Quest’anno si è aperto all’insegna di un enorme pausa globale: le città si sono svuotate, le saracinesche dei negozi si sono abbassate, le automobili, i motorini e i mezzi pubblici hanno smesso di affollare le strade. A marzo in Italia è stato dichiarato il lockdown generale e nessuno, al di là di qualche eccezione, ha potuto continuare con la propria quotidianità. E se le persone hanno smesso di spostarsi, il mondo lavorativo connesso al turismo ha smesso di avere una sua utilità. I taxi hanno ridotto le proprie corse, i negozi del centro, così come bar e ristoranti, hanno perso i clienti, i musei sono calati nel silenzio e nessuno ha più guardato con stupore e piacere della scoperta le bellezze del Mondo. Tutto si è addormentato e, insieme al Mondo, si sono addormentati anche gli aeroporti. Covid-19: il virus che ha addormentato il Mondo Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Nessun aereo sulle nostre teste
Il Covid-19, questo nemico invisibile contro cui tutti lottano dall’inizio del 2020, ha ridisegnato le abitudini di vita di ogni individuo, fermando la frenesia che caratterizza la società contemporanea, fermando anche la vita stessa. Dall’oggi al domani ci si è ritrovati chiusi dentro casa senza più nulla da fare: bambini che non hanno vissuto il loro ultimo giorno di elementari prima di entrare alle scuole medie; lavoratori che hanno dovuto riadattare la loro giornata allo smart working, che si sono dovuti tecnologizzare al meglio delle loro possibilità; persone che non hanno più potuto mettere piede nel proprio ufficio, bar, negozio; persone che si sono sentite lasciate al margine. il virus che ha addormentato il mondo
Uno dei settori che più è stato penalizzato durante questa emergenza sanitaria globale è indubbiamente quello del turismo. Nessuno ha potuto più spostarsi come prima, visitare le capitali del Mondo, incontrare nuove culture. I voli sono stati cancellati e le persone hanno limitato i loro spostamenti.
Le vacanze in Italia hanno cambiato volto: non più viaggi all’insegna dell’esotico, ma domeniche al mare o in montagna, piccole gite fuori porta per sfuggire alla quotidianità che la pandemia ha reso ancora più insopportabile. il virus che ha addormentato il mondo
E mentre migliaia di italiani riaccendevano il loro interesse verso la propria terra, gli aeroporti si spegnevano.
Con i voli internazionali cancellati e ridotti al minimo e gli spostamenti controllati e dettati soltanto da comprovate esigenze, non ha più avuto senso tenere vivo l’aeroporto, primo luogo di scambi tra persone delle più diverse nazionalità.
A parlarci della complicata situazione in cui si trovano i lavoratori aeroportuali è Rossella Crescenzi, impiegata d’ufficio all’interno dell’aeroporto Leonardo Da Vinci di Roma.
Di cosa ti occupavi prima del Covid-19?
Lavoravo all’aeroporto per il rimborso dell’IVA ai residenti fuori dalla Comunità Europea sui prodotti acquistati nel nostro Paese. I nostri clienti provenivano principalmente da Cina, Giappone, Stati Uniti ed Emirati Arabi, ormai bloccati, come l’Italia, da questa pandemia. I voli sono stati cancellati e, non essendoci più turisti ad acquistare prodotti, il nostro business ha perso la sua utilità. All’inizio dell’anno, abbiamo continuato a lavorare con gli svizzeri che ogni tanto venivano ad acquistare merci nel nostro Paese, ma adesso anche la Svizzera si trova in piena pandemia.
Cosa è successo a marzo quando tutto si è fermato?
Ci siamo fermati anche noi. L’ufficio è stato chiuso e noi dipendenti siamo stati messi in cassa integrazione. Dall’inizio dell’emergenza non abbiamo mai riaperto. Io ho messo piede una sola volta in aeroporto da quando è stato annunciato il primo lockdown e non per lavoro, ma per andare a prendere una persona che rientrava da un viaggio.
