Ad un anno e mezzo di distanza dalle elezioni, la corsa alla Casa Bianca inizia a prendere forma con repubblicani e democratici schierati uni contro gli altri, come da tradizione statunitense. Ma facciamo un riepilogo, passo per passo: chi saranno i protagonisti che si sfideranno per decretare il vincitore che il 20 gennaio 2025 presterà giuramento al Campidoglio di Washington?

Manco a dirlo, il più atteso, si fa per dire (naturalmente!), è il mai arrendevole Donald Trump. Nonostante le numerose accuse, il suo ego sopravvive, anzi, si fortifica. Ed ecco un nuovo primato: è il primo ex presidente degli Stati Uniti d’America ad essere incriminato. Tra i sette capi d’accusa, per il caso dei documenti segreti trafugati nella residenza di Mar-a-Lago (villa situata a Palm Beach, Florida), ci sono appropriazione indebita di carte appartenenti allo Stato, falsa testimonianza, e soprattutto cospirazione per ostacolare la giustizia. Imputazioni, però, di cui non sembra preoccuparsi affatto. Trump, infatti, convocato dal tribunale di Miami lo scorso 19 giugno, si è dichiarato non colpevole, affermando di non aver fatto niente di sbagliato, e di essere, già da qualche tempo, nel mirino di Giustizia Federale ed FBI.

Inoltre, Trump ha ribadito la sua intenzione di candidarsi alle presidenziali 2024. “Non mollerò mai, neanche in caso di condanna”, e a proposito, nessuna legge americana gli impedisce di candidarsi alla Casa Bianca, anche se dovesse essere rinchiuso in un carcere. Situazione surreale, certo, ma non impossibile, e non dimentichiamoci che siamo in America!

Essendo certi della presenza di Donald Trump, una domanda sorge spontanea: chi sarà il suo principale sfidante alle primarie repubblicane? I nomi dei candidati che hanno lanciato la sfida ufficialmente o che stanno aspettando un’offerta, sono tanti. Da Mike Pence, ex vicepresidente di Trump, a Nikki Haley, ex ambasciatrice alle Nazioni Unite, considerata una stella nascente del partito repubblicano, anche se, per il momento, parte male nei sondaggi: per lei solo un misero 4%.                                                                  Parliamoci chiaro, Trump all’interno dell’universo GOP (“Grand Old Party”, slogan con cui il Partito Repubblicano è noto negli Stati Uniti) è un peso massimo, capace di abbattere qualsiasi avversario. Per rendere l’“incontro” equilibrato e spettacolare, perciò, c’è bisogno di un altro peso massimo, o presunto tale. Ed ecco che arriviamo, signore e signori, a Ron Se Santis.

Il governatore della Florida è temuto da Donald Trump, tanto da aver spinto il tycoon, il giorno dopo le elezioni di midterm 2022, a dichiarare: “Se si candida, rivelerò cose scottanti su di lui. […] so più cose su di lui di chiunque altro, a parte forse sua moglie”. Avvertimento, però, che non è stato ascoltato dall’italoamericano (bisnonni campani da parte della madre), che il 24 maggio 2023 ha annunciato la sua candidatura alle primarie del partito repubblicano.                                                                                              De Santis si è messo in luce la prima volta per far fronte ai danni provocati dall’uragano Micheal nel 2019. In quei giorni, i suoi principali bersagli sono stati gli immigrati, etichettati come sciacalli che saccheggiavano le case abbandonate: “«Queste persone sono straniere. Sono illegalmente nel nostro Paese. E non solo: non fanno altro che saccheggiare all’indomani di una calamità naturale. Dovrebbero essere perseguiti, ma devono essere rimandati nel loro Paese d’origine. Non dovrebbero essere qui!».                                    Più tardi, nel 2020, con la pandemia Covid-19, è diventato un eroe per tutti i conservatori, perché la Florida, stando alle decisioni del suo governatore, ha violato la maggior parte delle linee guida federali, consentendo allo stato di sopravvivere alle difficoltà economiche, rispetto alla maggior parte degli altri stati americani.

Per il momento Donald Trump, secondo agli ultimi sondaggi, è in vantaggio, ma la corsa è ancora lunga e tutto può cambiare.

Passiamo al fronte Democratico. Il Presidente in carica, Joe Biden, galvanizzato soprattutto dagli ottimi, e non scontati alla vigilia, risultati ottenuti durante le elezioni di midterm del 2022 (maggioranza democratica al Senato), ha confermato quanto già si sapeva: “Mi ricandido. Obiettivi la difesa della democrazia e le libertà fondamentali”.                          La seconda corsa alla Casa Bianca è sempre la più complicata. I cittadini ti conoscono, non puoi parlare delle tue aspirazioni e tantomeno fare promesse. Pressappoco come quando un artista musicale fa uscire un nuovo disco: i fan ti danno il loro giudizio in base a quello precedente.

L’età sicuramente non aiuta (saranno 83 alla vigilia delle presidenziali 2024), ma Biden, almeno ad oggi, rappresenta il candidato da battere per il GOP. Nessun altro grande nome è stato fatto per rappresentare il partito democratico. In realtà, qualcuno c’è: Robert Francis Kennedy Jr, Marianne Williamson; ma, in tutta onestà, è lampante come tra i dem non vi sia un’alternativa credibile al Presidente. Qualche mese fa si è parlato anche di Alexandria Ocasio-Cortez, ma la rappresentate alla Camera del quattordicesimo distretto del Queens di New York, non se l’è sentita. Forse è ancora presto, ma siamo sicuri che la trentaquattrenne di origine portoricana, rappresenterà l’immagine della sfera democratica del futuro.

E allora tutto passe nelle mani di Biden, e del suo ex numero uno, Barack Obama, sceso in campo, negli ultimi giorni, con l’obiettivo di raggiungere un pubblico meno “tradizionale”, quei giovani che sono il futuro e che, pur condividendo gli stessi principi democratici del partito, non si sentono rappresentati da questo. L’ex presidente riesce a parlare alle nuove generazioni e il suo impegno potrebbe servire a svecchiare la campagna elettorale di Biden.

Come detto manca più di un anno. Altre sentenze, accuse, incriminazioni ed eventi straordinari si susseguiranno. Perché queste sono le elezioni presidenziali americane, e no, non saranno mai all’insegna della normalità.

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