lotta al terrorismo ma dopo la sconfitta dell’Isis, annunciata il 23 marzo 2019, i bombardamenti su Idlib, l’ultima roccaforte dei ribelli, non cessano.

RUSSIA E TURCHIA SULLO SCACCHIERE SIRIANO

Nove anni dopo l’inizio della crisi, sul territorio siriano Russia e Turchia, le vere protagoniste della guerra, aprono fuoco e frontiere. La Russia segue la politica di “lenta erosione” e la Turchia i suoi interessi lungo il confine. Ogni scelta politica, accordo preso, “cessate il fuoco” ripetuto (settembre 2018- marzo 2019) è un avanzare secondo la logica della sottrazione- di territorio e umanità.

L’ONU ha comunicato che il numero degli sfollati è salito ad un milione. Un movimento di massa migratoria dal confine nordoccidentale verso l’anelata libertà, ovunque essa sia- a patto che essa sia- viene istericamente favorito e brutalmente arginato. La catastrofe umanitaria concerne circa tre milioni di persone, un numero tanto elevato che rischia perdere il suo riferimento e rimanere solo un numero. È di uomini che si parla, di persone che vivono in balia di scelte di politici-demiurgi.

L’ACCETTAZIONE

Sotto i nostri occhi la morte prende forma ma sembra che assuma un nome differente quando è lontana; sembra che la lotta per la vita, quando la libertà è compromessa dal volere dell’Altro, più forte e prepotente, sia, con rassegnazione e un’ombra di macabra accettazione, già data per vinta.  È aberrante il ricorso a nuove frontiere fisiche- si pensi all’erezione di muri, recinzioni e fili spinati – e il contemporaneo abbattimento di ogni confine morale; gli interessi “del paese” superano, per importanza, il valore della vita umana: si può considerare reale, dunque, la profonda contraddizione che, durante le famigerate idi di marzo, segna e divide il mondo?

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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