Nonostante la differenza di età di undici anni, io e mia sorella Rachele siamo unite da sempre da un rapporto viscerale; lei mi racconta spesso che pregava insistentemente per avere una sorellina e non ha mai mancato di farmi sentire come un dono prezioso, passando dal cullarmi con le sue ninnananne allo scegliermi come confidente una volta cresciuta. Ciò che ci rende alleate e risorsa l’una per l’altra è la condivisione costante delle nostre interiorità e il sostegno reciproco delle nostre passioni, slanci favoriti dalla nostra comune sensibilità e inclinazione artistica che ci permette di incontrarci negli stessi meravigliosi posti del cuore. Da questa stima deriva il mio desiderio di raccontare del suo progetto “Penny Blood” series, frutto di un’esigenza interiore cui, essendo attrice, ha scelto di dare espressione tramite il canale cinematografico; il racconto del percorso di maturazione di quest’idea che da mera ispirazione ha preso forma per suggestionare il pubblico, in particolare quello di Lugano come approfondiremo più avanti, vuole essere un inno alla creatività e all’elaborazione soggettiva della realtà, liana a cui da sempre si avvinghiano eccitati gli artisti per raggiungere i meandri delle giungle interiori di ognuno di noi.

Incubo e realtà si fondono per dar vita ad una “giostra degli orrori”

A dar voce al percorso artistico che ha dato alla luce “Penny Blood” series  è mia sorella stessa, Rachele Studer:«l’ispirazione è nata da un sogno, come la maggior parte delle cose di cui ho scritto e di cui poi ho fatto la regia, un sogno che sicuramente è stato ispirato dal mio trasferimento a Toffia, in questo borgo medievale dove sto abitando, che era qualcosa legato a una costruzione arroccata, una luna rossa e un lupo che ululava e che nella realtà era nato da una riflessione su tutta una serie di cose che avevo visto e vissuto nella città. Parliamo dell’anno della pandemia, quindi sicuramente le faccende sono collegate: in quel momento ho dato attenzione alla sofferenza delle persone soprattutto data dal lockdown, dalla fine delle attività lavorative, quindi da un substrato sociale che soffriva in quella situazione e a fronte di una facciata ipocrita che non parlava di loro; il modo in cui alcune vite di alcune persone che già prima erano ignorate in quell’occasione lo sono state ancor di più, per esempio le persone che lavorano in nero, è una cosa che mi ha premuto molto, sicuramente perché anch’io ho vissuto questa cosa facendo un lavoro artistico che rientra in professioni che in Italia non sono proprio riconosciute. E poi in quel periodo nel particolare abitavo vicino alla stazione Trastevere, dove mi era sembrato di assistere a delle scene orride a cielo aperto: io stessa ho subito delle aggressioni, dei tentatati rapimenti, da parte di persone che non riuscivo a vedere come dei cattivi ma che vedevo come delle persone spinte a far quello perché non c’era nessuna alternativa. E quindi sicuramente questo maturare la città e l’agglomerato sociale come una sorta di giostra degli orrori, dove mi sembrava chiaro che le cose non andassero bene, questa realizzazione unita al trasferirmi in un posto completamente surreale, questo borgo arroccato che mi aveva fatto pensare proprio al castello del conte Dracula ha fatto nascere un’ispirazione di quella natura, in cui ho sentito il bisogno di raccontare la realtà che stavamo vivendo come una foresta insidiosa. Il tòpos nel gotico molto spesso è questa figura innocente che può essere un ragazzo o una ragazza che si ritrova in una foresta piena di insidie e viene vessata dalle creature oscure; avevo cominciato a vedere la realtà come quasi peggio di quelle fantasie lì. Evidentemente a un certo punto ho sentito il bisogno di raccontarlo. Quindi possiamo dire che l’ispirazione è nata proprio da questo, dal vedere come le persone si trasformavano in creature mostruose, animalesche e grottesche come espressione della loro sofferenza o del loro problema, diventando a loro volta vessatori e predatori, anche non volendo». Rachele spiega quindi come la scelta dello stile espressivo gotico sia stata inevitabile perché «nel momento in cui decidi di guardare la realtà attraverso un punto di vista che non è comodo, diventa gotico. Gotico è ciò che ti perturba, ciò che ti dà fastidio, ciò che ti crea quel brivido dietro la schiena perché quello che vedi è strano e non ti offre una visione rassicurante della realtà».

