Un ponte infinito

Alla figura del ponte fin dall’antichità sono state associate immagini ottimistiche, di superamento di confini, di agevolazioni commerciali e dei trasporti, di comunicazione e contatto fra individui, comunità, realtà ambientali diverse.
Non si tratta solo di un’opera urbanistica, ma spesso di un vero e proprio monumento, di un simbolo che contribuisce a creare il mito della città – o delle città – che se ne fregia.
È impossibile al giorno d’oggi pensare a San Francisco senza il rosso fiammante del suo Golden Gate Bridge, immaginare Venezia spogliata dei suoi celebri ponti (il Ponte di Rialto per citarne uno) o Londra priva dell’emblematico Tower Bridge. Alcuni nomi sono di per sé evocativi: i colori vivaci di Ponte Vecchio a Firenze, la “gobba” metallica del Sydney Harbour Bridge a Sydney, le statue imponenti di Ponte Carlo a Praga, la lunghezza da record dell’Akashi-Kaikyō Ōhashi in Giappone.

C’è un ponte, poi, ideale che è divenuto quasi una chimera: quello sullo Stretto di Messina.
Un’opera controversa che interessa non solo i Siciliani, ma l’Italia intera.

L’ARCO TEMPORALE DEL PONTE

Lo stretto di Messina: punto d’incontro fra due mari – Tirreno e Ionio – un braccio di mare tra le coste della Sicilia e quelle della Calabria con una larghezza variabile fino a 16 km; un protagonista storico per l’egemonia assicurata alla penisola italiana nei traffici commerciali del Mediterraneo, fino al XV-XVI secolo. Scenario dell’annosa diatriba sulla realizzazione del ponte.

Del progetto di un ponte ferroviario e stradale, lungo 3.300 metri, per collegare le due Regioni, si è discusso per decenni, ma l’idea è tanto antica quanto la storia di Roma.
Gli stessi romani avevano pensato a un ponte di barche e botti per facilitare il transito di merci da una sponda all’altra dello Stretto, tentativo di cui parla anche Plinio il Vecchio.

È storia più recente, subito dopo l’Unità d’Italia, quella che vede nominare per la prima volta in maniera ufficiale il progetto di un ponte sullo stretto: siamo nel 1866 e l’incarico viene dato all’ingegnere Cottrau da parte del Ministro dei lavori pubblici Jacini.
Dieci anni dopo, nel 1876, lapidarie le parole del deputato Zanardelli: “Sopra i flutti o sotto i flutti la Sicilia sia unita al continente”, che esprimono la necessità urgente dell’infrastruttura.
Eppure nel 1969 la discussione attorno al ponte è ancora aperta e fervida: è l’anno in cui viene bandito dal Ministero dei lavori pubblici un Concorso internazionale di idee, da cui su 143 diverse proposte ne escono vincitrici 12. Intanto vengono stanziati dal Governo 3 miliardi e 200 milioni di lire per i primi studi preliminari.
La proposta di fine anni ’70 del Gruppo Ponte Messina S.p.A. si concentra sulla costruzione di un ponte a campata unica di 3 300 metri – all’epoca il più lungo al mondo, ma oggi superato dal ponte sullo Stretto di Akashi (3 911 metri) – la soluzione giudicata più idonea per ammortizzare l’effetto dei fenomeni sismici.
Nel 1984 viene fissato il termine della realizzazione del progetto per il 1994: dieci anni dopo ancora un nulla di fatto.

Il 29 luglio 2011 sembra una data risolutiva: il progetto definitivo del ponte sullo Stretto viene approvato dal Consiglio di Amministrazione della Società Stretto di Messina, quando già dal 2005 l’Associazione Temporanea di Imprese Eurolink S.C.p.A. aveva vinto l’appalto di contraente generale per la realizzazione dell’opera. L’appalto decade nel 2013, dopo lo stanziamento di 300 milioni di euro da parte del Governo Monti per le conseguenti penali.

L’unica costante, nel mare magnum di denaro pubblico inghiottito da un progetto rinviato e tuttora non realizzato, è la strumentalizzazione politica e mediatica che se ne è fatta in occasione di varie campagne elettorali da parte di più forze politiche.

Negli anni ’90 il progetto di costruzione di un ponte sullo Stretto è il fiore all’occhiello di Bettino Craxi, nel 2001 è uno dei cavalli di battaglia nel programma elettorale di Silvio Berlusconi.
È Matteo Renzi, nel 2016, a menzionare di nuovo il ponte sullo Stretto, durante la campagna sul referendum costituzionale. Nel 2019 viene presentata dal Presidente della Sicilia Musumeci l’idea di un referendum per la popolazione siciliana sul consenso al progetto.
Attualmente Giorgia Meloni e Matteo Salvini si sono dichiarati favorevoli alla costruzione del collegamento stabile sullo Stretto.

TRA LE DUE SPONDE

La riproposizione quasi ciclica del progetto presenta un percorso accidentato e, sebbene al centro dell’opera si trovi proprio un ponte – emblema di unità e condivisione – l’argomento ha separato, spaccato a metà l’opinione pubblica.  

I fautori dell’opera ribadiscono i notevoli vantaggi derivanti dall’infrastruttura, sia nella fase di realizzazione che nel successivo sfruttamento: la Sicilia sarebbe unita al resto della penisola italiana e all’Europa attraverso collegamenti veloci ferroviari e stradali, su scala nazionale e internazionale; creazione di nuovi posti lavoro (in fase costruttiva sono state stimate fino a 40.000 unità per la manodopera), riduzione delle emissioni di gas nocivi rispetto all’attuale traghettamento.
Va considerata in particolare la cornice europea in cui il ponte sullo Stretto andrebbe ad inserirsi e le opportunità per la viabilità internazionale garantite da una maggiore apertura verso Africa e Medio Oriente, nuove rotte commerciali a cui l’Europa si è agganciata negli ultimi decenni a seguito dello sviluppo economico di India e Cina.

