TRA BAROCCO E CLASSICISMO

Nel profondo sud italiano, lì dove il tacco affonda tra lo Ionio e l’Adriatico, spunta una piccola cittadina, circondata da immensi paesaggi rurali: Lecce. A detta di molti è la ‘piccola Firenze’, o ‘Firenze del sud’. L’immenso patrimonio artistico che offre le ha dato questa nomea. In più, le innumerevoli peculiarità stilistiche di cui gode la rendono diversa da qualsiasi città: una su tutte è la pietra leccese, di un colore quasi giallastro, unico nel suo genere. È questa roccia calcarea a rivestire il centro storico del capoluogo salentino, che al tramonto risplende tra l’oro dei palazzi antichi. La città pugliese ha conosciuto il periodo di massimo splendore durante il XVII secolo, in epoca barocca, ma affonda le radici in un’età ben lontana: l’Impero romano.

 

LA LUPIAE ANTICA 

Seppure il Salento fosse colonizzato da una popolazione indigena, i Messapi, è solo grazie al dominio dei romani che ha acquisito notorietà, nonché valore a livello stilistico. Un grande anfiteatro sorge al centro di piazza Sant’Oronzo, e nelle vicinanze è possibile ancora scorgere le strade dell’epoca, oggi sepolte sotto circa tre metri di terreno. Il nome con cui era conosciuta nel resto del mondo latino era ‘Lupiae’. Nei suoi pressi, all’epoca, nasceva uno dei più famosi autori latini: Quinto Ennio. Il periodo di massimo splendore della città salentina era arrivato sotto la guida dell’imperatore Marco Aurelio, anche se il nucleo principale fu spostato di circa tre chilometri durante il governo di Adriano. 

DAL MEDIOEVO AL BAROCCO

Tra medioevo e rinascimento la città è stata trasformata notevolmente e, soprattutto, conquistata da innumerevoli popoli: dai bizantini ai longobardi, dai normanni a

i Borbone. Nel 1539 il Re Carlo V d’Asburgo fece costruire un imponente castello, recentemente ristrutturato e promettente meta turistica. Il fiore all’occhiello di Lecce, però, rest

a tutt’ora la bellissima basilica di Santa Croce, terminata nel 1646. Un rosone centrale che le fa da occhio, splendide decorazioni scolpite sulla pietra, un colore unico nel suo genere: Santa Croce è uno dei simboli più importanti del Barocco italiano. Fu così voluta che, i

ntorno al 1510, si ritenne necessario espropriare i terreni ebraici pur di costruirla.

 

UNA CITTÀ ALL’INSEGNA DELL’ACCOGLIENZA

Il popolo salentino è come tutti i popoli del sud, rispetta un clima familiare e dimostra che ad essere caldo non è solo il colore della pietra. Tra l’affetto e l’accoglienza eccelle l’importanza culinaria, legata specialmente ai piatti poveri. Sua maestà il ‘Pasticciotto’, è così che lo invocano i leccesi: un dolce nato quasi per caso. Un guscio di pasta frolla avvolge la crema pasticciera bollente. La gente lo offre agli ospiti, lo gusta a colazione o dopo un pranzo familiare. Lecce è anche questo: condivisione. È impossibile sedersi a tavola in pochi e, altrettanto improbabile alzarsi senza essere sazi. Il paesaggio rurale della zona garantisce un periodo di raccolte efficiente: la varietà di frutta, legumi e verdure è davvero ricca; impossibile visitare Lecce e non assaggiare la famosa ‘Ciceri e tria’, pasta fresca condita con ceci croccanti.

 

LE VERITÀ NASCOSTE NELL’ORO

I pregi di questa piccola ‘bomboniera’ spesso coprono la triste realtà che investe vari settori. Solo vivere a Lecce, talvolta, ti rende così sensibile a questi problemi: le infrastrutture sono poche, e insieme ad esse le opportunità di lavoro. Lecce è una città tra due mari, che l’estate diventano stracolmi di un turismo sfrenato. Ma l’inverno, spesso, la città non offre alternative valide per scappare dalla monotonia. Vittorio Bodini, noto poeta contemporaneo, lo sapeva bene:

il seme della noia schiude i suoi fiori arcignamente arguti e come per scommes

sa un carnevale di pietra simula in mille guise l’infinito”.

Lo stilista francese Dior ha utilizzato questo scorcio di poesia proprio in occasione di una sfilata, tenutasi proprio a Lecce, circa due anni fa. Lo spot della casa di moda francese ha, però, ignorato il vero significato della poesia: Bodini era ampiamente convinto che dietro la bellezza del Barocco ci fosse una monotonia molto intensa, e di colpo quel chiarore pomeridiano dei palazzi diventava un’afa insopportabile. Era quasi impossibile a volte scappare dalla noia che lo avvolgeva. 

IL TRISTE FUTURO AL SUD

 Cinquant’anni dopo questi versi, ben poco è cambiato: molti giovani realizzano che il proprio futuro è altrove, dove ci possa essere spazio per sentirsi realizzati. Sono sempre di più gli studenti fuorisede salentini che non tornano a casa, ma preferiscono stabilizzarsi in altre città; sono altrettanti i lavoratori che hanno poche opportunità per fare carriera; eppure, quella bellezza è difficile da dimenticare, oltre le prospettive di vita, e c’è chi sogna sempre di tornare a guardare quel chiarore pomeridiano.

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