Il 17 febbraio 2020, il neopresidente del Consiglio, Mario Draghi, tiene il suo primo discorso programmatico dinanzi al Senato, andando a toccare punti fondamenti riguardanti la società: parità di genere, attenzione alle future generazioni e tutela dell’ambiente. L’esecutivo ambientalista di Mario Draghi Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Può sembrare un paradosso per un governo dell’emergenza preoccuparsi del futuro anziché di una pandemia presente, che a distanza di un anno, nonostante i miglioramenti, sembrerebbe peggiorare con la presenza delle nuove varianti. Se, però, lo si guarda da una prospettiva molto più ampia, la vera urgenza nel nostro Paese risulta essere proprio quella di agire in maniera immediata con riforme di lungo periodo; tenendo anche conto del fatto che l’impegno che verrà effettuato per il nostro futuro sarà molto più proficuo per le future generazioni.

Tutela dell’ambiente. Cosa è cambiato?

«Le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. E io penso che se chiedessi al Signore che cosa pensa, non credo mi direbbe che è una cosa buona: siamo stati noi a rovinare l’opera del Signore».  Ed è così che con una citazione di Papa Francesco, il neopremier Draghi introduce la tematica relativa all’ambiente, mettendo in evidenza l’importanza nel cercare di andare ad armonizzare, mediante un nuovo approccio, il futuro dell’ambiente con il progresso ed il benessere sociale. Difatti, se si pensa al fatto che molti degli elementi di cui si circonda l’ecosistema (come la digitalizzazione, l’agricoltura, l’energia, la biodiversità e la protezione dei territori) sono sviluppati ed influenzati dall’uomo, non stupisce, dunque, pensare che le azioni umane abbiano il loro peso nel futuro ambientale.

Il motivo per il quale vi è stata posta sin da subito attenzione a suddetto argomento, da parte dell’ex presidente della BCE, deriva dall’esperienza che ha avuto quest’ultimo proprio all’interno dell’UE. In quanto in Europa le politiche ambientali sono da sempre ritenute una priorità del discorso pubblico, quasi a prescindere da destra e sinistra. In effetti, basti pensare alla presenza di forze politiche Verdi di peso nei diversi Paesi europei, i quali impongono la questione in maniera tanto concisa quanto decisiva.

Infine, non bisogna dimenticare che anche la transazione ecologica dell’economia avrà un suo peso nel programma dell’esecutivo di Draghi.

Verso la creazione del Ministero della transazione ecologica

Una settimana prima del suo discorso dinanzi al Senato, Draghi incontra le grandi associazioni ambientaliste: Legambiente, Greenpeace e WWF. Incontro che ha lasciato piacevolmente stupite le stesse ONG in quanto, al termine di questo, si è giunti alla decisione di creare un Ministero della transazione ecologica. Quest’ultimo, infatti, per incidere positivamente sul nostro Paese, dovrà basare il proprio lavoro su tre punti fondamentali: una rapida rivoluzione energetica, e con ciò si intende dare un freno netto all’utilizzo di combustibili fossili in favore di energie più rinnovabili; un miglioramento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), conosciuto anche come Recovery Plan, di modo tale che vi sia un allineamento con il Green Deal europeo; ed, infine, agire di comune accordo con gli altri ministeri in quanto gran parte delle scelte che impattano sull’ambiente e sul clima sono disposte dai ministeri dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e Trasporti, dell’Agricoltura e delle Foreste.

Dunque, ci si augura che mediante prese di posizione e collaborazioni, i lavori all’interno del nuovo Ministero si possano svolgere al meglio dando i suoi migliori frutti in futuro.

L’ex ILVA: una problematica ambientale di forte impatto

Tra le prime questioni che sarà tenuto ad affrontare il nuovo governo, vi è anche quello dell’ex acciaieria ILVA di Taranto.

Era il luglio 2012, quando furono individuati enormi livelli di inquinamento nell’area circostante del siderurgico, aprendo un’indagine contro i proprietari Emilio e Nicola Riva. Tutto ciò portò rapidamente al sequestro degli impianti dell’area a caldo, ritenuti dallo stesso giudice per le indagini preliminari (GIP) fonte di malattia e morte. Da allora in poi, ogni esecutivo ha avuto la responsabilità di trovare una soluzione al principale problema ambientale e produttivo italiano.

Ad oggi, nonostante alcuni sviluppi in merito, poco o nulla e cambiato. Infatti, nonostante il sequestro dell’area, quest’ultima continua ad operare grazie ad una sorta di deroga condizionata dall’attesa di un intervento di risanamento ambientale, aiuto che però continua a non arrivare.

Con il nuovo esecutivo di Mario Draghi, definito in primis da egli stesso come “esecutivo ambientalista”, si auspica in un intervento molto più consistente. Le manovre prospettate per l’attuazione, sostanzialmente, risultano essere due: in primo luogo, bisognerebbe far pressione sull’ArcelorMittal, la multinazionale che gestisce l’impianto di Taranto, affinché questa possa completare il proprio perfezionamento, rallentato a causa della caduta del governo Conte; in secondo luogo, bisognerebbe anche sollecitare, in maniera più concisa, le politiche verso i fornitori di ArcelorMittal, dato l’accumulo di milioni di euro non ancora pagati. Per di più, vi è stata persino una recente sentenza del tribunale amministrativo della Puglia indirizzato verso una soluzione che comporti lo spegnimento dell’area a caldo dell’acciaieria. Tutto ciò in linea con le intenzioni di Draghi.

Dunque il neo governo ambientalista sembrerebbe avere l’obbligo morale di attuare un vero e proprio cambio di rotta sull’ex Ilva con lo scopo principale di andare ad eliminare tutte le fonti inquinanti, già presenti da troppo tempo.

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