Toffia
Toffia

Da dove nasce il nome “Penny Blood”: una lettura insolita dell’età vittoriana

«Penny bloods erano questi fumetti che in età vittoriana venivano venduti a un penny e che avevano delle storie horror vivide, dai contenuti grotteschi, esilaranti e pieni di sangue; dovevano essere dei mini fumettazzi splatter che le persone leggevano per sfogarsi. Dentro ci dovevano stare il vampiro, il licantropo, la strega, il pirata, il brigante, la prostituta, il fabbricatore di armi ecc. “Penny dreadful” era invece il nome che gli dava la stampa per censurare la parola “sangue”, per commentare questo fenomeno sociale enorme e veramente imbarazzante. Io ho usato questo nome perché il mio format nasce dall’idea di usare la trasposizione di tutte queste storie per veicolare un messaggio e perché nella trama orizzontale che ho creato questi protagonisti, che sono dei prigionieri in questo castello costretti a lavorare tutti i giorni in una cava di carbone, usano scambiarsi delle storie horror e gotiche frutto delle loro esperienze personali attraverso una moneta che hanno coniato e che fanno con il carbone; quindi questa moneta che si scambiano ha il prezzo del sangue in quel caso. L’età vittoriana è fondamentale nella mia storia perché ho riproposto un parallelo, in quanto vedo nella contemporaneità una sua riproposizione: la grande ipocrisia è che in quel momento la società inglese ha un grande sviluppo dal punto di vista militare e internazionale, scientifico, tecnologico, per cui c’è la facciata di una società che sta molto bene quando in realtà gli strati più poveri stanno soffrendo da morire, quindi il grande exploit dell’amore per la letteratura horror e gotica e per questi “penny blood”, nasce perché quelle persone, facendo delle vite miserevoli e terrificanti, si devono sfogare. Caso emblematico per restituire la dicotomia della realtà vittoriana per mia sorella è la storia di Jack lo Squartatore: «Mary Jane Kelly era questa cantante irlandese che andò a Londra e si ritrovò a fare la prostituta perché era una ragazza povera, e non poteva fare altro che trovare una persona che le desse una topaia dove vivere pagando vendendo il proprio corpo; girare per strada a Whitechapel, a quell’ora della notte, significa assistere a delle mostruosità che una parte della città non si immagina nemmeno. Mary Jane Kelly è stata l’ultima vittima di Jack lo Squartatore e quando si presenta questo fenomeno di questo serial killer che uccide soprattutto prostitute di Whitechapel, la società si indigna, quando in realtà il testo che io ho scritto è nato dalle indagini su materiale d’archivio e analizzandolo è venuto fuori proprio che Jack in qualche modo fosse per Mary quasi un principe, perché la realtà di quell’animo sensibile e artistico era talmente terrificante, e non solo il presente ma il pensiero che tutta la sua vita sarebbe stata così, la consapevolezza che lei non sarebbe riuscita a risolvere quella situazione, l’antitesi del sogno americano, le fa dire: “siete così tanto sicuri che sia Jack il cattivo in questa storia?”; ovvia che Jack non sia il buono, ma è un modo diverso di vedere la realtà».

