LA RIAPERTURA DELLE SCUOLE

“L’estate sta finendo, un anno se ne va”, recitava una canzone più o meno famosa dell’85, e che settembre sia. Questo mese è fatto principalmente di ritorni: nelle città, al lavoro, ma soprattutto nelle scuole. Un ritorno, quest’ultimo, che significa tanto.

Da marzo 2020 l’intero settore dell’istruzione ha viaggiato a marce notevolmente ridotte. Per quel che riguarda l’Università, questa ha continuato, durante il periodo di emergenza, a “produrre”: tramite video-lezioni e sessioni di laurea sostenute, nella maggior parte dei casi, online, ha continuato ad erogare servizi. Ma con un’unica nota negativa: la quasi totale interruzione dei tirocini per gli studenti universitari.

Discorso diverso per i livelli “inferiori” dell’istruzione: video-lezioni (che hanno raggiunto il 30% degli studenti), maturità in versione esclusivamente orale e ora circa 8 milioni di studenti sono pronti a tornare sui banchi di scuola, ma purtroppo, ancora non si sa bene come.

DIMMI DOVE E QUANDO

Dopo una confusione generale il Governo ha stabilito una data unica a livello nazionale per l’apertura delle scuole 2020: il 14 settembre. Questo termine è stato rispettato, tra le altre, da Veneto, Marche ed Emilia-Romagna, mentre si conferma la tendenza, neanche troppo recente, per alcune Regioni di decidere in autonomia: Calabria, Abruzzo e Puglia hanno già provveduto a posticipare l’apertura delle scuole, ma adesso anche altre Regioni vorrebbero rinviare la riapertura, come la Sardegna, in cui si ricomincerà il 22 settembre.

Dunque l’intenzione di posticipare l’avvio del nuovo anno scolastico, iniziato ufficialmente l’1 settembre per la programmazione delle attività didattiche e i corsi di recupero per gli studenti, è di più Regioni italiane, mentre in Trentino addirittura si anticipa: il 7 settembre.

Ma con quali problematiche si torna? La prima riguarda il corpo docenti e personale scolastico, circa 1 milione di impiegati. Troppo pochi per il “gran ritorno”, e di conseguenza, negli ultimi giorni, vengono promosse nuove assunzioni nel settore, ma dei concorsi si sa, ad oggi, poco e nulla.

Un ulteriore problema è rappresentato dalle misure di contrasto al coronavirus che potranno esser garantite nelle 40 mila sedi scolastiche (ne mancano ancora mille), e anche qui, nuove assunzioni sono previste per il settore sociosanitario, che avrà una funzione essenziale.

Ed infine, come ha ricordato la ministra per le Pari opportunità e Famiglia, Elena Bonetti, servono i soldi del Mes per l’edilizia scolastica, già precedentemente affetta da carenze, aggravate dal necessario distanziamento sociale, fulcro fondamentale del ritorno nelle scuole, affianco all’uso, e ad una vasta fornitura, di mascherine e gel (con un consumo, per le prime, stimato a circa 11 milioni di pezzi giornalieri, e per i secondi, stimato a circa 170mila litri a settimana).

QUANTO E’ IMPORTANTE IL RITORNO PER GLI STUDENTI?

Nel 1859 con la legge Casati l’Italia, di lì a poco unita e a cui venne estesa tale impostazione del sistema scolastico, si dotava di uno strumento necessario, ai tempi dell’epoca: un ciclo inferiore biennale, obbligatorio e gratuito, istituito in luoghi con una frequenza minima assicurata, e un ciclo superiore, anch’esso biennale, presente solo nei comuni sede di istituti secondari o con popolazione superiore a 4.000 abitanti. Questa fu una tra le più avanzate leggi europee sull’istruzione.

Dalla successiva riforma del sistema scolastico, la Legge Gentile del 1923, fino ad oggi sono intervenute molte modifiche, più o meno sostanziali.

