Legge di Bilancio 2019: l’Italia ripartirà davvero?

La legge di Bilancio è la manovra più importante varata da un governo. È il documento in cui vi sono le entrate e le uscite riguardanti la spesa pubblica del nuovo anno, nonché le rispettive coperture finanziarie.

La cosiddetta “manovra” aveva già scatenato varie polemiche con l’Europa nei mesi precedenti. Alla fine, il governo Conte aveva concluso un accordo che ha evitato l’avvio della procedura per deficit eccessivo. Il decreto, infatti, prevede un deficit del 2%. Quindi un indebitamento minore rispetto a quello annunciato ad ottobre dal viceministro Luigi di Maio del 2,4%.

Le misure più discusse sono:

Reddito di cittadinanza: partirà ad aprile 2019 e riguarderà più di 4 milioni di persone. Per ottenerlo bisogna essere residenti in Italia da più di 10 anni, avere un ISEE inferiore a 9360 euro e un valore patrimoniale inferiore ai 30.000 euro. Una volta ottenuto, per mantenerlo bisogna offrire 8 ore settimanali ai lavori socialmente utili, cercare lavoro per almeno 2 ore al giorno e accettare una delle prime 3 offerte di lavoro. In caso di rifiuto, il cittadino perderà il diritto al reddito. Inoltre, le spese verranno tracciate al fine di evitare l’uso del reddito per quelle “superflue”.

Questa misura pone più di un interrogativo. Sebbene sia legittimo il controllo al fine di evitare i “furbetti”, non viene posta alcuna attenzione sui destinatari, i quali appartengono a diverse fasce d’età, provengono da esperienze diverse, hanno competenze differenti. Accettare il reddito significa inserirsi in un ciclo di obblighi focalizzati solamente all’impiego della persona in un lavoro qualsiasi, senza alcuna progettualità futura. Ci sarebbe poi anche il nodo del trasferimento: che succede se l’occupazione si trova abbastanza lontano da obbligare ad un cambio di domicilio? Sarà possibile rifiutarla senza perdere il reddito? E ancora, il procedimento è lo stesso per un disoccupato over 50 e per un giovane che ha appena conseguito la maggior età? I percorsi di formazione sembrano del tutto assenti, sebbene sia previsto il potenziamento dei centri per l’impiego. Bisognerà aspettare di vedere l’attuazione della manovra per effettuare le prime valutazioni di questa nuova riforma. 

Quota 100: vi sarà la possibilità di andare in pensione a 62 anni, con almeno 38 anni di contributi. Questo punto è attualmente molto dibattuto. Sono state ricevute critiche dal presidente dell’INPS Tito Boeri, il quale sottolinea che, per come è pensata, essa risulta incompatibile con i vincoli espressi dalla stessa legge di Bilancio. Il governo, infatti, sta pensando di introdurre misure correttive al fine di scoraggiare il pensionamento anticipato di tutti gli aventi diritto, ma questo, come ricorda Boeri, “non è fattibile sotto l’aspetto giuridico”, dal momento che non è possibile mandare qualcuno in pensione a quota 100 e qualcun altro no. Critiche anche dall’ex ministro Fornero, la quale precisa che la riforma “graverà in particolare sui giovani e le generazioni future che dovranno pagarne i costi”. Problematico anche il punto delle donne, che secondo le stime sarebbero impossibilitate per la maggior parte a raggiungere il pensionamento anticipato, avendo in media massimo 25 anni di contributi. 

Inoltre, la manovra prevede il taglio delle pensioni d’oro, che avverrà in modo proporzionale a seconda di scaglioni di quote (a partire dai 90 mila euro); la pace fiscale per i debiti fino a 1000 euro e per chi si trova in difficoltà economiche; l’ecotassa applicata solo alle auto di lusso e proporzionata a seconda delle emissioni. Inoltre, vi sarà l’aumento dei fondi per l’università e la ricerca, comunque insufficiente a saldare il taglio di fondi avvenuto negli anni che ha lasciato l’Italia fanalino di coda dell’Europa per gli investimenti in quel settore.

Sebbene sia necessario aspettare gli effetti di queste riforme, bisogna constatare che la manovra manca di un piano di investimenti serio, e si limita solo ad aumentare la spesa pubblica, seppur nell’ovviamente condivisibile tentativo di frenare la povertà. Questo però, in una prospettiva futura, potrebbe non dare al Paese la spinta adeguata a risolvere i tanti problemi sociali ancora vivi, specialmente in quanto a opportunità di crescita e di futuro per le nuove generazioni.

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