Le prime riprese e la proiezione streaming di “Dracula” a dicembre 2020

«Il contesto pandemico è stato fondamentale, nel senso che: succede che io mi trasferisco a Toffia, vedo questo castello e subito mi nasce il desiderio di fare una rassegna di reading di classici gotici su musica. Riccardo Eggshell è il mio amore della vita e compagno d’arte e che in realtà è stato anche la mia grande fonte di ispirazione in questo progetto, noi spesso lavoriamo insieme e nello specifico io l’avevo da subito coinvolto perché lo considero l’attore più bravo che io abbia mai visto. Appena organizziamo la cosa esce il decreto di ottobre 2020 sulle chiusure varie e quindi non si può andare in scena , però io ormai morivo dalla voglia di fare questa cosa e volevo partire da Dracula; entrambi abitavamo a Toffia ma non era possibile far venire delle persone dato che eravamo in pieno lockdown e noi stavamo fuori dal comune di Roma, quindi decidiamo di chiamare soltanto Massimiliano Cutrera che è un nostro amico e attore per interpretare il ruolo di Van Helsing. Non era possibile organizzare questa cosa con delle persone che venissero a lavorare per noi, quindi magari un tecnico luci, un fonico e quant’altro, quindi ho deciso di girare questa cosa con la Reflex in casa nostra, che comunque è una casa in un borgo medievale e quindi ha quegli aspetti fatiscenti che si prestavano all’occasione, per trasmettere poi questa ripresa e discuterne insieme con le persone. La prima trasposizione è stata molto ibrida, sia perché non c’era materiale umano ad aiutarci sia perché non avevo idea di che forma avrebbe preso questo lavoro, era la prima stesura in forma inconscia che fai di un disegno. Sicuramente sapevo che mi interessava fare un lavoro di partitura vocale su musica, quindi siamo partiti da quello, anche interpretando ognuno di noi più di un personaggio e ho scelto di raccontarli su una musica techno perchè Dracula mi faceva pensare a questo: in una trasposizione contemporanea di Dracula io vedevo una specie di discoteca quasi trash anni Ottanta dove questa ragazza si ritrova e tra tutte le luci confusionarie e quant’altro non si rende conto che quest’uomo che la sta approcciando è un vampiro. Un altro focus molto importante per me della storia è stato mettere al centro il personaggio femminile, a me interessava senza cambiare la scrittura di Stoker presentare un punto di vista diverso mettendo Mina al centro di questa storia. Nello specifico Mina è una donna particolarmente coraggiosa e intelligente, con oltre a una spiccata dote nel comando anche una forte attitudine alla giurisprudenza, solo che è nata in un’epoca dove lei non può esercitare la professione di avvocato e l’unica cosa che può fare è essere la dattilografa del suo futuro marito, Jonathan che fa l’avvocato anche se è meno brillante di lei. Mi sono chiesta: che cosa desidera Mina realmente? E mi sono detta: “Mina desidera il potere, cioè desidera avere quel potere che non le è concesso dal periodo storico che vive, è una stratega senza esercito in quanto donna. Quindi io ho immaginato in realtà quasi come se Dracula fosse un pò come Mefistotele che le offre una cosa che lei non può avere, perché se lei diventasse una vampira per l’eternità acquisirebbe quel potere; e allo stesso modo Dracula è quasi come l’Es, quindi ho immaginato Mina che da una parte ha l’Es che è Dracula e da una parte ha il Super-io che è Jonathan e quelle due parti della sua personalità che la invitano a una diversa prospettiva di sé stessa. In questa situazione Van Helsing diventa quasi come uno psicologo, oltre che un prete confessore, cioè una fugura che la guida in questo percorso, con da una parte e dall’altra questo angelo e questo diavolo che la invitano ad essere una parte di sé stessa piuttosto che un’altra, ma senza offrire un punto di vista su quale delle due parti sia realmente quella vincente che lei dovrebbe ascoltare. Io avevo sicuramente in mente questo focus sulla figura femminile, questa concezione della partitura sonora e le immagini che sono state realizzate sono state un pò una conseguenza, quasi un’appendice di quello che era il lavoro vocale, quindi erano delle immagini evocative, oniriche ed espressioniste che dovevano soltanto suggerire uno stato d’animo rispetto a ciò che si stava ascoltando. Abbiamo fatto questa prima resa pubblica in streaming su Zoom condividendo quello che era stato fatto con le persone e con mia grande sorpresa quello che io avevo fatto non era così assurdo, cioè non solo era piaciuto tantissimo ma soprattutto era arrivato chiaramente, anche a persone da cui non me l’aspettavo, perchè evidentemente gli avevo fornito in modo chiaro una storia che poteva vederle coinvolte o in cui comunque potevano impersonificarsi. Questa prima resa è stata fondamentale per questo e poi perchè nell’assurdità di quella situazione era un piccolissimo modo per tentare di condividere il valore di una resa artistica, ha avuto una funzione sociale che per me è stata molto utile rispetto a quello che poi dovevo maturare;  vedere che così tante persone volevano vedere il secondo episodio, come la cosa andava avanti e volevano continuare a ricevere questi contenuti mi ha dato quella forza di ascoltare la parte matura di me che diceva di non mollare un progetto così dopo averlo accennato».