Ad inizi anni 2000 con Luigi Berlinguer e la riforma degli esami di Stato del secondo ciclo, assieme al tentativo di riforma dei cicli scolastici con la riduzione di un anno del percorso scolastico, veniva introdotta la possibilità per uno studente di non proseguire il proprio corso di studi purché fosse in possesso di una licenza media, ma non solo, infatti il provvedimento imponeva l’obbligo ad una formazione professionale fino ai 18 anni al termine dei quali bisognava comunque conseguire un diploma, la prima esperienza di alternanza “scuola-lavoro”.

Il piano di Berlinguer, però, fu presto abrogato, cedendo il posto alla riforma Moratti, nel 2003: questa prevedeva modifiche sostanziali nell’ordinamento scolastico italiano, tra le quali: l’abolizione dell’esame di licenza elementare, la riduzione del ‘tempo a scuola’, nuovi programmi di storia, geografia e scienza e l’innalzamento dell’obbligo scolastico.

Una riforma che scatenò proteste e manifestazioni, e che nel 2006 viene abrogata.

Il seguente Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, rimise le mani sul sistema scolastico: tra le novità in materia di scuola introdusse l’obbligo di istruzione elevato a 10 anni e il conseguimento obbligatorio di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età, insieme all’istituzione del famoso esame d’ammissione di fine agosto, per gli studenti con debito scolastico. Venne riformata anche la maturità, con le commissioni che tornarono ad essere per metà esterne e per metà composte da docenti interni.

Nel 2008 è invece il turno della riforma scolastica di Maria Stella Gelmini, che viene ricordata principalmente per aver tagliato la spesa per l’istruzione riducendo il numero degli insegnanti e per le manifestazioni e cortei studenteschi, tipici di quegli anni.

Il frenetico susseguirsi dei Governi, fino ad oggi, ci porta alla nuova ministra Lucia Azzolina, la quale cercherà di far sposare gli obiettivi ministeriali alle necessità dettate dalla crisi del coronavirus. È fermamente convinta dell’importanza di un ritorno a scuola. A tutti i costi.

Tale importanza comunque è confermata anche dalla tradizione culturale dell’Italia, che ha fatto dell’istruzioni una “cosa per tutti”. E sono proprio i “tutti”, ossia gli studenti di oggi, dopo mesi in casa e un’estate di ripresa, che necessitano di tornare, per un innato spirito di condivisione e di voglia di stare in gruppo, oltre che per un motivo, valido per tutti: l’istruzione è il motore dell’innovazione e dell’invenzione e se si ferma, siamo perduti.

L’ISTRUZIONE NELLA STORIA

L’epoca in cui viviamo è caratterizzata da un’elevata complessità degli strumenti di produzione di reddito: industriale, finanziaria o agricola.

La società globale necessita di una preparazione elevata, come anche succedeva in passato: all’inizio della prima rivoluzione industriale, in Gran Bretagna, uno dei fattori scatenanti del progresso fu la tendenza della società inglese a fare meno figli e di conseguenza ad investire di più su questi, attraverso l’istruzione. Ciò avvenne con la diffusione dello European Marriage Pattern, subito dopo la Peste Nera.

Mentre invece, all’indomani della Restaurazione fu un basso livello di istruzione la causa dell’attaccamento alle terre, e di una conseguente perdita di terreno nel commercio internazionale, nella Francia che faticava ad agganciare i livelli economici dei Paesi europei.

Fu nuovamente l’istruzione a spingere l’Europa verso la terza rivoluzione industriale, tutt’ora in corso, basata sulle energie alternative, su materiali artificiali e sulla biochimica, poiché queste innovazioni furono possibili solo grazie ad una elevata expertise, ben oltre il livello universitario.

La scuola avrà sicuramente inizio, come già detto, a delle condizioni ancora da stabilire, ma con nuova forza lavoro e con, forse, una nuova visione da parte degli studenti, consci dopo l’allontanamento forzato, dell’importanza dell’ambiente scolastico.

I presupposti per una valorizzazione dell’intero ci sono: la lavagna è quasi pronta, ma manca ancora il gessetto.

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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