Dai giochi da tavolo allo smartphone, dal flipper al bar alla playstation in camera, dalle partite a carte alle slotmachine; se un tempo l’universo “ludico” era sinonimo di socialità, oggi lo stesso è spesso sinonimo di dipendenza ed isolamento.                                      Sempre più frequentemente nuove e più vecchie generazioni sembrano schiave dell’universo virtuale da cui sono sommerse: quello di passare da semplici passatempi elettronici allo sviluppo di atteggiamenti ludopatici è un rischio reale, che ormai non si può più ignorare.Le diverse sfumature della ludopatia: dai videogame al gioco d’azzardo Direttore Claudio Palazzi
Ludopatia ed “universo virtuale”
Che lo sviluppo tecnologico degli ultimi 30 anni abbia cambiato radicalmente le nostre vite, è un fatto ormai appurato: se tuttavia agli antipodi si riscontrava una certa sensibilità nell’approccio al mondo virtuale, oggi la stessa sembra essere completamente svanita.

Accade infatti sempre più spesso, in particolare tra le nuove generazioni, che la vita “on-line” surclassi spesso quella “off-line”: se anche solo un decennio fa si rabbrividiva all’immagine di un bambino delle elementari alle prese con il proprio smartphone, piuttosto che a giocare “all’aperto” con i suoi coetanei, oggi quella stessa dinamica sembra essere la normalità.Le diverse sfumature della ludopatia: dai videogame al gioco d’azzardo

Sì, perché se le vecchie generazioni possedevano una sorta di distanza da quel mondo tecnologico che tanto le affascinava, le nuove ne risultano completamente immerse ed attratte, senza possibilità di scampo: istruzione, rapporti sociali, ma soprattutto lo svago; tutto sembra ruotare intorno all’universo virtuale, che dal canto suo nasconde più che bene i suoi pericoli, alla stregua di un mago con i suoi trucchi.

La deriva più pericolosa, sostengono in molti, risiede però proprio nel rapporto che si è instaurato tra la nozione di “svago” rapportata al mondo virtuale, ed i giovani: sempre più spesso ragazzi e ragazze sembrano incollati agli schermi di pc, tablet, smartphone e televisori, quasi fossero loro gli automi; i videogiochi diventano sempre più reali e complessi, le dinamiche sono sempre più frenetiche ed imprevedibili, spesso simili a quelle del classico gioco d’azzardo.                                                                                          La formula del “nuovo divertimento” sembra così ruotare intorno a due concetti un tempo antitetici alla nozione di svago: dipendenza ed isolamento.

Dall’infanzia all’età adulta: forme e pericoli della ludopatia
La ludopatia spesso si presenta come un nemico silenzioso ed invisibile, difficile da captare nell’immediato: è un’attitudine di dipendenza morbosa verso il gioco, che gli individui sviluppano di norma progressivamente con il passare del tempo.                                  Spesso, quasi implicitamente, siamo portati ad individuarla e associarla al classico gioco d’azzardo: in realtà l’atteggiamento ludopatico può assumere le più svariate forme, nella maggior parte dei casi differenti a seconda della fascia d’età che prendiamo come riferimento.Le diverse sfumature della ludopatia: dai videogame al gioco d’azzardo

Sebbene infatti genericamente parlando, il campanello d’allarme scatta nel momento in cui si verificano frequenti “perdite di denaro”, l’atteggiamento ludopatico in realtà può nascondersi spesso dietro un’inclinazione sviluppata durante l’infanzia e l’adolescenza, per poi rivelarsi nelle sue forme più nocive durante l’età adulta.

Soprattutto negli ultimi 10 anni, lo sviluppo di console, smartphone, tablet e più in generale “devices” elettronici ha cambiato radicalmente l’approccio spontaneo e spesso innocente dei più giovani verso il mondo ludico.                                                                                  La componente del divertimento spesso risulta inglobata in quella della competitività; le nuove dinamiche di gioco richiedono sempre più attenzione e dedizione, spesso ricalcano addirittura gli schemi classici del sopracitato gioco d’azzardo, aprendo così ad una possibile dipendenza a medio-lungo termine.

