Il falso contagio ateniese

Violenza. Questo potrebbe sembrare il messaggio che il corteo del 15 ottobre a Roma ha fatto pervenire all’opinione pubblica.

E invece non è così.

Questo è il messaggio di una cinquantina di facinorosi totalmente lontani, distaccati dalle idee e dalle intenzioni delle migliaia di studenti, precari, disoccupati e lavoratori con stipendi da fame presenti al corteo.

Ovviamente quello che fa  “notizia” sono i gravi tafferugli e non la manifestazione con i suoi  slogan forse considerati triti e ritriti, perché oramai li sentiamo nei diversi cortei, sono la solita  protesta verso l’operato delle nostre istituzioni.

E invece non è così.

Non sono slogan triti e ritriti e certamente non si può sminuire l’importanza di queste manifestazioni come “normale consuetudine”. Il lavoro che c’è dietro l’organizzazione delle dimostrazioni è colossale: l’elaborazione delle richieste, degli slogan, dei programmi e delle proposte. Un esempio riguardo questo tipo di lavoro  è l’operato dei collettivi delle facoltà appartenenti alle università italiane. A Roma il collettivo di Scienze Politiche stava organizzando in modo meticoloso da tempo questa manifestazione con intenti pacifici. Sono bastate 5 ore di follia di una cinquantina di persone senza un minimo di criterio né di ideologia per mandare all’aria tutti i piani degli studenti. I loro obbiettivi erano quelli di accamparsi a corteo finito per reclamare i diritti  negati a loro e a tutte le nuove generazioni da chi ha prodotto la crisi e dalle istituzioni  incapaci di gestire la situazione.  I loro propositi venivano divulgati attraverso forme di protesta sana e pacifica. Mentre i facinorosi che hanno seminato distruzione nelle strade di Roma non avevano nessuno scopo. Il loro fine non era una battaglia politica ma solo violenza e rabbia allo stato puro.

Questa cinquantina di esaltati non hanno la benché minima coscienza di quello che fanno e probabilmente, grazie alla loro “preparazione”, sono stati pilotatati da loschi individui a cui interessa la destabilizzazione di qualsiasi forma di protesta che contesti in modo sano le attuali istituzioni.

Se i facinorosi credessero veramente nei loro “ideali” sarebbe facile domandasi perché non organizzano mai una loro dimostrazione. Invece preferiscono infiltrarsi come “parassiti” in mezzo a manifestanti che non condividono minimamente le loro azioni e che addirittura in diverse occasioni hanno intimato loro di andare “fuori” dal corteo.

Ovviamente la violenza genera violenza. Anche dalla parte delle forze dell’ordine ci sono dei violenti (per fortuna una minoranza altrimenti sarebbe avvenuto un massacro) pronti a manganellare chiunque gli si pari davanti. Era facile assistere a esternazioni di alcuni celerini che insultavano vecchietti o turisti che si trovavano per caso nel mezzo della manifestazione. Capitava anche che bloccare i violenti manganellavano ragazzini indifesi.

Ma ovviamente non si può fare “di tutta l’erba un fascio”. Così come un’esigua percentuale dei manifestanti (che potrebbe aggirarsi a meno dello 0,1%) si è dimostrata priva di buonsenso, anche tra i poliziotti e i  carabinieri potrebbe esserci stata la medesima percentuale di sprovveduti (vedi i video di Repubblica ndr.). È però doveroso specificare che in quest’ultimo caso l’atto di violenza e intimidazione è ben più grave dato  il ruolo ricoperto dalle forze dell’ordine.

Ad ogni modo è assurdo paragonare,  come da qualcuno è stato fatto,  le violenze del 15 ottobre a Roma a quelle di Atene. Così come è inutile parlare di una possibile base per una rivoluzione.

La violenza è sì sbagliata, ma nella storia è servita talvolta a risolvere pericolose impasse che negavano libertà e diritti fondamentali dell’individuo. Esempi eclatanti sono: la Rivoluzione Francese, la Rivoluzione Americana, le nostre guerre d’Indipendenza e le lotte partigiane per arrivare a un profilo più basso ma che ha pur sempre cambiato la storia di diversi Paesi come le lotte del ‘68. Ma queste sono state rivoluzioni o lotte studiate a tavolino che hanno trovato largo consenso e sono state portate avanti con metodicità. Anche in Francia nel nuovo millennio abbiamo assistito nel 2005 alle rivolte nelle banlieue. Così come da mesi ci sono tensione nelle strade di Atene. Anche queste forme di protesta comunque violente (e quindi fondamentalmente deprecabili) hanno un fine politico e sociale ben determinato. Tutte queste forme di lotta hanno avuto un largo consenso e si sono svolte con continuità fino ad arrivare a dei vinti e  dei vincitori. O portando a patteggiamenti che hanno condotto a  cambiamenti nella società.

Il 15 ottobre invece si è assistito al puro e semplice vandalismo. Vandalismo legato a quello perpetrato il 14 dicembre 2010 sempre a Roma. Quindi niente continuità e metodicità, nessun fine politico e sociale, nessun largo consenso, nessun vinto o vincitore. È questa la linea che divide un bieco atto vandalico e l’ostentazione di rabbia e violenza fini a se stessi da una lotta che  può segnare  la storia.

L’assurdità delle azioni di questa piccola percentuale di facinorosi si è enfatizzata quando hanno urlato “pecore” ai manifestanti del “comitato 15 ottobre” e agli studenti dei collettivi colpevoli solo di avere un cervello funzionante e un piano di protesta costruttivo e pacifico.

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