La primavera del 2021 potrebbe essere il punto di svolta nella lotta alla pandemia globale, tanto che nell’immaginario collettivo i mesi di Marzo, Aprile e Maggio 2021 corrispondono a un generale sentimento di programmazione, ripresa delle attività, dovuto, su tutto, alle previsioni che vedono questo come periodo cruciale nella distribuzione di un futuro vaccino. Lo scenario della politica nazionale non si astiene da queste dinamiche e torna prepotente con le elezioni amministrative romane, che eleggeranno il futuro sindaco -o sindaca- della città capitolina. Elezioni romane ai raggi x. Sarà sfida a tre? Direttore responsabile: Claudio Palazzi
A configurarsi, però, non è il bipolarismo nazionale (centro-destra unito vs centro-sinistra + m5s), bensì uno scontro a tre, che vedrebbe, a combattersi lo scranno del potere sui 15 municipi, Guido Bertolaso, ex capo della protezione civile, Virginia Raggi, sindaca uscente e Carlo Calenda, quest’ultimo autoproclamatosi candidato del centro-sinistra.

Guido Bertolaso. Nel 2016 era già stato proposto come candidato di una lista unitaria di centrodestra, con l’ipotetico appoggio di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Rimase, questa, soltanto una proposta: la Meloni scelse di scendere in campo ottenendo l’appoggio di Salvini, Forza Italia si distaccò appoggiando la candidatura di Alfio Marchini. Nel 2016 lo scenario era radicalmente diverso. Quattro anni fa, la destra aveva poco (o nulla) da perdere. Il trend attuale vede l’alleanza tra Salvini, Meloni e Berlusconi avanti a tutta la concorrenza e il recente passato ha dimostrato che il principale nemico della destra è proprio la destra: Lucia Borgonzoni e Susanna Ceccardi non sono state candidate all’altezza, e la competizione regionale ha assunto le farsesche sembianze di una lotta a chi possedeva meno appeal. In questo senso Guido Bertolaso potrebbe emergere come leader conciliatorio delle diverse anime dello schieramento, nonché come figura affidabile e di esperienza. Sempre che non si decida di appoggiare la candidatura di Vittorio Sgarbi, personalità che sarebbe gradita alla Meloni, la quale potrebbe far valere gli ottimi risultati ottenuti alle scorse regionali nell’ottica di una vera e propria affermazione di FdI come “partito guida” della coalizione.

Virginia Raggi. La sindaca uscente, nonostante l’umore generale non proprio dalla sua parte, sceglie la strada della ricandidatura, che però non passa dalle velleità di alleanza con il centrosinistra. Una strada forse discutibile, ma che inserita in un contesto di probabile ballottaggio finale, potrebbe non favorire più di tanto il centro-destra, posto che il Movimento sia disponibile, qualora il caso dovesse presentarsi, a far convergere il voto sul candidato del centro-sx, o viceversa. Cosa che, ad oggi, non pare in discussione, dato che il rischio di perdere Roma potrebbe pesare non poco sull’alleanza di governo.

Il bilancio dei quattro anni della Raggi al Campidoglio resta ambiguo: dal caos delle nomine ai guai giudiziari, dall’inefficienza di Atac (nonostante l’azienda abbia chiuso il 2019 con un bilancio in positivo, per la prima volta nella sua storia) alla crisi della gestione rifiuti. Lo scenario, rispetto a quattro anni fa, è profondamente cambiato; la perdita di consenso della Raggi è nitida e passa dai pochi risultati ottenuti ai malumori interni, fino alla generale emorragia di voti che colpisce il Movimento a livello nazionale.

Carlo Calenda. La sua è l’unica candidatura davvero ufficiale. Sarà, per Calenda, la prima sfida da leader. L’ex ministro dello sviluppo economico dei governi Renzi e Gentiloni aveva già dato l’impressione di volersi mettere in gioco fondando Azione, ma adesso sembra voler fare sul serio. Difficile pensare che il Pd non supporti la sua proposta: Calenda è un attore politico fin troppo credibile per lasciarselo scappare; gode già di per sé di indici di gradimento elevati ed è una figura capace di far convergere centristi (Italia Viva, Più Europa) e sinistra moderata (Bersani, Zingaretti), raccogliendo anche i consensi di un centro-destra liberal-imprenditorialistico che si vedrebbe ben rappresentato dal 47enne romano, il quale non ha mai nascosto le sue simpatie per il mondo delle imprese. Il problema resterebbe la questione delle primarie PD, che però con tutta probabilità non verranno disputate, data la situazione Covid, oltre all’ipotetica candidatura di Monica Cirinnà; la senatrice dem ha già espresso più volte la volontà di partecipare alla sfida elettorale, ponendosi anche a favore dello svolgimento delle primarie democratiche.

Da quest’intesa resterebbero fuori i 5stelle, con l’accordo di “allearsi” nel probabile contesto di ballottaggio con la destra.

A questi nomi si aggiunge la folkloristica auto-candidatura di Massimo Giletti, che per adesso assomiglia più a una provocazione televisiva che a una reale prospettiva politica: se non ci fosse nessun partito disposto a supportarlo, lo scenario del conduttore-sindaco rimarrebbe solo una suggestione; oltretutto le sue ultime dichiarazioni sembrano aver smentito un’ipotetica partecipazione alla corsa.

La lotta di potere all’interno della destra, la crisi identitaria dei 5 stelle e le contraddizioni della sinistra.  Le dinamiche della politica nazionale sono pronte a piombare su Roma. Ma a Roma serve tutto questo? I problemi della Capitale sono davanti agli occhi di tutti. Chiunque ricopra quella carica potrebbe essere condannato a ricoprire solo un ruolo di “front office” che nulla può contro lo spietato “sistema Roma”.

Ci si chiede da tempo se ormai la città non abbia bisogno di un commissariamento: in questo senso la scelta della destra di candidare Guido Bertolaso potrebbe rivelarsi indovinata; avendo lui stesso ricoperto incarichi -seppur con risultati talvolta ambigui- di Commissario straordinario, tra le altre, dell’emergenza rifiuti a Napoli e del terremoto dell’Aquila.

Ci si chiede se Roma non abbia bisogno di continuità e stabilità amministrativa, in questo caso la preferenza ricadrebbe sulla Raggi.

Ci si chiede, infine, se la città non abbia forse bisogno di un processo di ammodernamento e di un alleggerimento della struttura burocratica: Calenda.

Le amministrative capitoline del 2021 rischiano di diventare un crocevia per il governo nazionale, che si troverà immediatamente ad affrontare gli effetti elettorali della gestione sanitaria, economica e sociale della seconda ondata della pandemia. Non si prevede un clima disteso: a queste problematiche si aggiungeranno quelle strutturali della Capitale: bilancio, trasporti, rifiuti. Problematiche aggravate dalla pandemia e destinate ad essere affrontate, una volta e (si spera) per tutte.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here