TH1RTEEN R3ASONS WHY

TH1RTEEN R3ASONS WHY è una serie televisiva statunitense basata sull’omonimo romanzo di Jay Asher, la cui prima stagione è stata rilasciata dalla piattaforme streaming Netflix nel 2017.

La prima stagione è stata acclamata dalla critica, che ha lodato l’interpretazione del cast e l’approccio a temi delicati come il suicidio, la violenza sessuale, l’omosessualità, le violenze domestiche e il bullismo, anche se la rappresentazione esplicita di tali temi ha generato dibattiti e controversie in numerosi Paesi. Le stagioni successive, invece, sono state accolte negativamente dalla critica. Ma andiamo con ordine.

La trama ruota intorno al suicidio di Hanna Baker: nella prima stagione il protagonista, Clay Jensen, ripercorrerà attraverso le cassette registrate dalla stessa Hanna i motivi, o meglio le vicende, che l’hanno spinta a un gesto tanto disperato. Le stagioni successive si sviluppano attorno ai personaggi presentati nelle cassette che, sempre nella prima stagione, vengono indicati come coloro che hanno spinto la giovane al suicidio.

Alla serie viene criticato di aver affrontato in modo superficiale problemi di grande spessore. Problemi di droga, di alcol, di genitori assenti, di omofobia, di bullismo. Su questa superficialità devo assolutamente dissentire. I produttori di 13 Reasons Why hanno voluto vedere come si sviluppa la psicologia degli adolescenti quando sono immersi in una determinata realtà. Realtà che, forse per comodità, viene criticata dagli adulti e ritenuta lontana dalla verità ma purtroppo non è così.

Viviamo in un epoca che spinge i ragazzi a comportarsi da adulti per poi criticarli nel momento in cui credono di esserlo; ci sentiamo sempre più grandi dell’età che abbiamo realmente, c’è una grandissima pressione sociale per cui ci sentiamo in dovere di adottare determinati ruoli e comportamenti per evitare di ledere all’immagine che crediamo di dover dare al resto del mondo e della società.

13 è una serie didascalica che descrive, a mio parere, perfettamente come gli adolescenti si approcciano alla crescita e a situazioni tossiche con le quali, purtroppo, tutti entriamo in contatto prima o poi, direttamente o indirettamente. Credo che tali problemi siano descritti attraverso gli occhi dei giovani, occhi spesso ingenui e approssimativi, che non si rendono quasi mai veramente conto della gravità di ciò che accade intorno a loro. Ovviamente determinate situazioni vengono estremizzate perché rimane comunque una serie, un teen drama, a voler essere più precisi.

Il ritmo sicuramente non è dinamico ma è una serie che parla soprattutto di crescita e, si sa, crescere non è un processo rapido e indolore, anzi tutt’altro. A crescere si impiegano anni, è un percorso durante il quale ci si perde per poi ritrovarsi e credo che ciò sia perfettamente rappresentato nella serie che nel corso delle quattro stagioni vede l’evolversi dei vari personaggi che da tipi diventano individui. Anche il fatto che alcuni personaggi siano stereotipati ritengo sia voluto dagli sceneggiatori perché devono essere rappresentate dinamiche complesse, spesso e giustamente estremizzate, in modo tale che sia possibile a tutti comprenderle a pieno. A maggior ragione questa iniziale stereotipizzazione permette di notare con maggiore facilità quella che è la crescita di ciascun personaggio.

Sicuramente vi è uno squilibrio, per quanto riguarda la prima stagione, tra i vari personaggi che si trovano nelle cassette. Bryce, presente per due stupri, stona se paragonato a Zack o ad Alex. La verità è che invece questa serie pone l’accento su comportamenti che sembrano banali e senza significato che, per chi è in un determinato sistema magari ritiene siano insignificanti, ma che, col passare del tempo, permeano una persona turbandone la personalità. È questo uno dei sensi di 13 Reasons Why ed è questo anche il motivo per cui le tredici puntate sono caratterizzate da un climax ascendente che culmina con lo stupro ad opera di Bryce.

“La serie giustifica il suicidio?”, si sono chiesti in tanti. Assolutamente no! Inquadra problemi di tutti giorni, così assorbiti dalla routine da essere considerati normali, e dimostra che, invece, non sono da nulla. 13 dimostra che etichettare una compagna di classe come puttana perché gli altri hanno deciso che è così, non è giusto. Che essere oggettificati, indicati come “Il ragazzo gay”, “La ragazza con un bel culo”, “La bruttina che sembra la befana” giorno dopo giorno è pesante. 13 ci presenta tredici persone tutte con caratteri e modi di reagire differenti, ci presenta quello che fanno e quello che subiscono e lo fa senza alcun filtro e senza alcuna pietà. C’è chi reagisce in un modo, chi un altro, chi non reagisce affatto, chi accumula e poi esplode. La brutale veridicità di questa serie è il suo più grande pregio.

Va comunque fatta una distinzione tra le varie stagioni.

La prima stagione innesca nello spettatore un’enorme curiosità che innesca un meccanismo che spinge a caricare la puntata successiva per capire perché Clay è su quelle maledette cassette. Nel frattempo ci fa conoscere altri personaggi, ci fa gioire, spaventare, emozionare, riflettere su di noi, sulla nostra vita, sui nostri errori. E’ una serie che diventa nostra, diventa di chiunque la guardi perché è talmente tanto realistica, soprattutto per i giovani, che non puoi non appassionarti.

Ecco, poi arriva la seconda stagione e già lì un po’ di critiche sono state fatte a priori. C’era veramente bisogno di un seconda stagione quando la prima era in se completa? Poi la terza e quarta stagione portano a un livello talmente basso a livello di trama, tra incongruenze e forzature, che spezzano qualsiasi legame sia stato creato con quello spettacolo della prima stagione. Inconfutabile, però, resta la bravura degli attori, la loro ottima interpretazione, la colonna sonora, romantica, misteriosa, tragica, che spazia da Billie Eilish a Lord Huron, da The Cure a The Call.

Per concludere, a chiunque voglia cominciare questa serie, consiglio di iniziare la visione della prima stagione e fermarsi lì, nell’ottica che, effettivamente, quella è la vera e propria serie.

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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