La tecnologia è uno dei maggiori protagonisti del ventunesimo secolo, in continua evoluzione e sempre diretta verso nuovi traguardi. La controversia tra tecnologia e socialitàLa controversia tra tecnologia e socialità. Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Da quando il covid-19 ha sconvolto la nostra quotidianità, gli strumenti tecnologici a disposizione hanno permesso di continuare attività fondamentali come il lavoro e lo studio. Sigle quali DAD (Didattica A Distanza) e smart working sono entrate a far parte del nostro vocabolario.

Non tutte le persone però hanno uno stesso rapporto con la tecnologia, specialmente in relazione all’età. I giovani sono più portati per l’apprendimento delle nuove regole tecnologiche, essendo abituati all’utilizzo di strumenti multimediali fin dalla tenera età. In ambito lavorativo, la capacità di utilizzare i più disparati supporti tecnologi, si basa soprattutto sulla tipologia occupazionale. Non a caso per molti insegnanti la didattica a distanza è stata un banco di prova che, volenti o nolenti, hanno dovuto affrontare. Infine le persone più anziane, che non hanno piena accessibilità alle recenti innovazioni tecnologiche, risultano estranee a questa nuova modalità, in quanto non avendo dimestichezza con l’informatica non riescono neppure ad avviare una videochiamata o a leggere un messaggio digitale. Il valore delle esperienze in presenza non può essere sostituito da alcun tipo di tecnologia, da alcuno strumento innovativo che si presti ad essere un’alternativa.

Abbiamo intervistato alcune persone di diverse età, ponendo l’accento sul rapporto (anche controverso) che essi hanno con gli strumenti telematici e come questi ultimi stiano modificando le relazioni sociali.

Quale è il suo rapporto con la tecnologia? Quali sono gli strumenti che utilizza di più e per quale scopo?

Nella maggior parte dei casi il rapporto con la tecnologia è ottimale e lo era anche prima dell’inizio della pandemia, anche se si è notato un incremento dell’utilizzo degli strumenti telematici.
Per quanto riguarda alcune tipologie lavorative, principalmente il cellulare è diventato uno strumento basilare per lo smart working. Il suo utilizzo non è più solo personale (navigazione su rete, posta elettronica, varie applicazioni, Home Banking) ma anche lavorativo, potendo partecipare a riunioni, inviare file e anche usarlo come telefono d’ufficio.
Per la scuola primaria si ha un ventaglio di strumenti differenti: computer, cellulare, tablet. Il personal computer viene utilizzato principalmente per lo studio, per svolgere ricerche, mentre il cellulare e il tablet divengono multifunzionali. Non solo per navigare su Internet, ma anche per sentire i propri amici e parenti; la play station non ha più solo valenza di intrattenimento, è anche luogo di incontro per poter vedere i propri amici.
Ci sono anche casi in cui il rapporto con la tecnologia diviene controverso: Valerio è pigro e all’antica, mentre lei è iperattiva e al passo con la modernità. L’uso che ne fa è moderato, anche se la valenza sociale, e culturale, degli strumenti telematici è divenuta necessaria in questo momento storico. Valerio sottolinea lo scopo ricreativo dei social network ed è ben consapevole che essi non potranno mai sostituire le indispensabili relazioni sociali.

Con la prima quarantena come è cambiato il suo rapporto con la tecnologia? Il suo modo di interagire con i suoi amici e parenti è cambiato?

Durante il primo periodo di quarantena tutti gli intervistati hanno modificato il loro rapporto con la tecnologia, migliorando le proprie conoscenze e utilizzando nuovi strumenti offerti dai sistemi operativi.
In ambito lavorativo è grazie ad essa che si è potuto continuare a esercitare il proprio mestiere e anche, per Barbara, interfacciarsi con gli altri come se fosse in presenza.
In ambito scolastico la situazione appare un diversa. I più piccoli pensavano che il virus si sarebbe estinto presto, così hanno rinunciato alle giornate con gli amici e si sono concentrati solo sulle lezioni a distanza, anche escogitando qualche sotterfugio per esimersi da qualche presenza nella classe telematica.
Per quanto riguarda il liceo, la grande mole di lavoro, sia mattutina che pomeridiana, non permetteva il distanziamento dal computer; così si è lamentata la stanchezza sia fisica (la vista) che anche mentale, per il continuo interfacciarsi con il monitor del computer.
Allo stesso modo le videochiamate hanno permesso di azzerare le distanze tra parenti e amici, intensificando così telefonate e incontri telematici; tutto questo ha permesso di sentirsi meno soli e di affrontare, insieme, la difficile situazione.

