Agli albori del nuovo millennio, gli esperti dissero che la Cina avrebbe conquistato Taiwan entro quel decennio. Nel 2013, il ministero della Difesa di Taiwan dichiarò che Pechino avrebbe avuto la capacità di invadere l’isola entro il 2020. Più di un mese fa, l’ex generale Chiu Kuo-cheng, attuale ministro della Difesa taiwanese, ha formulato una nuova previsione: entro il 2025 la Cina sarà in grado di organizzare una “grande invasione”. Come se non bastasse, il Presidente cinese Xi Jinping ha annunciato un’obiettivo: riunificare l’isola con la madre patria entro il 2049, l’anno del centenario della Repubblica Popolare. Quindi la Cina invaderà Taiwan a breve? Cina-Taiwan: una guerra imminente? Direttore Claudio Palazzi
In realtà Pechino minaccia l’isola da quando l’ex governo nazionalista cinese è fuggito lì alla fine della guerra civile nel 1949. La Cina si sarebbe già dovuta riprendere da un pezzo quella che considera da sempre come l’isola ribelle, ma non è ancora successo. Per quale motivo? Probabilmente perché, soprattutto quando si parla del governo cinese, bisogna saper distinguere tra propaganda interna ed esterna. Tra la guerra di parole e la guerra vera. 

Sta di fatto che dal 1° al 4 ottobre l’Esercito Popolare di Liberazione ha effettuato dei voli nei pressi di Taiwan. Alcuni aerei, cioè, hanno iniziato a sorvolare lo spazio di identificazione di difesa aerea taiwanese per poi aumentare esponenzialmente nel numero nei giorni successivi, fino a diventare più di 150

Occorre però, per capire meglio il contesto, fare un passo indietro nel tempo, perché questa azione da parte della Cina ha probabilmente uno o più motivi in più rispetto alla mera “riconquista dell’isola”. Il 15 Settembre, infatti, Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia hanno dato vita, un po’ a sorpresa, all’AUKUS, un patto di sicurezza trilaterale. Patto che ha causato diverse tensioni a livello internazionale, oltre che in Cina, anche sponda Nato. La creazione di quest’alleanza ha comportato l’abbandono da parte dell’Australia di tecnologia bellica francese. Gli USA infatti aiuteranno l’Australia ad acquisire una flotta di sottomarini nucleari per contribuire alle capacità militari nella regione, provocando ovviamente tensioni anche a Pechino.

Gli eventi recenti sembrano allarmanti, considerando che le incursioni non si sono fermate nel mese di Novembre, ma l’impressione è che la Cina non è ancora pronta per una vera e propria campagna militare. Pechino potrebbe facilmente colpire l’isola con una caterva di missili. Potrebbe anche attaccare via mare o utilizzare la tecnologia con attacchi cibernetici per isolare Taiwan dal mondo esterno.
Ma restano due fonti di incertezza. La prima è che la Cina potrebbe non essere ancora pronta a lanciare un attacco anfibio totale sull’isola. Un’operazione di questo tipo potrebbe mettere a dura prova le capacità militari cinesi e provocare gravi perdite da entrambe le parti.

Allora perché i leader del Partito Comunista Cinese continuano a minacciare Taiwan e si rifiutano di accettare qualsiasi discussione sull’indipendenza taiwanese? La risposta non risiede nella pericolosità dell’isola per la sicurezza esterna cinese. Piuttosto il Partito ha scelto di fare della riunificazione con Taiwan un simbolo di forza e di legittimità. D’altronde, perché mai Xi avrebbe “promesso” la riunificazione proprio entro il 2049?
Inoltre, è assai improbabile che un presidente cinese possa sopravvivere politicamente ad una eventuale dichiarazione di indipendenza di Taiwan. Ma soprattutto, la leadership cinese sembra essere determinata a contrastare un maggiore impegno degli Stati Uniti nella regione.

D’altra parte, quando sono state istituite relazioni diplomatiche tra USA e Cina, gli Stati Uniti hanno sempre mantenuto una politica ambigua in materia. Hanno cercato di trovare un delicato equilibrio tra scoraggiare un attacco cinese ed evitare qualsiasi promessa a Taiwan. Questo equilibrio ora sembra spostarsi. La recente ammissione ufficiale della presidente di Taiwan in merito alla presenza di forze speciali americane sull’isola potrebbe costituire un indicatore significativo. Ciò nonostante, non si può fare a meno di usare il condizionale. L’incertezza, per ora, riesce ad avere la meglio in questa delicata situazione.   

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