Rachele Studer
Massimiliano Cutrera
Riccardo Eggshell

La crisalide che ha trasformato il bruco in una serie cinematografica

« Sapevo che dopo “Dracula” avrei voluto fare “Frankenstein”, “Dr. Jekyll e Mr. Hyde”, “L’abbraccio di medusa” ecc., solo che avevo bisogno di trovare una forma coerente per far funzionare la cosa. Io non vedevo Penny Blood come prodotto ma la vedevo come una cosa che dovesse essere condivisa, che dovesse essere di tutti, un’esperienza; qualcosa che si esprimesse attraverso tutte le forme di arte senza limiti. Infatti a un certo punto ho coniato l’espressione “penny blooder” perché quello che in realtà per me è interessante è il confronto con le persone, quindi vedere come attraverso la fruizione di questi miei contenuti possono mostrare quella parte di sè e aprirsi ad una analisi della propria personalità che non gli è concessa in altri modi, nello specifico mostrare quella parte di sè più fragile, più brutta, più imbarazzante che Instagram vuole che tu nascondi. Il punto è che la società attuale talmente preme perchè tu sia bello, buono, costruttivo, propositivo, ti devi mostrare sui social e in società per quello che hai e quello che fai, e questo è una pressione sociale non indifferente perchè l’essere umano non è così, l’essere umano è anche brutto, è anche un fallito, ha tutta una serie di aspetti negativi che sono fondamentali per la sua persona e che non possono essere nascosti. Si è sempre creduto nella storia del mondo a questo rapporto tra luce ed ombra nelle cose, e il fatto che la parte ombrosa dell’uomo sia completamente cancellata adesso, non possa essere più messa in mostra, quindi non puoi raccontare che ti hanno bocciato ad un esame, che ti ha lasciato la ragazza, che hai 23 anni non sai che fare della tua vita o che a 18 anni non hai già la macchina senza sentire la pressione sociale di quelli che ti guardano e dicono:”Ma quindi cosa hai intenzione di fare?”, perchè devi dimostrare di rispondere a questa aspettativa sociale costantemente. Tutto questo si sfoga in delle manifestazioni, per cui ad esempio il fenomeno sociale dell’Hikikomori, del chiudersi in stanza e stare tutto il giorno davanti ai videogiochi, è un effetto e non una causa e allo stesso modo a me interessava indagare sulle cause. Penny Blood può essere una graphic novel, un album musicale, un dipinto, un film e soprattutto deve essere qualcosa di condivisibile; ho visto poi che quello che poteva racchiudere tutte queste arti era l’idea di farne una serie cinematografica, che quindi è quello per cui sto lavorando, ed è una forma che ha bisogno di un organico umano grande».

