Un accenno alla trama

Il successo sovietico, grazie al lancio dei satelliti e del primo volo spaziale umano, coglie di sorpresa gli Stati Uniti. Per riguadagnare il terreno perso, il programma spaziale americano vuole lanciare al più presto una capsula pilotata dall’astronauta John Glenn. Grazie alle sue capacità, Katherine Johnson collabora con la NASA per accelerare la corsa allo spazio. La matematica, scienziata e fisica afroamericana diviene così la prima donna di colore a lavorare nello Space Task Group.

Negli Stati Uniti del 1961, nel pieno della segregazione razziale, la società è dominata da uomini bianchi. Ciononostante Katherine, insieme a due colleghe, anch’esse afroamericane, lotta quotidianamente contro il razzismo e il sessismo della sua epoca. Le due compagne di lavoro, amiche di Katherine, sono l’aspirante ingegnere aerospaziale Mary Jackson e la matematica Dorothy Vaughan. Le tre protagoniste si districheranno tra segregazione razziale sul posto di lavoro e stereotipo di donna all’interno della società e della comunità afroamericana. Tutto ciò mentre gli Stati Uniti subiscono lo smacco del primato sovietico in campo spaziale, nel bel mezzo della guerra fredda.

Questa è in poche parole la trama de Il diritto di contare, che racconta la storia di donne realmente esiste. Il film del regista americano Theodore Melfi, seppur con qualche elemento di finzione, mette in luce tematiche tanto reali quanto attuali. Difatti, a distanza di oltre sessantanni rispetto all’epoca in cui è ambientato il film, discriminazione di genere e discriminazione razziale continuano a tormentare il nostro mondo.

Un film senza grosse pretese

Il diritto di contare di Theodore Melfi, candidato a tre Oscar, ha vinto il premio per il Miglior cast assegnato dal SAG (sindacato degli attori). Allo stesso tempo, la critica ha positivamente accolto il film. Ad esempio, Leinka Cruz, sulla rivista statunitense The Atlantic, afferma che il merito più grande del film è di non far percepire come inaccessibile la genialità delle sue protagoniste. 

Il film cerca tutto il tempo di focalizzare l’attenzione dello spettatore sui diritti civili, sia della comunità afroamericana, sia della figura femminile, ma allo stesso tempo riesce a essere leggero e scorrevole. Non ci sono gesti eroici ma piccole conquiste. Margot Lee Shetterly, l’autrice del libro da cui è tratto il film, durante un’intervista sul Space.com, ha recensito Il diritto di contare affermando che Katherine Johnson, la vera protagonista del film, fu davvero un’eroina. Johnson calcolò le traiettorie del Project Mercury, nonché quelle per le missioni Apollo 11 e Apollo 13. Nondimeno lo furono Dorothy e Mary. Dorothy Vaughan fu la prima donna, a ottenere il ruolo da supervisore della NASA (quando ancora si chiamava NACA). Mary Jackson fu il primo ingegnere donna della NASA. Ciò nonostante, Margot Lee Shetterly sostiene che vi furono anche tante altre persone importanti, pur essendo consapevole che un film con una miriadi di personaggi, non sarebbe stato possibile.

Un titolo evocativo 

Il titolo originale del film è Hidden Figures, e riprende quello del libro, su cui tra l’altro si basa: Hidden Figures: The Story of the African-American Women Who Helped Win the Space Race, di Margot Lee Shetterly. La biografia segue la vita di tutte e tre le donne matematiche che hanno lavorato come calcolatrici alla NASA durante la corsa allo spazio, vale a dire Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson. Il film tende invece a focalizzarsi di più sulla storia di Katherine.

Il termine inglese figures è polisemico: può essere tradotto tanto in “cifre” quanto in “figure” o ancora in “personaggi”. Da ciò ne consegue che al termine hidden, ossia “nascosto”, possa essere accostato un doppio significato. Da un lato il dato numerico, ossia la professione delle protagoniste di calcolatrici umane presso la NASA. Dall’altro il dato umano, vale a dire la situazione di occultamento delle tre donne. Infatti, Katherine, Mary e Dorothy non sono riconosciute né dal punto di vista professionale né tanto meno umano.

