In Italia sono tantissimi i comuni che si sviluppano attorno a edifici storici ed altri elementi fondamentali per il loro territorio. Questo vale non solo per le città ed i paesi più datati, ma anche per quelli più recenti. Luoghi di questo tipo portano ai giorni nostri storie che anche se sono sconosciute ai più a livello nazionale, sono invece sentitissime a livello locale, e contribuiscono alla formazione dell’identità territoriale dei cittadini che vi abitano vicino.

Il modo in cui questi patrimoni vengono trattati e gestiti però non è sempre buono. Anzi non è raro trovare alcuni di questi edifici abbandonati a sé stessi, mal curati e in rovina, in un modo che conseguentemente genera più effetti negativi che positivi per il territorio circostante. È così che vengono scritti capitoli “bui” per alcune città, che fanno cadere queste storie nel dimenticatoio; si preferisce ignorarle. E così si entra in una spirale pessima per quei luoghi che da centrali, diventano invece sempre più marginali e lontani dalle persone. A meno che qualcuno non raccolga la sfida di ridare a questi posti la luce e l’importanza che meritano.

La storia dell’IGDO di Ciampino segue questa strada. Ciò che rimane di un’enorme costruzione vecchia ormai un secolo è l’immagine di una storia di mala gestione, non curanza e anche di possibilità perse. È difficile ignorarlo: è l’immobile più grande di tutto il comune; è davanti gli occhi di tutti. Eppure è rimasto intoccato negli anni, da quel nefasto giorno in cui la guerra decise che la città-giardino sarebbe dovuta invece essere un rudere. Ma non si possono incolpare le bombe per questa brutta circostanza (o per lo meno non solo). Perché, invece, i proprietari futuri, i cittadini, il comune e i privati, hanno deciso che andava bene così? Perché si è deciso di continuare a raccontare una brutta storia? O forse ancora peggio, di ignorarla e continuare a nasconderla sotto il tappeto?

È difficile dare risposte oggettive a queste domande. Spesso dipendono dal giudizio che si ha delle amministrazioni comunali, dalla fazione politica, o anche dal tempo che si ha vissuto in città e dall’interesse che si nutre per la questione. La storia dell’IGDO però viene ancora raccontata delle volte, soprattutto in momenti cruciali della città (come le campagne elettorali per le amministrative). È un elemento centrale per il comune e per la sua popolazione, e si spera che in futuro possa esserlo ancora di più. Cerchiamo quindi di raccontare questa storia.

IGDO Ciampino

Nascita e “morte” dell’IGDO

La storia dell’Istituto del Gesù Divino Operaio (abbreviato in IGDO) cominciò nel 1922 quando il vescovo di Albano Laziale Gennaro Granito Pignatelli di Belmonte ne chiese l’edificazione per ospitare le Ancelle del Sacro Cuore di Gesù. Poco prima nella stessa zona era sorto un accampamento militare, che negli anni successivi si trasformerà in quello che oggi è uno dei principali aeroporti di Roma. L’IGDO è quindi stato uno degli elementi fondamentali dello sviluppo della città di Ciampino. Inizialmente doveva essere costruito secondo il modello delle “città-giardino” inglesi, un tipo di progetto molto popolare in quegli anni. Quando però, durante la guerra, l’IGDO divenne sede di un comando tedesco, gli alleati lo bersagliarono con i bombardamenti, distruggendo buona parte della struttura.

In un certo senso la storia dell’IGDO finisce qui, dato che da allora l’edificio non è più stato toccato: niente restaurazioni, cure, ma nemmeno è stato demolito. È semplicemente rimasto lì, testimone degli eventi di quegli anni. Ma la sua fatiscenza (oltre che l’imponenza) ha generato sempre più rancore e malcontento nella cittadinanza, che giustamente spera in un utilizzo più fruttuoso di quel terreno, il quale è ancora oggi il più grande di tutto il comune.

L’edificio è stato al centro si alcune peripezie, soprattutto negli anni recenti, le quali sono state volte (almeno apparentemente) al dare nuova vita all’IGDO. La trama di questa storia però è confusa e poco trasparente. Solo alcuni passaggi sono chiari.