Con la ripresa delle attività di quest’estate è cambiato qualcosa per gli aeroporti?
Veramente poco. Hanno aggiunto qualche volo, ma sempre principalmente in ambito europeo, quindi il nostro ufficio ha continuato a rimanere chiuso. Anche i negozi all’interno dell’aeroporto non hanno tirato su le saracinesche. Gli unici che hanno potuto riaprire sono state le grandi marche come Gucci o Ferragamo. Gli affitti all’aeroporto sono molto alti e gli orari molto lunghi, i negozianti hanno dovuto calcolare i pro e i contro di un’eventuale riapertura e la maggior parte ha deciso di rimanere chiusa.
Come funziona ora l’aeroporto? Quanti voli atterrano? Quali sono le condizioni per partire o per entrare in Italia?
Prima del Covid-19 avevamo un volo ogni tre minuti. Ogni giorno arrivavano sei voli dalla Cina, quattro o cinque dagli Stati Uniti, dall’Argentina, dagli Emirati. Ora c’è un volo a settimana per New York, riservato agli uomini d’affari, e gli altri voli disponibili non è detto che partano sempre: prima di decollare devono riempire l’aereo, non si muovono per due o tre eventuali passeggeri. il virus che ha addormentato il mondo
Per quanto riguarda le condizioni per partire e arrivare, si parla di una situazione in continua evoluzione. Ora si è più preparati rispetto a marzo: i tamponi sono immediati e molte più persone ci si sottopongono. All’aeroporto vengono fatti i tamponi rapidi sia ai passeggeri in uscita che a quelli in entrata e chi risulta positivo viene portato in uno dei cosiddetti “alberghi covid” dove trascorrere la quarantena.
Al momento stai lavorando?
No, al momento non lavoro. Ogni tanto organizzano delle riunioni online in cui ci aggiornano sulla situazione ma questo è l’unico rapporto che oramai intrattengo con i miei datori e con i miei colleghi. La nostra attività non è più richiesta e non so quando ripartiremo. Ovviamente abbiamo perso la quasi totalità del guadagno e ci è già stato detto che se dovranno licenziare qualcuno partiranno dai più anziani. E io che sono trent’anni che lavoro per l’aeroporto rischio di non avere più nulla da fare a partire da marzo 2021, termine della cassa integrazione.
Come trascorri le tue giornate adesso che sei costretta a rimanere a casa? Cosa è cambiato?
Mi sveglio la mattina e mi occupo della casa, porto a spasso il cane, vado a fare la spesa e cerco lavoro. Ho imparato a rinunciare a tutto ciò che può essere superfluo come i vestiti, il parrucchiere o l’estetista. Ho imparato a fare la spesa guardando le offerte! Prima ero una che buttava nel carrello gli articoli, senza preoccuparsi di guardare quanto costassero. Adesso mi faccio i conti e cerco di comprare lo stretto indispensabile. Mi sento inutile e forse questa è la cosa che più mi sconforta. Non riesco a trovare lavoro perché le offerte sono rivolte ai più giovani e sembra non esserci spazio per la mia fascia d’età. E allora mi chiedo che cosa farò poi, come potrei reinventarmi. Ci sono persone che mi hanno detto di godermi la cassa integrazione, di rilassarmi a casa, ma io ho voglia di fare, di lavorare e non mi piace sentirmi inattiva. Ma, nonostante alcuni momenti di sconforto, cerco di non buttarmi giù.
Che cosa ti aspetti dal futuro?
In realtà nulla. Non so fare previsioni, nessuno può farle. Spero che venga distribuito un vaccino quanto prima, che le attività possano tornare a fiorire e che anche il turismo possa conoscere una rinascita. Ma le mie sono solo speranze.