In italiano il titolo è stato tradotto ponendo l’accetto su un altro gioco di parole, ovvero quello legato al termine “contare”. Quest’ultimo può essere inteso in riferimento al dato matematico, ma anche come contare nel senso di valere. Inoltre “diritto” sostituisce il termine hidden. La parola diritto evoca come, durante la segregazione razziale negli Stati Uniti, le persone nere, in particolare le donne, fossero private di diritti sia civili che politici.

Lo sguardo al presente: il razzismo

La segregazione razziale è un sistema di dominazione dei bianchi sugli afroamericani, in cui quest’ultimi sono separati fisicamente dalla società, dal contesto lavorativo, nonché esclusi dal diritto di voto. Nasce negli ex Stati confederati dopo la guerra civile statunitense e termina solo nel 1964. In questa data, il Civil Rights Act, abroga tutte le segregazioni pubbliche.

Si potrebbe pensare che in quanto ambientato nel 1961, il diritto di contare sia in un film obsoleto. D’altronde, la segregazione razziale è solo un ricordo. In realtà, insieme alla discriminazione di genere, si tratta di una ferita ancora aperta. 

In effetti, il razzismo verso la comunità afroamericana è ancora radicato nella cultura statunitense. A dimostrazione di ciò, si può citare il caso Floyd. Il 25 maggio 2020, un ufficiale del dipartimento di polizia di Minneapolis, Derek Chauvin, ha ucciso George Floyd, un uomo di colore di 46 anni. Chauvin ha soffocato Floyd, premendogli il ginocchio sul collo per diversi minuti. Il movimento “Black Lives Matter” (“le vite dei neri contano”) nasce proprio a seguito della morte di Floyd. Centinaia di migliaia di persone hanno manifestato contro il razzismo sistemico statunitense, con tanta eco anche al di fuori del Paese. La morte di George Floyd e degli altri uomini afroamericani uccisi negli ultimi anni, svelano un sistema permeato di razzismo e discriminazione. Lo stesso Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, si espresse sul caso. Secondo l’ Alto Commissario, la morte di Floyd ha rivelato quanto si sia ancora lontani dallo smantellare il razzismo sistemico che caratterizza gli Usa.

Lo sguardo al presente: il sessismo

Oltre alla questione razziale, non di poco conto, il film si incentra su tre figure femminili. Le tre donne sono intelligenti, brillanti e in carriera. Tutte caratteristiche malviste dall’opinione comune dell’epoca, che riconosce la donna solo in quanto madre e allevatrice. Ad esempio, in una scena del film, il marito di Mary Jackson, anch’egli afroamericano, la dissuade dal divenire una female engineer. Rimarca inoltre il suo essere nera, oltre che donna, e la accusa di non educare a dovere i suoi figli, non essendo mai in casa. Un’altro esempio, riguarda Katherine. La donna racconta al tenente colonnello James A. Johnson, suo futuro marito, di far parte dello space program, come calcolatrice umana. L’uomo, anche lui afroamericano, è sorpreso che affidino questo lavoro alle donne.

Rispetto all’epoca in cui vivono le protagoniste de Il diritto di contare, sono stati fatto tanti passi avanti. Tuttavia, così come per il razzismo, ancora molti devono essere compiuti. Basti pensare al fatto che l’obiettivo 5 della Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, mira a ottenere la parità di opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico, l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti di donne e ragazze e l’uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione. Un obiettivo è qualcosa a cui si ambisce ma che non si è ancora ottenuto. Ciò dimostra che la comunità internazionale non possa ancora dire di aver sradicato il sessismo e la discriminazione di genere. Né tanto meno ciò avverrà entro il 2030. Secondo il Global Gender Report 2021 del World Economic forum, l’impatto della pandemia di COVID-19 ha contribuito a rallentare la possibilità di sradicare il divario di genere globale: da 99,5 anni a 135,6 anni.

