All’inizio della seconda guerra la zona compresa tra la Nomentana e la Salaria presenta tre grossi insediamenti abitativi: Montesacro – Città Giardino, il Tufello e Val Melaina.

Il progetto urbanistico di Città-Giardino nasce nel 1919: l’architetto Gustavo Giovannoni si ispira ai modelli di “garden city” realizzati in inghilterra a fine Ottocento e progetta  un quartiere di piccoli villini immersi nel verde, lontano dal centro della città. Il progetto è influenzato dalle riflessioni di Ebenezer Howard sulle garden cities ed è strutturato, con il fine di rendere il quartiere indipendente e autosuffciente, tenendo conto di due necessità:  un sistema di servizi per i cittadini  come scuole, chiese, cinema, uffici postali, negozi e palestre, e un grande parco pubblico tipico dei garden cities d’oltremanica (oggi inglobato nella Riserva Naturale dell’Aniene). La “Cooperativa Città Giardino Aniene”, fusione dell’Unione Edilizia Nazionale e dell’Istituto Case Popolari, viene istituita con il fine di stabilire il quadro d’intervento per un quartiere destinato alla classe medio borghese dei dipendenti dei Ministeri e delle Ferrovie dello Stato. La costruzione del quartiere continua anche dopo l’avvento del fascismo, che non ne modifica il progetto, e questa viene ultimata in pochi anni.

Il complesso di case popolari di via Val Melaina viene completato nel 1933. In quest’ultime vengono trasferite le famiglie operaie di Borgo Pio e Trastevere, per far posto alle costruzioni del Regime, ottenendo allo stesso tempo il risultato di ricollocare una possibile opposizione dal centro in una periferia lontana e facilmente controllabile; molte di queste case popolari, per quest’ultima ragione, presentano un tetto a terrazza e scale a vista. A Val Melaina si trova un complesso di edifici costruito nel 1932 per ospitare i residenti della Spina di Borgo, rasa al suolo per fare spazio alla costruzione di Via della Conciliazione. Questa “fortezza”, con ben quattordici scale di sette piani, soprannominata Stalingrado, diventerà un vero e proprio avamposto della resistenza antifascista.

Mentre a Val Melaina risiedeva lo strato più popolare e operaio, più politicamente schierato e antifascista,  le case povere del Tufello accoglievano una popolazione abbastanza eterogenea, poco amalgamata per cultura e tradizioni; le “case veloci” del Tufello, realizzate con un impasto di calce e paglia, vengono infatti costruite per accogliere gli italiani che emigravano dalla Francia e dalle colonie dopo la guerra  d’Etiopia. La storia di questi villini è conservata nel soprannome assegnatogli: “le francesine”.

A Montesacro, denominazione del quartiere che comprende queste zone di Roma appena descritte, a partire dal 42, con l’indebolimento progressivo del consenso al regime, si sviluppa una fitta rete di rapporti che coinvolge decine di giovani, per la maggior parte nati sotto il ventennio, che si affacciano per la prima volta alla politica. Un gruppo di studenti del quartiere fonda l’Associazione Rivoluzionaria Studenti Italiani (ARSI). Il movimento organizza numerose attività di sabotaggio dirette contro i soldati tedeschi, e a partire dal 43 inizia  a pubblicare il giornale clandestino “La Nostra Lotta”. Tra questi spicca un nucleo più piccolo di giovani che si fanno chiamare “i caimani del Bell’orizzonte”, tutti amici e frequentatori di una spiaggetta dell’Aniene chiamata il “Bell’orizzonte”, che insieme portano avanti la lotta clandestina contro il nazifascismo.

A testimonianza e memoria della storia antifascista di questo quartiere, camminando per alcune vie di montesacro, si possono  notare alcune pietre di inciampo apposte nel cemento, iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig per ricordare i cittadini morti nei campi di sterminio nazisti attraverso l’apposizione di blocchi di pietra rivestiti di ottone  portanti il nome di chi si vuole ricordare davanti alla sua casa. Camminando per una strada accanto piazza Sempione ci si imbatte nelle petre di inciampo a memoria della famiglia Funaro. Nell’ottobre del 1943 le SS vengono impiegate per il rastrellamento e la deportazione degli ebrei nelle strade della periferie e Montesacro non è eccezione. La famiglia Funaro viene catturata dalle camionette delle SS: il figlio Dario, partigiano giovanissimo di appena 13 anni, che è amico dei “caimani del Bell’orizzonte” e ha combattuto a Porta San Paolo per la difesa della città  è riuscito a salvarsi perché non era a casa quando sono arrivati i soldati tedeschi, ma, quando arriva sotto casa e vede la camionetta con i membri della sua famiglia a bordo non riesce a trattenersi, e urla: “Mamma! mamma!; i soldati lo sentono e caricano anche lui prima di ripartire. Nessun membro della famiglia Funaro tornerà indietro.

Nel quartiere è pieno di testimonianze di questa pagina di storia; oltre alle pietre di inciampo, il murales di benvenuto al Tufello, che recita: “Benvenuti al Tufello, quartiere libero e ribelle”, una targa su muro di un edificio sito in via Scarpanto che ricorda quattro martiri antifascisti che hanno vissuto nei quartieri di Tufello e Val Melaina, ovvero Riziero Fantini, Filippo Rocchi, Renzo Piasco e Antonio Pistonesi.

Oltre ad essere luogo storico della resistenza italiana, Montesacro è anche luogo simbolo della storia del cinema: diversi importanti film sono stati girati tra le strade di questo quartiere. Tra gli altri, in un angolo di Val Melaina, nell’ incrocio tra via del Gran Paradiso e via Scarpanto è stata ambientata la scena iniziale di “Ladri di biciclette” di Vittorio de Sica.  Al regista è dedicata anche una targa, affissa sul muro della palazzina che appare nel film. Anche nella scena finale de “I soliti ignoti”, Vittorio Gassman e Carlo Pisacane, per sfuggire alla polizia si nascondono tra i manovali che aspettano l’apertura di un cantiere in via dei Campi Flegrei, una traversa della Nomentana.

Luogo di interesse storico e culturale del quartiere popolare del Tufello è senza dubbio il mercato rionale, costruito a partire dal 1958 e progettato dalla prima donna architetto d’Italia, Elena Luzzatto Valentini. Sul lato sinistro del mercato sono presenti diversi murales tra i quali spicca certamente l’omaggio al grande artista Gigi Proietti, vissuto al Tufello per alcuni anni della sua infanzia e adolescenza. Il disegno in questione rappresenta un fotogramma tratto dal film ‘Febbre da Cavallo’ del 1976 e riporta un aforisma dell’attore, scritto in giallo rosso: ‘Ricordare è un mestiere rischioso, perché ha bisogno di stimoli forti’.  Non si tratta dell’unico omaggio all’attore, motivo di vanto per i residenti del quartiere; su via Capraia, infatti, è presente il più famoso dei murales che gli è stato dedicato, alto 15 metri e realizzato sulla facciata del palazzo in cui l’attore ha vissuto per alcuni anni. Al lato dell’opera è riportata un’altra citazione dell’attore: “Il romano è bello anche perché, alla fine, uno se l’aggiusta come je pare. E le periferie, da questo punto di vista, sono sempre il primo laboratorio del cambiamento”.

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