Il risultato è che ragazzi e ragazze, spesso addirittura bambini e bambine, si rapportano al mondo ludico non come una distrazione o uno sfogo, ma quasi come fosse l’aspetto più preponderante delle loro vite: non è un caso se oggi giorno la maggior parte dei più giovani preferisce far parte di una “community virtuale” piuttosto che di una squadra sportiva, così come di incontrarsi virtualmente piuttosto che personalmente.

Sempre più spesso quando subentra la noia, l’universo virtuale sembra essere il primo rifugio verso cui si è diretti: bambini, adolescenti, alle volte anche adulti, si rifugiano quasi inconsciamente in un mondo parallelo in cui preoccupazioni, aspirazioni e riflessioni sembrano non esistere più.

Se nei primi approcci poi, a prevalere sono il sollievo e la spensieratezza tipici di una dimensione virtuale e ludica, alla lunga questa finisce spesso per prendere il sopravvento sulla vita reale: quando poi quell’iniziale soddisfazione diminuisce e subentra di nuovo la noia, il pericolo di incappare in giochi più remunerativi ed imprevedibili diventa sempre più reale, quasi come ci si trovasse immersi in un circolo vizioso da cui ormai sembra impossibile uscire.

Per rendersi conto della portata di questo fenomeno, basti pensare che l’industria dei videogiochi ha sbancato il mercato, arrivando a toccare nel 2020, 175 miliardi di dollari di ricavi con più di 2,7 miliardi di gamer in tutto il mondo, mostrandosi in definitiva insuscettibile a qualunque tipo di crisi.

La nuova industria del gioco: gaming competitivo, streaming, azzardo on-line
Se i dati dell’Osservatorio nazionale dicono che i malati effettivi di ludopatia in Italia sono 1,3 milioni, con una vera e propria diagnosi accertata di dipendenza patologica, il problema è molto più reale di quello che si può immaginare: a far riflettere poi è anche il binomio gioco-denaro, sempre più presente anche in quelle categorie di giochi dirette principalmente ad un pubblico di minorenni.

L’industria del gioco negli anni si è evoluta sulla base delle preferenze dei suoi consumatori, puntando però molto più sull’accessibilità diffusa del titolo e sulle ore di gioco da impiegare, piuttosto che sul prezzo da sostenere per l’acquisto di quello: il risultato è quello per cui se da una parte il titolo risulta gratuito, dall’altro la spesa reale si concentra su dinamiche e aspetti accessori al gioco stesso, a volte imprevedibili e spesso ininfluenti di per sé se non per il giocatore stesso.

Emblematici in questo senso sono ad esempio i casi dei titoli “Fifa” e “Fortnite”: nel primo, nonostante le modalità di gioco siano gratuite, è possibile spendere senza limiti per l’acquisto di “pacchetti” contenenti giocatori da aggiungere alla propria squadra per rinforzarla, con dinamiche tipiche del gioco d’azzardo (tanto da essere state bloccate in diversi paesi europei). Nel secondo caso invece, la spesa si concentra su costumi e accessori dell’avatar virtuale, molto in voga soprattutto tra bambini e adolescenti.

Ciò che dovrebbe far riflettere, è il fatto per cui la spesa sostenuta riguarda aspetti di per sé insiti e superficiali al gioco stesso: tramite il denaro infatti non si acquistano componenti aggiuntive o altri prodotti fisici, ma si accumulano punti o “costumi” con cui personalizzare e ampliare la propria esperienza di gioco.

Negli ultimi 5 anni poi, al fenomeno del gaming si è affiancato quello dello streaming: attraverso la piattaforma “Twitch” ad esempio, è possibile seguire innumerevoli “streamer” giocare ai videogiochi, pagando abbonamenti mensili.                                                      Il paradosso sta proprio nel pagare una piattaforma di intrattenimento che però di per sé non prevede alcuna interazione diretta o forma d’intrattenimento esclusiva: sostanzialmente si paga per vedere altri individui giocare.

