Il covid-19 ha profondamente cambiato le nostre abitudini nella vita quotidiana sotto tantissimi punti di vista, ma forse l’unica cosa che è rimasta invariata, almeno a Roma, è l’enorme disagio nel trasporto pubblico. La quotidianità e il Covid. Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Che a Roma l’utilizzo dei mezzi pubblici sia sempre stato complicato è risaputo: aspettare un autobus per ore, ritardi rispetto agli orari stabiliti, poche corse che rendono stracolme determinate linee, percorsi di un’assurda lunghezza, poche fermate della metro concentrate in determinate zone. Prendere un autobus a Roma è sempre stata un occasione di dimostrare la propria capacità di adattamento e di sopravvivenza, tanto che, dopo un certo numero di anni spesi nella Capitale, non c’è nemmeno più l’indignazione o la sorpresa che invece si possono riscontrare sui volti dei turisti o dei nuovi arrivati.

Con la diffusione del Covid, questa situazione, già precaria, è enormemente peggiorata. Se durante l’estate l’enorme quantità di persone su uno stesso mezzo, quando la capienza inizialmente doveva essere al 80%, non è stata un problema, essendo appunto estate e di conseguenza essendo la città praticamente svuotata, con l’arrivo di settembre, della riaperture delle scuole, delle università, degli uffici, insomma con il ritorno a una quotidianità, la situazione si è fatta insostenibile.

Ore di attesa per un autobus che non fosse pieno di gente, tutti ammassati (sì con mascherina, ma in quella situazione forse serve a poco), file chilometriche ai tornelli delle metro, dei treni e sopratutto nessun tipo di controllo.

Era prevedibile? Sì. Ripeto: la situazione dei mezzi pubblici era già precaria precedentemente alla pandemia, era stato proposto un referendum per quanto riguarda l’azienda per la mobilità (attualmente l’Atac) che però non ha raggiunto il quorum necessario per la scarsissima partecipazione, ma adesso si esagera.

Ci sono proposte: Per esempio utilizzare i bus turistici per permettere l’aumento delle corse, ma sarebbe fattibile in una città dove il traffico è uno dei grandi problemi? Sì, forse avendo più corse, quindi in teoria una maggiore puntualità, molte persone lascerebbero la macchina in garage prediligendo i mezzi pubblici, ma in una situazione di pandemia quanti effettivamente lo farebbero?

Il problema del sovraffollamento dei mezzi pubblici è molto importante e andrebbe affrontato di pari passo con altre problematiche relative all’adattamento della quotidianità alle nuove norme di sicurezza. La colpa spesso viene fatta ricadere sui cittadini che, nonostante sappiano quale sia la capienza consentita, entrano comunque in un autobus, in un tram o in una metro che ha superato la percentuale di capienza consentita. Non è così semplice, però. Infatti molte persone usano i mezzi per recarsi a lavoro, all’università, a scuola, insomma per adempiere ai loro doveri molto spesso accompagnati da orari prestabiliti che se sforati creano problemi con i datori di lavoro, con i professori, di conseguenza un ritardo non è ammissibile, non sempre, non per tutti.

Inoltre, nel momento in cui, dopo gli avvenimenti di questa estate, si dovrebbe aver capito di non potersi fidare del senso civico degli italiani non sarebbe il caso di estendere i compiti dei controllori anche nella verifica della capienza?

Viene spontaneo pensare che l’attuale disorganizzazione dei mezzi pubblici,che crea anche dei pericoli, non solo a Roma ma in tantissime città italiane (basti pensare alle foto pubblicate della metro di Milano, sia la dimostrazione di quanto la situazione covid-19 non sia stata gestita nel migliore dei modi su vari fronti.

Ciò che forse rende più fastidiosa questa situazione sono coloro che attaccano il governo senza fare un esame di coscienza su quanto sia stato fatto, o meglio non fatto dai cittadini italiani. Quest’estate è stata un’estate Covid Free: discoteche aperte, gente per strada ammassata senza mascherina o con la mascherina sotto al naso, cortei negazionisti, “Non ce n’è Coviddi”, viaggi all’estero, feste private con cento persone. E’ stato come dimenticarsi dei morti, del lockdown, dei camion militari che portano via i corpi da Bergamo, dei sacrifici, delle persone che hanno perso il lavoro.

Si urla contro il governo che “vuole far morire di fame gli italiani” senza pensare che, purtroppo, in una situazione del genere Economia e Salute non possono e non devono andare di pari passo.

Si scende in piazza, distruggendo beni pubblici, macchine, vetrine dei negozi, più per ignoranza, per vandalismo tanto che le reali e valide proteste passano in secondo piano.

Ci si accanisce esclusivamente contro i giovani, considerati untori, ma camminando per strada si vedono adulti e anziani senza mascherina che passeggiano e chiacchierano come se non fosse successo niente, come se non ci fossero 30 mila contagi al giorno.

E’ un continuo scaricare la responsabilità su altri senza considerare quanto ognuno di noi potrebbe fare tanto, e invece, come numerose altre volte, il popolo piange lacrime di coccodrillo

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