IGDO Ciampino

I primi progetti e il dubbio sul valore storico

Alla fine della guerra, la proprietà dell’IGDO rimane della Chiesa. Negli anni ’60 avviene un primo passaggio della proprietà, che in qualche modo segna le vicende odierne dell’edificio. Con l’atto di passaggio dell’IGDO dalle Ancelle del Sacro Cuore alla fondazione religiosa Ordine del Gesù Divino Operaio si chiedeva che la struttura fosse adibita a luogo di culto e beneficienza. Dagli anni ‘70 tuttavia si tenta di cedere la proprietà ai privati, e da qui nascono diversi progetti che però non vedranno mai la luce.

Gli anni ’90 portano un certo fermento per quel che riguarda i progetti. Si comincia a parlare della trasformazione dell’IGDO in qualcosa di totalmente nuovo, diverso, come uffici o negozi. Insomma qualcosa di utile certamente, ma che snatura l’idea iniziale dell’IGDO come luogo pubblico. Nel 1991 l’azienda Ricostruiamo S.r.L. pensò di costruire al posto dell’istituto un complesso di 200 appartamenti. La proposta però non vide la luce, e la Ricostruiamo s.r.l. venne fusa invece con una società che avrà un ruolo importantissimo per la storia dell’IGDO, ovvero la Società italiana costruzioni edilizia e telecomunicazioni (abbreviato in SICIET).

Questa società mantiene il possesso della proprietà fino al 2016, anno in cui avviene la sua liquidazione. Fino ad allora la SICIET si era impegnata per costruire altro al posto dell’edificio diroccato, ma nessun progetto è mai andato a buon fine. A partire dal 1998, con l’appoggio di un nuovo piano regolatore, il gruppo SICIET intendeva infatti demolire la costruzione preesistente per far sorgere al suo posto un nuovo edificio commerciale. Ancora una volta l’idea di fondo era quella di privatizzare completamente uno spazio che era stato promesso al pubblico. Questa volta le opposizioni sono state forti e sono venute soprattutto dai cittadini, che per evitare l’abbattimento dell’edificio storico si sono riuniti in comitati (come ad esempio IgdoLab) che hanno portato ad una raccolta firme. La voce delle persone fu ascoltata dalla politica, la quali nel 2006 impose un vincolo sull’area per interesse storico, impedendone l’abbattimento.

A dire il vero questo vincolo non aveva molto valore, dato che già solo due anni dopo, nel 2008, il TAR del Lazio si pronunciò contrariamente all’apposizione di questo vincolo, dando ragione invece alla tesi della SICIET secondo cui non esistono legami tra la storia e lo sviluppo del comune e l’edificio fatiscente. In ogni caso questo non sarà sufficiente a far sì che la SICIET porti a termine i suoi progetti. L’IGDO rimane quindi inutilizzato e in decadenza, senza che nessuna azione venga fatta per evitare un suo ulteriore degrado. La struttura diventa sempre più parte di un’immagine negativa della città, che continua a portare nel suo centro un rudere di cui apparentemente nessuno vuole prendersi cura. Questo almeno fino al 2016, anno della definitiva liquidazione della SICIET e dell’apertura di un nuovo capitolo della storia.

Gli anni più recenti

È il 2016 quando l’IGDO viene messo all’asta per via della liquidazione dei precedenti proprietari. Nello stesso anno avviene qualcosa di inaspettato. La SICIET stessa cambia idea sulla natura dell’edificio, e deposita presso il tribunale di Terni una nuova perizia secondo cui l’IGDO ha effettivamente un valore storico. Quale effetto ha questo avvenimento? Sostanzialmente dopo questo cambiamento di rotta della SICIET il prezzo dell’IGDO cala drasticamente, da sette milioni di euro a circa un milione e mezzo. Ad approfittarne all’asta organizzata quell’anno è la Incentro S.r.L. , società del noto imprenditore locale Maurizio Schiaffini, che acquista l’IGDO per 1,61 milioni di euro. Il comune non partecipa all’asta.

