Kosovo e Serbia: possibile pacificazione o nuovo clima di guerra?

Fu l’esito di un conflitto armato, svoltosi tra il 1996 e 1999, che pose fine alla “sanguinosa” guerra che interessò i territori dell’ex Jugoslavia. Due i territori coinvolti: il Kosovo, considerato territorio autonomo dal 1989, che rivendicava la propria indipendenza territoriale e politica; la Serbia che considera il Kosovo come un territorio sacro per i serbi, come una provincia serba.

Importante sottolineare come i rapporti tra queste due regioni dell’ex Jugoslavia siano stati sempre molto tesi e come solo dopo 78 giorni dall’intervento militare della NATO si raggiunse un accordo che metteva fine alla guerra e che imponeva alla Serbia di ritirare le truppe e riconoscere la presenza in Kosovo di un contingente militare, sotto controllo dell’ONU, con lo scopo di garantire il regolare tenore di vita. La sua fine ha rappresentato la conclusione di 10 anni di conflitti etnici dando inizio ad un periodo di pace e di progresso economico e democratico.
Dopo ben 19 anni il clima di pace sembra essere svanito a causa degli ultimi avvenimenti politici.

Panoramica Storica: il periodo Ottomano

Essenziale ricordare i tratti storici che hanno caratterizzato la storiografia delle due Nazioni. Per oltre cinquecento anni i Balcani furono governati dai turchi ottomani. La Penisola era divisa in molti distretti amministrativi. Grazie alla tolleranza religiosa i cristiani convissero con i musulmani, conservando diritti e privilegi e luoghi di culto.

Nel XII sec.  i turchi subiscono una grave sconfitta da parte delle truppe asburgiche alle porte di Vienna e, dopo la conquista di Budapest ,nel 1689 l’Impero austriaco si estendeva fino a Belgrado. Ma è un dominio breve. Minacciati alle loro frontiere occidentali da Luigi XIV di Francia, gli Asburgo si ritirano dai Balcani, riconsegnando il potere agli Ottomani. Nel 1690 comincia l’esodo dal Kosovo dei serbi che, sotto la guida del patriarca Arsenije III, sono costretti a ritirarsi verso la Serbia per evitare una disastrosa pulizia etnica da parte dei turchi.

Periodo dell’Impero Austro-ungarico

Altre immigrazioni avvennero nel 1735-39 a causa della guerra fra la Russia e il Regno asburgico contro l’impero ottomano. Nel Kosovo queste migrazioni lasciarono effetti duraturi. Cambiò la composizione etnica, gli albanesi non solo popolavano i villaggi abbandonati,ma anche le città.

La Serbia, con l’appoggio dell’Impero Russo, ottenne l’autonomia con due rivoluzioni nel 1804 e nel 1815 e si strutturò nel Principato di Serbia, nonostante le truppe turche presidiassero la capitale.  Episodio importante nel 1878 a Prizren, nel sud del Kosovo, viene fondata la “Lega di Prizren”, centro del movimento nazionale di tutti gli albanesi. L’obiettivo principale è la liberazione nazionale di tutta la popolazione albanese e l’unificazione in una bandiera.  Alcuni anni dopo il sogno sembra cominciare a realizzarsi: la Lega di Prizren istituisce un governo provvisorio dell’Albania che controlla tutto il Kosovo e la Macedonia occidentale. Ma già l’anno successivo il governo ottomano riconquista i territori albanesi e mette fuori legge la Lega di Prizren che continuerà ad esistere in forma clandestina.

La decadenza dell’Impero Ottomano è ormai evidente: tra il 1909 ed il 1912 il movimento nazionale albanese torna a controllare tutto il Kosovo, spingendosi fin nel cuore della Macedonia, arrivando a proclamare a Vlore (Valona) l’Albania indipendente.  Il 1912, con l’appoggio della Russia e della Francia, i serbi occupano tutto il Kosovo ed è annesso alla Serbia. Due anni dopo, nel 1914, il 28 giugno, l’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria viene assassinato a Sarajevo da un nazionalista serbo: un mese dopo scoppia la prima guerra mondiale durante la quale il Kosovo – sarà temporaneamente occupato e diviso tra gli eserciti austro-ungarico e bulgaro che se ne contendono il controllo.

Il Kosovo nel Regno di Jugoslavia e la seconda Guerra Mondiale

A  guerra finita sono gli accordi di Versailles a stabilire che Kosovo e Macedonia passino al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni che a partire dal 1929 diventerà Jugoslavia. La maggioranza albanese del Kosovo diventa una minoranza del Regno, oppressa e quasi priva di diritti. Si diffondono espropri, violenza generalizzata e distruzione di villaggi nel Kosovo. Trecentomila albanesi vengono forzatamente trasferiti in Turchia. Allo scoppio della seconda guerra mondiale i Balcani vengono invasi dalle truppe italo tedesche: il Kosovo e la parte occidentale della Macedonia vengono occupate militarmente dall’Italia e unite all’Albania. Dopo la resa dell’Esercito italiano, i territori albanesi vengono occupati dalle truppe tedesche. Sul finire della guerra la resistenza jugoslava, guidata da Tito, oltre a proclamare la Repubblica Federale di Jugoslavia, socialista, occupa il Kosovo e lo ingloba nella Jugoslavia in quanto provincia autonoma della Repubblica Socialista di Serbia.  Il ventennio che va dal 1946 al 1966 è per il Kosovo un periodo di dura repressione: l’artefice del tentativo di controllare gli albanesi è il ministro dell’Interno, Alexander Rankovic.