Inoltre, secondo i sostenitori del “Sì”, verrebbe in tal modo creata la possibilità di realizzare un’unica area metropolitana fra le città di Messina e Reggio Calabria con interventi di urbanizzazione per favorire il flusso di pendolari, ormai bidirezionale, instauratosi tra Sicilia e Calabria e aumentato negli ultimi anni.
Rispetto agli anni Sessanta, infatti, lavoratori, studenti, viaggiatori usufruiscono delle stazioni ferroviarie dell’una e dell’altra Regione per i loro spostamenti, senza alcuna gerarchizzazione.

Un’opinione sui lavori dello Stretto è stata espressa anche dallo scrittore siciliano Andrea Camilleri, che si era dichiarato favorevole alla realizzazione di opere che garantissero alla sua Regione di svilupparsi e di uscire da uno stato di separazione rispetto al resto dello Stivale – e del continente – senza tuttavia dimenticare gli impedimenti legati a sismi e fenomeni meteorologici.

Dall’altro lato della barricata, i contrari al progetto sottolineano i costi esorbitanti che un’infrastruttura del genere comporterebbe, non ripagati dal futuro traffico stimato (utilizzo del ponte all’11%), nonché la sovrastima dei nuovi posti occupazionali per la realizzazione dell’opera e la perdita del posto di lavoro per chi è impiegato nell’attività di traghettamento.
Sul fronte della viabilità, si evidenzia invece la necessità di interventi prioritari per migliorare il sistema ferroviario, stradale e navale attuale delle Regioni interessate, mentre riguardo la fattibilità e la tenuta dell’opera in termini tecnici le resistenze sono dovute all’elevata attività sismica e ai fenomeni geo-tettonici caratterizzanti il territorio siciliano.

Da non dimenticare, poi, i danni che la costruzione del ponte arrecherebbe al patrimonio paesaggistico. A tal proposito sono state sollevate obiezioni soprattutto da associazioni ambientaliste quali Comitato per la Bellezza, Italia Nostra, Legambiente, WWF e CESIA.
Secondo il WWF, i lavori interverrebbero su di un’area in cui si trovano due Zone di Protezione Speciale e 11 Siti di Interesse comunitari.
Dal punto di vista della sicurezza, l’opera potrebbe infine costituire un obiettivo sensibile per azioni di criminalità, nazionale e internazionale.

UN’ALTERNATIVA AL PONTE?

Il Premier Giuseppe Conte ha recentemente rilasciato dichiarazioni favorevoli alla realizzazione di un’infrastruttura di collegamento tra Sicilia e Calabria, sostenendo di voler condurre delle valutazioni “senza pregiudizi” e decidere eventualmente se destinarvi una parte del Recovery Fund.
Riemerge intanto l’alternativa al ponte: un tunnel sottomarino, già scartato negli anni Settanta dalla Società Stretto di Messina.

I fautori del tunnel aggiungono diversi punti all’eterna quaestio: costi minori e minori effetti collaterali sull’ambiente, più celeri operazioni di realizzazione dell’opera (stimati 5 anni).

L’immagine che subito viene alla mente è quella del tunnel subalveo del canale della Manica, che congiunge Gran Bretagna e Francia, ma per stabilire la fattibilità della proposta relativa allo Stretto di Messina, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli attende i risultati di analisi tecniche, condotte considerando la forte attività sismica a cui è soggetta l’area.

IL MITO DEL PONTE

La prima immagine nella letteratura che troviamo dello stretto di Messina è contenuta nell’opera di Omero. È nel XII canto dell’Odissea che Ulisse perde alcuni compagni nella lotta contro i gorghi di Scilla e Cariddi, creature mostruose la cui origine è da ricercare nei fenomeni dei vortici, tipici dell’area, causati dalle correnti marine.
La nascita del mito di Scilla è narrata anche da Ovidio, nelle “Metamorfosi”, dove si racconta di una fanciulla bellissima tramutata in mostro marino.

Con un salto temporale al 1800, dello Stretto com’era allora, ma di com’è anche ai nostri giorni, resta una splendida fotografia letteraria nella novella di Verga, Di là del mare (in “Novelle Rusticane”, 1883).
Gli elementi ci sono tutti: l’atmosfera malinconica, il notturno, un’alba in cui due innamorati s’incontrano languidamente sul battello, rivolti alla loro nuova destinazione; il passato ancorato alle spalle, lo sguardo trepidante sul futuro. “In fondo, delle altre barchette più piccole ancora, come punti neri, e le coste che si coronavano di spuma; a sinistra la Calabria, a destra la Punta del Faro sabbiosa, Cariddi che allungava le braccia bianche verso Scilla rocciosa e altera.
All’improvviso, nella lunga linea della costa che sembrava unita, si aperse lo stretto come un fiume turchino, e al di là il mare che si allargava nuovamente, sterminato.”

Si dice che in passato un ponte sullo Stretto sia stato realizzato, anche se uno molto particolare.
L’episodio, tratto dall’immaginario mitico e religioso, vede San Francesco da Paola che stende il suo mantello sulle onde, rendendolo un mezzo di attraversamento per i suoi compagni da una sponda all’altra, essendogli stato rifiutato un traghettamento caritatevole.

Sarà forse questo il “miracolo di ingegneria” che il nostro Paese sta attendendo?

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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