Se tuttavia la spesa per accessori e streaming può essere contenuta, diversa è la situazione per il gioco d’azzardo.                                                                                                Dal poker online alla roulette virtuale, dalle scommesse alle slotmachine, sempre più individui cadono nella tentazione di tentare la fortuna senza rendersi conto della “schiavitù” che inizia a contraddistinguerli.

Se poi un tempo il gioco d’azzardo andava di pari passo con la presenza “fisica” del giocatore, oggi è possibile scommettere anche da casa, aprendosi un conto on-line e accedendo tramite gli stessi devices con cui magari durante l’adolescenza ci si limitava semplicemente a distrarre.

Spesso poi a spronare verso il gioco d’azzardo troviamo ingenti bonus gratuiti relativi alla semplice iscrizione, dinamiche che ricordano quelle innocenti dei videogame, a cui si aggiunge poi la semplicità di evadere controlli relativi all’età proprio grazie alla mediazione di uno schermo; per non parlare dell’ebrezza percepita dopo una vincita, se pur casuale o minima.Le diverse sfumature della ludopatia: dai videogame al gioco d’azzardo

Quello del gioco d’azzardo è un fenomeno da tenere sempre più sotto controllo: se in passato infatti si contraddistingueva per un’accezione a dir poco negativa, negli anni la sua progressiva diffusione fra le più disparate fasce d’età ha affievolito gli attributi più dispregiativi a scapito delle potenziali opportunità di vincita, che però nella maggior parte dei casi risultano minime se paragonate alla spesa investita.

Dagli adolescenti, passando per i più adulti, fino ad arrivare addirittura ai più anziani; nonostante la crescente regolamentazione e sensibilizzazione da parte dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, la ludopatia continua ad essere una piaga difficile da sconfiggere: se non si agisce drasticamente, il pericolo è che rientri gradualmente sempre più nei canoni della normalità.

Dipendenza o semplice passione?                                                                              Gli effetti e le dinamiche dell’universo ludico secondo alcune opinioni comuni
Per evidenziare il rapporto che negli anni può strutturarsi con l’universo ludico, abbiamo chiesto ad alcuni semplici cittadini di raccontarci le loro dirette esperienze, cercando di mettere in evidenza sensazioni, abitudini e riflessioni che spesso risultano passare in secondo piano se paragonate all’esperienza stessa del gioco.

Abbiamo quindi incontrato Pierpaolo, un ragazzo di 25 anni, pizzaiolo di professione e appassionato di videogame, che ha voluto raccontarci la sua esperienza:

Quando hai iniziato ad appassionarti al mondo dei videogame?

-“Ho iniziato ad appassionarmi al mondo dei videogame con la prima playstation e i primi gameboy, mi ricordo che da piccolo passavo intere giornate a giocare a qualsiasi tipo di gioco e chiedevo sempre ai miei genitori altri giochi nuovi”.

-Quante ore giochi più o meno di media ogni giorno?

-“In media gioco dalle 4-5 ore al giorno non consecutive, preferisco fare una pausa ogni tanto per fare uno spuntino veloce o per rilassarmi, anche perché giocando vicino allo schermo dopo un po’ comincio a provare fastidio gli occhi”.

-Quali sono le principali sensazioni che provi quando sei impegnato in quest’attività?                                                                                                    -“Mentre gioco molte volte mi sento felice: mi diverto tanto soprattutto quando gioco con gli amici. Altre volte invece i videogiochi li vedo come un’alternativa ai momenti di noia, o come valvola di sfogo per quando mi sento nervoso”.

-Ti è mai capitato di provare un qualche tipo di dipendenza in relazione al gioco virtuale?                                                                                                                    -“Una certa dipendenza non l’ho mai avuta perché il gioco l’ho sempre inteso come un divertimento e non come un bisogno principale; però devo ammettere di aver passato momenti dove ho giocato per tanto tempo, perché preso da un determinato videogame, e di aver speso anche soldi per ottenere vantaggi”.                                                              -Ti sei mai sentito estraniato rispetto alla realtà che ti circonda, in seguito a diverse ore di gioco?                                                                                              -“Sì, dopo molte ore consecutive di gioco quando esco di casa qualche volta mi sento estraniato: quando si gioca per tanto tempo, si crea una diversa realtà rispetto a quella reale che ti circonda; ovviamente più ore passi a giocare e più ti senti preso ed estraniato, per questo cerco di evitare di giocare per più ore consecutive”.

