La narrazione delle notizie attraverso il transmedia journalism
In un’epoca come la nostra, si vive immersi in una cultura convergente che ibrida tutti i flussi comunicativi. Ci ritroviamo in una confluenza mediale, non solo a livello tecnologico ma anche a livello culturale, in quanto il cambiamento non avviene soltanto nella produzione e nella distribuzione ma anche nella testa del consumatore, nel suo modo di rapportarsi ai contenuti. Il fruitore non è più passivo bensì diviene attivo e autonomo, in grado di poter creare contenuti e di veicolarli tramite internet o altre piattaforme mediali. In questo contesto si inerisce il transmedia storytelling, elaborato dal saggista Henry Jenkins, un processo narrativo in cui elementi che sono parte di una fiction sono dispersi attraverso diversi canali di distribuzione, con l’intento di creare un’ampia esperienza di intrattenimento. Questo è quello che avviene ad esempio per alcune serie tv che vengono veicolate attraverso vari canali ed ognuno di essi è fondamentale per la comprensione della storia (ad esempio Skam). Ciascun medium offre quindi un contributo unico alla storia ma il risultato finale deve essere coeso e sinergico. Grazie ad un’intuizione di Kevin Moloney, studioso di media design, oggi si sperimenta il transmedia journalism ossia un giornalismo d’ibridazione tra diversi media che cerca di stimolare l’engagement delle audience.
Di cosa si tratta?
Ormai siamo abituati alla forma mentis della transmedialità, perciò il pubblico ricerca un coinvolgimento più intimo anche nei confronti delle notizie che vengono narrate dai giornali, dai telegiornali o dai quotidiani online. L’informazione odierna ha quindi bisogno di approfondimenti diversi a seconda dei media e ciò è causato dall’accesso costante alle informazioni attraverso i social media e i siti web. Il transmedia journalism si può apprezzare maggiormente nella versione online ed ha il compito di avvicinare le persone al mondo dell’informazione attraverso l’utilizzo di più mezzi quali possono essere il testo scritto, la fotografia, il video report, l’interattività.
Lo storytelling per immagini consente di creare touch point con il contenuto e un accesso alle news anche per i non consumatori di informazione. Il New York Times ad esempio, crea su Instagram delle stories con immagini e titoli accattivanti, diversi dalla notizia vera e propria per veicolare i contenuti tra i giovani. La vera rivoluzione tecnologica, che poi è diventata sociale e culturale, è stata l’introduzione dello smartphone, il quale racchiude in sé una vasta gamma di attività da poter svolgere ovunque. Inoltre, con l’avvento dei social, la notizia è diventata più veloce, più facile da reperire e più personale, come accade su Twitter infatti, i giornalisti spesso pubblicano dal proprio profilo le notizie. Nel giornalismo transmediale il canale mediatico scelto fornisce la chiave di accesso a un diverso tipo di pubblico e un possibile punto di ingresso nel mondo della storia.
Ad oggi non tutto il giornalismo è transmediale anche se si è sempre servito di più mezzi di comunicazione ma senza avere quell’insieme di narrazioni che cooperano insieme. Il transmedia journalism è un progetto che va in una logica di espansione e non di ripetizione; da la possibilità di aggiungere elementi alla storia, i quali singolarmente possono funzionare ma uniti compongono una narrazione più vasta. Fondamentale in questo tipo di giornalismo è la fidelizzazione che si può raggiungere dando alle audience la possibilità di essere protagoniste. Il coinvolgimento, la partecipazione, l’interattività sono importanti per riuscir a far navigare i fruitori in modo completo.
È possibile creare delle notizie in cui il consumatore può cliccare un contenuto ipertestuale, selezionare delle parti da leggere e guardare un video o una galleria d’immagini. Alla base di queste possibilità interattive c’è la costruzione di un transmedia script, ossia di un modello che anticipa l’atteggiamento (l’esperienza di consumo) del consumatore e lo sviluppa. Dall’alto si deve progettare una strategia commerciale di previsione delle diverse dimensioni e dei relativi approfondimenti attraverso molteplici punti di vista. Questo tipo di giornalismo richiede tempo e impegno poiché la notizia viene smontata e rimontata per essere approfondita attraverso diversi aspetti.
Non è un giornalismo mordi e fuggi ma uno slow journalism, di approfondimento, il quale predilige le inchieste. Il reportage infatti si svolge in un arco di tempo abbastanza ampio e ha bisogno di assemblaggio dei vari elementi e di un rimontaggio finale e coerente, che deve essere presentato sotto forma di articolo interattivo, contenente mappe, link, argomenti in pillole, video e giochi. Concentrandosi sugli sviluppi transmediali al riguardo, il tipo di evento che si sceglie è rilevante perché i principali eventi pianificati di solito:
- attirano vasti eventi domestici e pubblico internazionale;
- hanno il potenziale per coinvolgere e integrare il pubblico nella produzione di notizie;
- sono pianificati con largo anticipo;
- hanno quantità significative di risorse umane, tecniche e finanziarie disponibili;
- coinvolgono numerosi protagonisti e diverse storie.
Queste caratteristiche creano un ambiente adeguato allo sviluppo della produzione di notizie transmediali. Un esempio magistrale di notizia transmediale è rappresentato dall’inchiesta intitolata The Sochi project, iniziata nel 2009, nella quale il fotografo Rob Hornstra e lo scrittore Arnold van Bruggen hanno scoperto le storie non raccontate di Sochi, in Russia, che ha ospitato le Olimpiadi invernali del 2014. Con la scadenza dei Giochi 2014, la coppia ha cercato di fornire un’analisi di base di ciò che stava accadendo in questa regione, un’analisi non fatta dai politici e dalle solite teste parlanti, ma componendo lentamente una nuova immagine, facendo quasi un lavoro antropologico.
Il progetto è stato rilasciato a rate annuali in una varietà di formati, tra cui libri fotografici, “quaderni di schizzi” di giornali e un progetto di documentario interattivo online. “Per me, la narrazione non si tratta di viaggiare o di raccontare miliardi di storie”, ha detto Hornstra. “Per me, si tratta più di cercare di capire davvero alcuni problemi. […] Riconosciamo che non esiste un’unica risposta semplice, ma proviamo ad avvicinarci il più possibile alla risposta”.
L’espansione dei contenuti, al contrario della ripetizione dello stesso messaggio su più piattaforme, è l’essenza del giornalismo transmediale, dove l’arricchimento della narrazione è facilitato dal contenuto esteso. Il coinvolgimento del pubblico comporta meccanismi di interattività, come la selezione degli elementi da esplorare, la possibilità di leggere un testo, guardare un video, ingrandire fotografie, accedere a mappe, fare clic sui collegamenti ipertestuali e condividere le informazioni tramite i social network.
Il coinvolgimento del pubblico si occupa della partecipazione tramite, ad esempio, il remix del contenuto e la creazione di contenuti originali generati dall’utente. La pratica del giornalismo non esiste in modo isolato ma in relazione simbiotica con strutture le politiche, legali, economiche e tecnologiche di un Paese. In conclusione, è importante comprendere il contesto strutturale in cui viene prodotto il giornalismo e riuscire a renderlo dinamico, al passo con i tempi.
Direttore responsabile: Claudio Palazzi