Il Kosovo nella Unione Sovietica

Nel 1963 la nuova costituzione jugoslava equipara l’autonomia del Kosovo a una provincia autonoma della Serbia con cui si afferma uno status di autonomia. Il 1968 diventa così un anno caldo. Gli albanesi chiedono la trasformazione del Kosovo in Repubblica e tensioni e scontri attraversano tutta la provincia.  Nel 1974 la Jugoslavia approva la sua terza riforma della Costituzione. Il Kosovo, pur rimanendo una provincia autonoma della Serbia viene riconosciuto come uno dei soggetti costitutivi della stessa Jugoslavia, con una propria costituzione, un proprio governo, un proprio parlamento, una propria magistratura, un proprio sistema scolastico e altre istituzioni indipendenti da quelle serbe.  La morte del maresciallo Tito, nel 1980, apre le porte al disastro. Le manifestazioni degli albanesi riprendono. Gli studenti tornano a rivendicare non solo migliori condizioni di vita, ma soprattutto lo status di “Repubblica del Kosova”. Sono gli anni del famigerato Memorandum di alcuni membri dell’Accademia delle Scienze e delle Arti di Belgrado (1985) e degli appelli del 1986, sottoscritti da numerosi intellettuali di varie tendenze che lamentano “il genocidio a cui sono sottoposti i serbi in Kosovo”.

Nel 1987 prende il potere a Belgrado Slobodan Milosevic, per rafforzare il suo potere a giocare la carta del nazionalismo più acceso che mira alla cancellazione definitiva dell’autonomia del Kosovo. Ciò avvenne nel luglio del 1989, viene eletto Presidente della Serbia: sancisce la definiva cancellazione dell’autonomia del Kosovo.   Il 2 luglio 1990 il parlamento del Kosovo autoproclama la Repubblica del Kosova all’interno della ormai disgregata Federazione Jugoslavia.

Gli anni successivi a Belgrado viene proclamata la Federazione jugoslava che comprende la Serbia, con le province di Kosovo e Voivodina, ed il Montenegro. A partire da questo momento comincia la vera tragedia del Kosovo che culminerà nella nascita del terrorismo albanese prodotto dall’UCK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo prima e poi nella “guerra umanitaria” della NATO del 1999.

Il contesto odierno

La costituzione di un governo e parlamento fu prevista dalla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 1244 ma la normalizzazione fu causa di rivolte e proteste nel 2004. La morte del presidente  Ibrahim Rugova avvenuta nel gennaio 2006 avviò il piano per lo status finale del Kosovo ma non accetto né dai serbi, per paura della loro ridotta sovranità e né dai kosovari, desiderosi di una piena indipendenza. Soltanto nel 2008 la proclamazione d’indipendenza divenne una realtà. Approvata dal Parlamento di Pristina, il Kosovo si è dotato di un proprio simbolo e stemma.

Molti paesi hanno riconosciuto l’indipendenza come Gran Britannia, Germania, Italia, Costa Rica e Stati Uniti, ma altri paesi sono contrari in quanto lesivo per l’instabilità interna e le autonomie. Il diritto internazionale riconosce come vigente la Risoluzione 1244 con cui il riconoscimento di un nuovo stato e l’instaurarsi di rapporti diplomatici non sono fattori sufficienti per la Nascita di uno Stato.

Grazie ad un accordo firmato nell’Aprile del 2013, promosso dall’UE, approvato da Belgrado e Kosovo, la Serbia seppur non riconoscendo l’indipendenza, riconosce l’autonomia del Kosovo e conferisce indirettamente legittimità al governo.

I difficili rapporti tra Serbia e Kosovo

Sebbene i due protagonisti dei Balcani abbiano trovato, almeno formalmente, una circostanza  di equilibrio sul punto di vista istituzionale, sembra profilarsi il rischio di un nuovo scontro territoriale: la comunità serba del Kosovo del Nord, minaccia la separazione dal Kosovo per ricongiungersi con la Serbia,ciò provocherebbe la ripartizione della città  Kosovska Mitrovica, attraversata essa stessa dal fiume e abitata dai serbi sul lato nord e dagli albanesi sul lato sud. Il discorso del presidente serbo Aleksandar Vucic ha affermato: “L’unico modo per preservare il Kosovo in Serbia e ripristinare la sovranità è quello di riesaminare drasticamente la politica dell’integrazione europea, perché è la chiave di tutto.”

Nonostante i continui dissidi, aprire le porte all’Unione Europea sarebbe una soluzione ragionevole per placare i continui conflitti. Ciò sembrerebbe accadere nelle ultime settimane tre i due presidenti della Serbia e Kosovo nei territori citati. Un possibile baratto territoriale, scambio di territori, per risolvere la questione. La regione del Kosovo a maggioranza serba  passerebbe alla Serbia, che cederebbe in cambio alcune municipalità a maggioranza albanese, situate nella Valle di Preševo.

Un Do ut des che permetterebbe la definitiva normalizzazione dei rapporti.   La comunità internazionale si è rivelata favorevole sullo scambio di territori che  si fonderebbe sul criterio dell’appartenenza etnica, ma altri temono che questo evento possa portare ad una fase di instabilità che investirebbe l’intera regione.

Il presidente serbo Aleksandar Vučić e  kosovaro Hashim Thaçi hanno spiegato che un accordo converrebbe a entrambi i paesi, anche se nessuno dei due paesi ha chiarito ufficialmente quale pezzo del proprio territorio intende scambiare. Detto ciò la questione del baratto è in attesa del 7 settembre quando si incontreranno di nuovo a Bruxelles per portare avanti i negoziati con la mediazione dell’Alto rappresentante dell’UE per gli esteri, Federica Mogherini.   Non resta che attendere l’ incontro dove sicuramente si avranno le risposte desiderate e sperare in una pacificazione definita e duratura sia per l’intera regione che per i suoi cittadini.

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