E a sperare in un ritorno alla normalità è anche Fabio, che lavora da vent’anni per una compagnia aerea negli uffici di assistenza al cliente
Al momento lavoro solo qualche giorno al mese, in sede fortunatamente. Questo mi ha permesso di mantenere una sorta di normalità, per quanto comunque in ufficio ci muoviamo con le mascherine e abbiamo l’obbligo di misurarci la temperatura ogni volta. Il mio è un lavoro di team, per questo motivo ho potuto continuare ad andare a lavorare in loco, mentre altri miei colleghi, addetti a esempio alla contabilità, hanno potuto svolgere le proprie mansioni in smart working.
Ancora non riesco a riorganizzare come si deve la mia giornata a casa. Mi sveglio sempre alle sette, non ho voluto stravolgere i miei ritmi. Ma spesso le mie giornate trascorrono senza alcuno scopo: mi dedico agli hobby che avevo anche prima del Covid-19, come la realizzazione di gioielli in pietre dure e argento, guardo la televisione, quando serve vado a fare la spesa e cucino molto. Mi piace sperimentare tra i fornelli e, essendo io l’addetto alla cucina, trovo l’andare a comprare gli ingredienti per i miei piatti una cosa stimolante. Ho tanta voglia di fare e spero di poter tornare presto a una vita quanto più possibile simile a quella che avevo prima di marzo, cercando comunque di mantenere dei ritmi più umani. Non ti nego che il timore di perdere il posto c’è, ma nessuno può sapere come andrà a finire.
Al momento non sto cercando di reinventarmi, non sto focalizzando un nuovo progetto, perché comunque non vivo la situazione di un’azienda che fallisce e questo mi consola. La mia è una disperazione relativa a un contesto generale che ha colpito la quasi totalità delle attività. Comunque, ho considerato di ritornare al mio primo lavoro, ossia il parrucchiere: mi sono informato su un corso di aggiornamento che però non ho ancora avuto modo di iniziare. Per me, questa sarebbe la soluzione più semplice, perché è qualcosa che so già fare, ma preferirei continuare a lavorare per la mia azienda e a crescere ancora nell’ambito del turismo. Non sono una di quelle persone che sfrutta il proprio lavoro per arrivare alla pensione, amo quello che faccio e soprattutto è ciò che ho scelto di fare.
Il mio augurio è che presto si possa uscire fuori da questa situazione e si possa tornare a una pseudo normalità. “Pseudo” perché preferirei un ritorno al passato più morbido: secondo me eravamo troppo accelerati, una ripartenza graduale potrebbe renderci più consapevoli dei nostri obiettivi. Un caos ridimensionato è quello che potrebbe essere più auspicabile: rinunciare ai super incassi senza dimezzare i posti di lavoro. Una vita più vicina agli affetti e più lontana dalla frenesia che ci avvelenava l’esistenza.
Tornare a scoprire il virus che ha addormentato il mondo
Ognuno di noi spera di poter tornare al più presto alla normalità, frenetica o meno che sia, di poter tornare a viaggiare, a scoprire, a meravigliarsi. I negozianti sperano di poter riprendere le attività, i ristoratori di ricominciare ad appagare il palato delle persone e i lavoratori per il turismo a portarci nuovamente in vacanza. il virus che ha addormentato il mondo
Per il momento si naviga a vista. Non si può sapere come andrà a finire, quando le persone potranno tornare a sorvolare le città e a conoscere nuove culture, quando potremo tornare ad accogliere gente da tutto il Mondo per mostrare le bellezze della nostra terra.
Sicuramente anche il turismo, come è stato per altre attività prima di lui, avrà una lenta e difficile ripartenza, chissà quando e a quali condizioni, ma anche noi, come Rossella e Fabio, non perdiamo la speranza di poter tornare a viaggiare liberi dai vincoli che questa pandemia ci impone, leggeri e senza opprimenti paure, perché, come affermava Antoine de Saint-Exupéry, “per viaggiare felice, viaggia leggero”.