Le donne afroamericane: una doppia discriminazione

L’esperta di profili identitari, Ndack Mbaye, afferma che “le donne nere vengono discriminate due volte: nelle comunità di afrodiscendenti in quanto donne, e negli ambienti femministi in quanto nere”. Questo è ben evidente proprio ne Il diritto di contare. Le tre donne afroamericane del film hanno limitate opportunità di lavoro e le uniche posizioni disponibili sono con cattive condizioni e salari bassi. Razzismo e sessismo, quindi, si intrecciano. Il razzismo è evidente dal modo in cui l’azienda distingue le strutture tra afroamericani e bianchi. Il sessismo, invece, si manifesta sia per mano di uomini bianchi che afroamericani. Entrambi cercano di inibire le donne afroamericane dallo sviluppare la loro carriera professionale. Entrambi credono che le donne afroamericane in realtà non meritino il lavoro alla NASA e che sia meglio che stiano a casa e si prendano cura della loro famiglia.

Da Il diritto di contare, emerge come anche le donne bianche siano discriminate sul posto di lavoro. Non possono accedere alle più alte posizioni decisionali, riservate a uomini bianchi. Tuttavia, le stesse donne bianche non sono solidali con le donne nere e spesso le discriminano. Quello che si crea, è una spirale di scarico di pressione, per citare Georg Simmel, in cui i soggetti che perdono di più sono proprio le donne nere. Gli uomini bianchi sono razzisti nei confronti di uomini e donne afroamericane e sessisti in generale con le donne. Le donne bianche, discriminate dagli uomini bianchi, scaricano la tensione nei confronti di uomini e donne afroamericani, divenendo anch’esse razziste. Gli uomini afroamericani soffrono della maggiore occupazione delle donne afroamericane presso la NASA. Ciò li rende gelosi e competitivi. Pertanto, per costruire la loro autostima, gli uomini afroamericani discriminano le donne afroamericane. Le vittime più sofferenti della discriminazione sono quindi le donne afroamericane, mentre ad ottenere i maggiori vantaggi sono gli uomini bianchi. Dunque, il sessismo è influenzato dal patriarcato ed il razzismo rappresenta e sostiene il sistema patriarcale.

L’attualità di queste considerazioni è dimostrata da diversi studi. L’Organizzazione LeanIn rivela come le donne afroamericane siano sotto-rappresentate a tutti i livelli, soprattutto nelle posizioni di leadership. Sono quotidianamente esposte a discriminazione e meno aiutate dai colleghi. Se è vero che la diversità comincia a essere accettata e le donne nere si vedono in tutti i settori della società, l’inclusione è ancora molto lontana dall’esserlo. Le donne nere, compaiono molto raramente nei settori dirigenziali e quindi non sono veramente incluse. Il doppio ostacolo che continuano a dover superare, uno in quanto donne e uno in quanto afroamericane, continua a pesare sulle loro spalle anche nel 21° secolo. Questo è ciò che afferma Kim Ashby Fowler, avvocato e consulente in materia di risorse umane.

Un film da vedere

Il diritto di contare è sicuramente un film che vale la pensa di essere visto. Questo perché riesce ad essere, contemporaneamente, tanto semplice quanto complesso. Semplice perché in maniera chiara, trasparente e senza troppi giri di parole, racconta la vera storia di tre donne afroamericane in carriera, negli Stati Uniti del 1961. Complesso perché, proprio attraverso la storia di Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson, fa riflettere su come quel passato di discriminazioni non sia poi cosi passato. Le tematiche chiave del film, razzismo e sessismo, sono ancora radicate nella società contemporanea. Sono come scheletri nell’armadio di cui ancora non siamo riusciti a sbarazzarci.

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