Un po’ di storia delle Reggiane

Le Officine Meccaniche Italiane S.A., meglio note come Officine Meccaniche Reggiane, o più semplicemente “Reggiane”, fondate a Reggio Emilia nell’agosto del 1901 ad opera dell’Ingegner Romano Righi, furono una delle più importanti realtà industriali italiane. Le Officine Meccaniche Reggiane non solo davano lavoro ai cittadini ma richiamavano in città anche operai, ingeneri da tutta Italia creando quella che viene definita l'”Università della meccanica”.

Le Reggiane iniziano la loro attività produttiva con la fabbricazione di convogli ferroviari. Successivamente, con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, esse ampliano la produzione all’industria bellica (artiglieria e aerei da combattimento), entrando in contatto con il mondo aeronautico e con la Caproni. La crisi degli anni Venti non risparmiò neanche le Reggiane che videro, oltre ad acquisizioni societarie per diversificare la produzione (mulini, pastifici, laterizi, silo), anche la chiusura di alcuni stabilimenti (Monza, Modena) e una occupazione operaia.

Nel 1933 l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (I.R.I.) acquisisce la maggioranza azionaria consentendo il salvataggio degli impianti di Reggio Emilia. Nel 1935 la Caproni acquisisce dall’I.R.I. il pacchetto azionario di maggioranza delle Reggiane. Inizia una forte espansione del settore avio, soprattutto dal 1936 al 1943. Nonostante la presenza di elementi antifascisti in fabbrica, il regime fascista al potere, proprio per l’importanza strategica che l’azienda aveva in campo bellico, controllava completamente la produzione e il personale impiegato.

Il 28 luglio 1943 è ricordato per l'”Eccidio delle Reggiane”. Gli operai diedero vita ad una manifestazione per chiedere la fine della guerra e, usciti dai cancelli vennero raggiunti da colpi d’arma da fuoco. Nel gennaio del 1944 i bombardamenti alleati rasero al suolo gli stabilimenti di Reggio Emilia, i macchinari salvatisi dal disastro vennero immagazzinati nelle vicinanze di Reggio Emilia ed in altre località del nord Italia in cui venne decentrata anche la produzione. Fu nel 1945 che, in seguito alle distruzioni di guerra e alle condizioni di pace imposte dagli alleati, la divisione aeronautica delle Reggiane chiuse.

Nel 1950 alle Reggiane – a fronte di un piano di 2100 licenziamenti – inizia la più lunga occupazione di una fabbrica da parte degli operai della storia italiana. Iniziata nell’ottobre del ’50, terminerà nell’ottobre del ’51 quando si procederà liquidando l’azienda. Nel corso dell’occupazione fu progettato e prodotto un trattore cingolato chiamato R60 (“la vacca di ferro”), con l’intento di dimostrare che l’azienda aveva la potenzialità per riconvertire la propria produzione da bellica a macchinari per l’agricoltura.

Dagli anni Sessanta la produzione si concentrò sulla realizzazione di locomotive, treni e impianti per zuccherifici. Negli anni Ottanta sulla realizzazione di grandi impianti di dissalazione, ma, il vero rilancio dell’Azienda avvenne con la realizzazione di Gru portuali, a partire dagli anni Novanta.

La situazione attuale

La sede produttiva e amministrativa storica (attiva dal 1904 al 2008), adiacente la stazione ferroviaria, è attualmente in stato di abbandono. Comprende una ventina di capannoni e tre palazzine ex-uffici, per un totale di 260 mila metri quadrati.

Il Comune di Reggio Emilia ha iniziato un processo di recupero dell’area acquistando e ristrutturando uno dei capannoni: l’Ex Padiglione 19 rinominato Tecnopolo, destinato all’innovazione tecnologica in partnership con l’intera rete degli atenei regionali e il CNR, con ENEA e INFN e il coordinamento della Regione attraverso ART-ER, la società consortile regionale per la crescita sostenibile, l’innovazione e l’attrattività.

Il Tecnopolo di Reggio Emilia fa parte del progetto ecosistemi dell’innovazione (“Ecosistema per la transizione sostenibile in Emilia-Romagna”) da oltre 100 milioni di euro arrivato al primo posto del bando PNRR.

Il mito continua all’insegna dell’arte urbana

Le Reggiane sono state per il capoluogo emiliano un punto di riferimento: durante il loro periodo di massima produzione ogni famiglia aveva almeno un componente o un conoscente che lavorava in quella fabbrica sconfinata. Negli anni 1941-1943 le Officine Meccaniche Reggiane si collocano al quarto posto in Italia dopo la Fiat, l’Ansaldo e la Breda per importanza, numero di dipendenti, volume di lavoro, arrivando a occupare più di 11.000 dipendenti.

Simone Ferrarini, del Collettivo FX, racconta:

Il 2008 segna il dislocamento della sede e il definitivo abbandono degli stabilimenti adiacenti alla stazione ferroviaria. Si chiude una parte di storia e se ne riapre un’altra. Nel 2012, sia writers che street artists hanno scavalcato i muri e iniziato a dipingere con lo scopo di riconquistarsi uno spazio storico che apparteneva alla città. Fino al 2015 si andava a dipingere per dipingere, si imparava asta e rullo, l’incastro con la finestra, dipingere con le corde, dipingere con la scala, fare grandi muri, la pertica da terra (asta, asta + rullo, asta + rullo + scala, traccia: questi alcuni termini tecnici). Questa è stata la cosiddetta fase tecnica. Il culmine è stato quando c’erano anche sessanta, settanta persone che venivano da tutta Italia e non solo per dipingere lì e provare nuove tecniche.

Dopodiché inizia la seconda fase, quella dell’utilizzo del linguaggio per costruire una mediazione e una relazione. C’è stata infatti una occupazione di molti senzatetto, persone che prima vivevano lì in maniera sporadica e che hanno iniziato a stabilirsi lì, persone che avevano perso il lavoro ed anche qualche sbandato. Dalla fine del 2017 si sono costruiti all’interno degli ambienti delle Reggiane cucine, sale, meccanico di bici, ristorante, parrucchiere. Di fatto è diventato un quartiere spontaneo con abitazioni spontanee. Un intero ecosistema sui generis dove però non mancava il degrado.

A quel punto si andava a dipingere non più in un posto completamente libero ma in un posto vissuto e le dinamiche cambiarono. Un anno fa questo quartiere spontaneo è stato smantellato, le persone sono state messe in diversi appartamenti e nell’ultimo anno si andava a dipingere in maniera molto più sporadica.

Secondo Simone Ferrarini, la vera riqualificazione delle Reggiane passa attraverso la cultura.

In seguito alla riqualificazione molte delle opere sono però andate perdute. Oggi mostre fotografiche sono allestite in alcuni capannoni delle Reggiane, quelli visitabili. Tra queste, la mostra fotografica “Un tocco di classe” nel capannone 18. A queste si aggiungono uno skate park e, i già citati interventi di street art rimasti.

Le Officine Meccaniche Reggiane sono state una scuola di meccanica, artistica e di società. Tuttavia, non se ne può parlare al passato perché, di fatto, le Reggiane esistono ancora.

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