-Secondo te, nel mondo dei videogiochi, ci sono alcune dinamiche che possono ricordare il gioco d’azzardo?                                                                                    -“Sì, certi giochi possono ricordare queste dinamiche. Basta pensare che esistono giochi dove puoi scommettere soldi virtuali in poker o videomachine, o altri videogiochi dove in cambio di soldi reali hai la possibilità di ottenere premi casuali. Molti giochi negli ultimi anni spingono le persone a spendere soldi per ottenere benefici”.

-Secondo te, quali sono i principali effetti negativi provocati dal mondo dei videogiochi?                                                                                                              -“I principali effetti negativi dei videogiochi secondo me potrebbero essere il distacco della persona dalla realtà, chiudendo così la stessa in un mondo diverso e lontano da quello vero; così come la difficoltà nel relazionarsi con le altre persone dal vivo, perché abituati a comunicare a distanza”.

-Secondo te, è possibile trovare una correlazione tra la passione per i videogiochi e quella per il gioco d’azzardo?                                                                              -“Secondo me dipende molto dal tipo di persona: adesso esistono così tante varietà di videogiochi che è facile poter avere la tentazione di passare al gioco d’azzardo. Bisogna saper essere lucidi e capire la distinzione tra i due tipi di gioco, e soprattutto prendere i videogame per quello che sono: una semplice fonte di divertimento”.

Gabriele invece è un ragazzo che ha da poco compiuto 18 anni, di mestiere fa il magazziniere e anche lui, come gran parte dei ragazzi della sua generazione, condivide una certa passione per il mondo virtuale:

-Quante ore passi in media al cellulare o giocando ai videogame?                            -“Dipende: in settimana, lavorando, relativamente poco; ma se sono a casa senza fare nulla, ci sto “attaccato” per tutto il tempo”.

–Hai mai provato una certa dipendenza in relazione al cellulare o al mondo dei videogame?                                                                                                            -“Sì, diciamo che mi capita spesso di tirare fuori il cellulare, magari senza nessun motivo. Quando ero poco più piccolo invece, in particolare giocando a Fifa, il gioco di calcio, se non aprivo nuovi “pacchetti” su “Fifa Ultimate Team” tendevo ad innervosirmi molto facilmente”.

-Quali sensazioni provi mentre sei impegnato in queste attività?                             -“Con il cellulare diciamo che non ho mai provato sensazioni particolari; con i videogame invece, dipende da come va: se perdo ovviamente mi arrabbio”.

-Ti sei mai sentito estraniato dalla realtà dopo aver passato molto tempo a giocare o a distrarti con il cellulare?                                                                        -“In verità no, non mi è mai capitato”.

-Secondo te quali sono gli effetti negativi più importanti che attività come queste possono provocare?

-“Secondo me dipende dai giochi: ad esempio titoli come Fifa 22, o comunque giochi in cui in generale per rendere l’esperienza più bella sei portato a spendere denaro, possono influenzare molto i ragazzi più piccoli, spingendoli a comprare contenuti aggiuntivi; magari anche influenzati da YouTubers o comunque da altri ragazzi in generale più grandi, che sono più forti in quel gioco”.

-Hai mai trovato delle similitudini tra le dinamiche che caratterizzano i videogame ed il gioco d’azzardo?

-“Sì, perché anche sui videogame in quasi ogni gioco puoi comprare punti, pacchetti, o altri contenuti aggiuntivi “alla cieca” del genere. Infatti secondo me in questo senso è sempre un “gioco d’azzardo”, solo che non essendo quello tipico che s’intende di solito, non è vietato ai minori: ma aprire “pacchetti” e non sapere cosa c’è dentro, in qualche modo è “gioco d’azzardo”, infatti mi fa ridere che non venga considerato nello stesso modo”.

-Secondo te esiste, se esiste, una correlazione fra il gioco d’azzardo ed i videogame?

-“Come ho già risposto prima: sì, secondo me esiste”.

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