“Gotika” e il “Lugano Film Festival”: la prima condivisione ufficiale del progetto

La prima occasione pubblica oltre quelle rassegne in streaming è nata da una rivista gotica online che si chiama “Gotica tra le righe”, che è un blog che ha molto seguito e che ha come lettori gli appassionati del gotico in tutte le sue forme; quando io organizzai queste serate in streaming loro subito videro la cosa e mi contattarono facendo inizialmente pubblicità gratis, delle interviste. Nel momento in cui le persone che gestiscono questa rivista hanno deciso di ampliarsi e di creare questa società “Gotika Ticino” organizzando il loro primo evento sul luogo hanno pensato di invitarmi. A fine aprile sono stata a Lugano ospite di questa convention, “Gotika”, dove c’era un pò tutto: c’era il cacciatore di fanstasmi, il cartomante, il musicista che suona l’arpa e canta in celtico, l’artigiana che fa cappelli e costumi gotici, la pittrice, lo scultore, insomma un pastiche di figure inerenti il gotico che è stato molto bello incontrare e conoscere e alcune delle quali sono sicura che vorrò coinvolgere nel progetto perchè penso che potrebbero arricchirlo molto. L’evento si è svolto al Centro Expo di Lugano: c’erano tutti i vari stand in cui ognuno aveva il suo mondo da raccontare o cose da vendere come ad esempio l’artigiano che faceva le sculture in Steampunk piuttosto che la tatuatrice che utilizzava henné; io avevo questo stand dove mandavo in loop un video costruito su materiale d’archivio che ho usato per definire la mia storia, delle frasi chiave che scorrevano, quindi la longline che è “a nightmare is just a dream that didn’t turn real” e tutta quella che è poi la restituzione del significato, una breve trama e una partitura sonora che doveva solo creare una suggestione e che le persone ascoltavano in cuffia; doveva essere un’esperienza intima estraniandosi dal luogo e andando lì davanti al televisore fruendo di questa piccola full immersion di tre minuti. Chiunque volesse poteva poi condividere le sue impressioni e farmi delle domande e invece poi all’interno della programmazione sul palco c’è stato uno spazio la domenica nel quale ho trasmesso un video che durava 25 minuti dove si raccontano un pò tutte le cose fatte fino ad adesso, una cosa che si chiama “research and development process”, da mostrare a chi ti potrebbe finanziare o al tuo pubblico potenziale che ti potrebbe sostenere per far sì che poi trovi le risorse per rifare il tutto con i mezzi adeguati. A seguito di questa proiezione c’era un’intervista nel quale si condivideva più approfonditamente il significato del progetto, quelli che erano i miei obiettivi futuri o quello che era stato il percorso. L’esperienza è stata bellissima perché c’è stata un’accoglienza davvero calorosa, anche a livello proprio di sensazioni spicciole: “ah, quella cosa mi ha fatto così paura che sono dovuta uscire dalla stanza!”, piuttosto che “quella cosa mi ha fatto riflettere davvero tanto su me stesso, mi ha dato tanta ispirazione”. Era quello il senso, ossia condividere quello che a livello inconscio poteva rimanere nelle persone dopo aver fruito di quella cosa, e c’è stata una risposta veramente viva. Talmente la cosa è andata bene che c’è stato un nuovo invito a fine maggio all’Other Movie Lugano Film Festival: il direttore di questo festival, Drago Stevanovic, ha visto il materiale e mi ha chiamato subito nonostante avesse chiuso la programmazione per il suo evento e ha voluto a tutti i costi che io ci fossi creando un evento collaterale affinché io potessi presentare il progetto, facendo un pitch case di “Penny Blood” lunedì 30 maggio alle 18:30 in uno dei teatri più importanti di Lugano. Piano piano si è creato un filo, qualcosa che inizialmente è nato solo come un sogno, come un seme che ho messo sotto terra e annaffiato e che in qualche modo inizia ad avere una parvenza di realtà».

(da sinistra) Riccardo Eggshell e Rachele Studer alla convention “Gotika”

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