Questo passaggio di proprietà non cambia tuttavia le sorti dell’ex istituto, ormai diventato un vero e proprio rudere. Anzi forse la svolta si può considerare negativa. Approfittando della fatiscenza della costruzione la Incentro fa dichiarare l’immobile inagibile, evitando peraltro di pagare tasse, senza però ristrutturare o riparare almeno parzialmente la struttura. Sostanzialmente l’IGDO viene acquistato e lasciato così com’è, ancora una volta senza un progetto che possa restituire al centro cittadino uno dei suoi edifici più importanti.

Nel 2021 proprio l’IGDO é stato al centro di una questione politica che ha provocato la caduta della giovanissima giunta comunale di Daniela Ballico, insediatasi solo nel 2019 per la prima volta. Questo perché questioni legate alla possibile acquisizione dell’IGDO da parte del comune comparivano nel bilancio che ha portato alla caduta della giunta. La stessa amministrazione oggi lamenta una forte mancanza di collaborazione da parte della Incentro nel trovare un accordo per ridare all’IGDO un ruolo e un’utilità che possa tornare poi ai cittadini. Quest’accordo non è mai arrivato, e l’immobile è ancora oggi della Incentro, la quale peraltro continua a non curarsi della struttura.

Tutto ciò che è successo (soprattutto negli anni più recenti) è oggi centrale per la città, che mai come stavolta ha visto l’IGDO nel fulcro dei dibattiti politici per le campagne elettorali del 2022. Le parti, infatti, si sono date battaglia aperta sulla questione, lamentando problemi e sottolineando sbagli del passato, oltre che proponendo soluzioni per il futuro. Alcune poi hanno invece dimostrato sostanzialmente un certo disinteresse, difendendo comunque le loro tesi a riguardo. Il confronto porta a pensare che altre vicende riguarderanno in futuro questa struttura. Difficile dire però quanto questo futuro possa essere vicino. Ed è ancora più difficile dire se il finale di questo racconto potrà mai essere un lieto fine.

IGDO Ciampino

Quale finale?

La storia dell’IGDO di Ciampino è una storia lunga; lunga sostanzialmente quanto la vita della stessa città che lo ospita. Finora sembra che la vita dell’Istituto del Gesù Divino Operaio sia terminata sotto le bombe della guerra mondiale. Mai più sembra esserci stata speranza per l’edificio. È triste pensare che un qualcosa di così importante per lo sviluppo di una città sia rimasto intoccato per così tanto tempo.

Il racconto delle peripezie di questa struttura di un altro tempo non troppo lontano da noi è fatto di luci e ombre. I fatti raccontati lasciano ai cittadini troppi dubbi e rammarichi. Sostanzialmente è difficile trovare un senso a questo immobilismo rispetto ad un pezzo di territorio così centrale ed importante per la città intera. I motivi possono essere diversi e non necessariamente distinti. Probabilmente rimettere in piedi una struttura di tale imponenza è ancora una sfida economica troppo grande per gli attori che dovrebbero prendersene cura. Un’altra ragione potrebbe essere l’assenza di progettualità politica a lungo termine, problema abbastanza comune nelle amministrazioni locali.

Non mancano poi le ipotesi complottiste di macchinazioni oscure e di “poteri forti” che hanno chissà quali intenzioni per quella struttura che ad oggi non appare certo fruttuosa e ben messa. Le zone d’ombra della storia dell’IGDO (e non sono poche) lasciano certamente un po’ di spazio alla fantasia, per rendere questa storia ancora più contorta e (in un certo senso) interessante.

Per cui quale finale? Beh, ad oggi chiaramente questa storia non è finita. O per lo meno, la speranza è che questa storia non sia ancora giunta al termine, ma che invece possa continuare fino ad avere un lieto fine. Un finale che sia in grado di restituire ad una città e ai suoi abitanti qualcosa che viene chiesto da tanti anni: un vero e proprio centro cittadino. La possibilità di vivere uno spazio della città molto grande, che un tempo gli apparteneva, che la guerra gli ha sottratto, e che mai più gli è stato restituito.

Chi si farà carico di questo sogno? Difficile a dirsi, ed è anche facile lasciarsi andare al negativismo vedendo i progressi sostanzialmente nulli nei fatti avuti finora. Ma di esempi positivi in Italia ce ne sono di queste storie; storie che in fine si sono concluse bene. Questo almeno lascia ben sperare.

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