Negli ultimi anni il termine “democrazia” è stato oggetto di numerose discussioni, a partire dal significato che essa assume nei vari contesti in cui si manifesta, fino ad arrivare alle modalità applicative dei valori e dei diritti a suo nome. Difatti non è sempre facile individuare il confine labile tra democrazia e potere, ci si è spesso chiesti se i due termini potessero convivere o se l’uno rappresentasse l’antitesi dell’altro. In questa prospettiva il ventesimo secolo è sicuramente testimone autorevole delle contraddizioni e delle ombre che ruotano intorno ad un concetto così centrale nel moderno dibattito geopolitico. Usa: tra democrazia e social network Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Le rivolte e le manifestazioni per la richiesta d’indipendenza, di riforme sociali, di libertà e di difesa dei diritti sono dilagate in tutto il mondo ad effetto domino. Le popolazioni scese nelle piazze in Cile, Spagna, Libano, Hong Kong hanno iniziato a mettere in luce le varie increspature di regimi che, sempre con maggior fatica, riescono a bilanciare la propria autorità con il benessere della collettività. Per la prima volta hanno iniziato a vacillare anche i punti di riferimento più forti e la tempesta è arrivata fin dove non ci si sarebbe mai aspettati. Gli Stati Uniti, da sempre pilastro portante della democrazia per eccellenza, sotto l’amministrazione Trump sono andati incontro a quello che è stato definito “a black day for US democracy”.

Cosa è successo negli USA?

Con l’elezione di Donald Trump come 45° presidente degli Stati Uniti la politica statunitense, e con essa l’equilibrio mondiale, ha cambiato direzione. Un personaggio eccentrico, carismatico e in un certo senso controverso. La sua politica si è trasformata in performance con un forte ascendente in particolare sulle masse, attraverso uno studiato ed efficace profilo comunicativo. “Make America Great Again!” è il motto che ha conquistato l’underground, coloro che hanno creduto nel sogno americano del successo e delle possibilità illimitate; ma la verità è che, spesso, la realtà è ben diversa dai sogni, e l’America ne ha pagato lo scotto. Gli eventi che hanno caratterizzato le elezioni presidenziali 2020, la conseguente vittoria del democratico Joe Biden e il successivo attacco al Campidoglio, sono solo la punta dell’iceberg.

Non è da sottovalutare il ruolo che in questo contesto hanno svolto i social network come veicoli del potere. In un gioco fatto di consensi, propaganda e popolarità al centro del quale si pone la figura stessa di Donald Trump, come colui che ha saputo sfruttare le risorse offerte dalle piattaforme online a proprio vantaggio ritrovandosene al contempo vittima contestabile. Si compie così un giro a 360° gradi da macchina di propaganda alla censura.

Trump, propaganda e censura

Libertà di pensiero e libertà di parola sono due principi cardine del modello democratico. Ne deriva dunque un utilizzo di internet, in particolare dei colossi della comunicazione social quali Facebook o Twitter, molto ampio ma soprattutto neutrale nei confronti della tipologia di contenuti creati e condivisi. Esprimere la propria opinione e creare spazi di confronto e discussione è sicuramente tra i vantaggi che ne conseguono ma, le parole, possono trasformarsi in un’arma a doppio taglio e dare vita a conseguenze pericolose. La propaganda di Trump, la stessa che ha fatto riemergere le forze suprematiste, quella del populismo più sfacciato, ha subito una battuta di arresto quando, di fronte alla vittoria delle elezioni presidenziali del suo rivale Joe Biden, l’ormai ex presidente, ha fomentato la folla di sostenitori che a Washington sono arrivati ad invadere il Campidoglio.

Trump ha utilizzato le piattaforme online come manipolazione della massa, ha dato modo a questi individui di sentirsi parte di qualcosa di grande, potente, importante: “Siete speciali” sono le parole rivolte ai terroristi che hanno attaccato il Congresso. Ha sfruttato in tal modo le frustrazioni di ognuno di loro facendo prevalere l’istinto più basso alla ragione; li ha salvati dalla solitudine, dal sentimento di inadeguatezza, ma allo stesso tempo li ha condannati ad essere strumento dei suoi stessi interessi, come pedine su una scacchiera. Alla luce di questi fatti Twitter e Facebook, hanno deciso di vietare l’account di Trump per cercare di porre un freno a quest’odio estremizzato e di salvaguardare la sicurezza pubblica. Una scelta difficile, non priva di critiche, di fronte alla quale ci si chiede se sia giusto che in una democrazia che si possa definire tale sia prevista una censura limitante dei concetti stessi di libertà di parola e di pensiero.

Il precedente giuridico

E’ la prima volta che i social network prendono una decisione di tale calibro, soprattutto di fronte ad uno scenario che ha lasciato il mondo incredulo e nei confronti di uno dei personaggi più influenti in assoluto. Lo sviluppo tecnologico ha creato nuove realtà online che si sono aperte a noi come territori inesplorati, motivo per cui spesso la natura giuridica sull’utilizzo delle piattaforme digitali e sui contenuti esposti è stata messa in discussione. Le complicazioni derivano proprio dalla mancanza di un’autorità competente in grado di effettuare un’attività di controllo e regolamentazione dei contenuti e di una disciplina autonoma di riferimento. Se è vero che lo spazio virtuale è uno spazio libero, è anche vero che nella società in cui viviamo esso viene sempre più utilizzato per scopi che hanno delle ricadute sull’assetto sociale e sulla funzione politica.

Nel corso del tempo all’interno dei social sono stati inseriti alcuni meccanismi di segnalazione per quanto riguarda elementi contenenti incitamento all’odio, alla violenza o bullismo. Inoltre la Corte Europea dei diritti dell’Uomo con la sentenza del 2 febbraio 2016 ha sancito la responsabilità dei gestori dei portali nel caso in cui siano presenti commenti di odio o minacce all’integrità fisica della persona e non siano stati tempestivamente rimossi. Il caso americano fa emergere la lacuna di una regolamentazione a livello internazionale per evitare che contenuti pubblicati possano ledere l’integrità dell’individuo o, addirittura, arrivare a costituire un pericolo per la sicurezza della nazione. In tale scenario quanto accaduto a Trump potrebbe rappresentare un precedente giuridico importante.

Il valore della democrazia

Rimane in ogni caso fondamentale preservare il valore democratico, le conquiste della democrazia e la difesa dei diritti di Bill of Rights assicurati ad ogni cittadino americano. Alla manipolazione dall’alto è necessario sostituire la partecipazione attiva dell’individuo consapevole dei propri diritti. Donald Trump è stato il primo presidente ad essere stato sottoposto a due impeachment per aver violato la Costituzione e ciò che è accaduto negli Stati Uniti riguarda tutti gli Stati democratici. Come affermò Erich Fromm “la vittoria su tutti i sistemi autoritari sarà possibile solo se la democrazia non batterà in ritirata, ma passerà all’offensiva e realizzerà ciò che hanno visto come suo scopo genuino coloro che hanno combattuto per la libertà negli ultimi secoli. Trionferà sulle forze del nichilismo solo se riuscirà a infondere negli individui quella fede che è la più forte di cui sia capace la mente umana, la fede nella libertà come realizzazione attiva e spontanea dell’io individuale.”

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