Quale è stata la tua reazione alle lezioni in DAD (didattica a distanza)? È già passato un anno da quando le lezioni sono passate completamente online: hai notato dei cambiamenti nei confronti delle lezioni, dello studio e della comunicazione con i professori? Preferisci le modalità di insegnamento in DAD o quelle precedenti alla pandemia?

Gli studenti della primaria inizialmente hanno avuto una reazione positiva alla DAD, principalmente per la comodità a essa collegata. A un anno di distanza però, si fanno sentire la stanchezza e le difficoltà che accompagnano questa tipologia di didattica.
Molto spesso si utilizza buona parte della vecchia “prima ora” per poter fare l’appello e capire chi davvero sia presente. Dal punto di vista dei ragazzi, alcuni insegnanti hanno modificato il loro approccio verso gli studenti in negativo, mentre nella maggior parte dei casi sono disponibili e molto presenti.
Parlando della situazione del liceo, inizialmente Valerio ha avuto un atteggiamento superficiale nei confronti della DAD, pensando che la situazione sarebbe presto tornata alla normalità. Le difficoltà sono diverse: poca concentrazione e determinazione da parte degli studenti nei confronti dello studio,molteplici elementi di distrazione e approcci troppo esigenti di alcuni professori.
Si vorrebbe tornare in presenza, anche in una modalità mista; di certo la riapertura delle scuole potrebbe significare anche la ripresa dell’attività sportiva, che manca a moltissimi.
Ciò che è chiaro, riscontrato in tutte le testimonianze, è che la vera scuola è in presenza, senza filtri telematici e tecnologici, con la possibilità di poter interagire con i propri coetanei e facendo tesoro di uno dei periodi più belli e importanti della vita di un individuo.

Il suo lavoro ha subito dei mutamenti dallo scoppio della pandemia? Ha possibilità di scegliere la modalità in cui lavorare o avviene solo “a distanza”? Ci sono stati dei cambiamenti nei rapporti con i suoi colleghi e superiori?

Il lavoro di Barbara non ha subito alcuna modifica e l’azienda ha offerto la possibilità di scegliere la modalità in cui lavorare. Nel suo caso già prima della pandemia, una volta a settimana poteva lavorare in smartworking e l’azienda stava valutando se aumentare i giorni a distanza.
Logicamente potersi relazionare con i propri colleghi de visu è molto meglio, rispetto all’interfaccia con una webcam, così come il semplice piacere di poter prendere un caffè insieme.

Che cos’è la socialità?

Il periodo precedente al covid-19 permetteva di vivere la quotidianità, di cui molti si lamentavano. Andare al cinema o a teatro, viaggiare, andare a un concerto, partecipare a un incontro sportivo e cercare i propri cari tra il pubblico a fare il tifo; potersi dare la mano e ricevere un abbraccio, invitare a casa i propri cari. Questi sono quei piccoli, ma grandi, gesti che più mancano del periodo precedente alla pandemia.
La socialità è l’annullamento delle distanze, la possibilità di stare insieme, avere la propria porta di casa sempre aperta per le persone a noi care. È interazione con gli altri, rapporto diretto e concreto che si instaura stando vicini. È l’aggregazione di persone, etnie, idee, valori e culture diverse, che creano qualcosa di nuovo e che lasciano un segno profondo in ciascuno di noi.
Provocatoriamente, conclude Valerio, la socialità è tutto ciò di cui siamo stati privati.

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