Di tempo ne è passato anche troppo da quel 15 marzo 2011 quando in Siria iniziarono le prime proteste sfociate poi in guerra civile negli inizi del 2012. Il popolo siriano sull’onda di quanto avvenuto negli altri paesi chiedeva semplicemente riforme di stampo democratico, riforme che per il presidente/dittatore  Bashar (Il sanguinario) al-Assad mirano a sovvertire il regime di fatto esistente. Ad oggi la comunità internazionale fatte salvo la vicina Turchia (che di fatto sta appoggiando l’esercito ribelle) ed alcuni paesi membri della lega Araba, si è limitata a delle timide dichiarazioni e ad un totale impasse di fronte a questa grave tragedia umanitaria. In questo giorno di festa  non fa notizia la morte di 15 civili, tra i quali dieci bambini, in un raid aereo delle forze del regime siriano contro un panificio a Talbisa, localita’ nel governatorato di Hom, all’indomani della strage di Halfaya, dove 109 persone, molti dei quali donne e bambini, hanno perso la vita in un operazione simile a quella odierna, quindi mentre erano in coda a centinaia per comprare un tozzo di pane, morti che si uniscono a quelle avvenute nei giorni scorsi nel sobborgo di al-Bayyada dove decine di persone sono rimaste intossicate» da un gas «simile al Sarin. Ad oggi il bilancio delle morti è gravissimo, si contano oltre 50 mila morti tra donne, bambini e manifestanti in generale, più di 300 mila persone tra gli arrestati, i feriti ed i scomparsi, per non parlare degli otre 2 milioni di rifugiati nella vicina Turchia, Libano ed Iraq. A nulla ha portato l’incontro svoltosi nelle scorse ore nel palazzo presidenziale di Damasco  tra l’inviato internazionale delle Nazioni Unite e della Lega Araba, Lakhdar Brahimi, e il dittatore siriano, Assad.  Brahimi, spera di «arrivare ad una svolta» nel conflitto siriano, ottenendo il consenso a un governo di transizione con pieni poteri, riferiscono fonti diplomatiche ad Al Jazeera. D’altro canto il governo siriano ha (per l’ennesima volta) fatto sapere di essere disposto «a far sì che qualsiasi sforzo nell’interesse del popolo siriano si trasformi in successo», a patto che siano «tutelate la sovranità e l’indipendenza del Paese». Per il momento quindi la situazione appare insoluta. Ci si chiede quindi dopo un evidente fallimento di qualsiasi tentativo di mediazione da parte dell’ONU, quando coloro che si definiscono leader di “Paesi che lottano contro evil empires” prenderanno atto di quanto sta succedendo nel silenzio e nell’indifferenza generale

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