Ieri, tornato a casa verso le 21, ho appreso di colpo la notizia del tuo passaggio a miglior vita.

Lì per lì, leggendo tra i vari commenti di amici, non l’avevo presa troppo sul serio. Poi, quando ho visto che anche testate importanti confermavano, a quel punto ho realizzato che veramente sì, è accaduto. Sarà che di questi ultimi tempi tanti ci hanno lasciato, alcuni vecchi e altri meno, e quindi era nell’aria, però, francamente… in fondo la tua presenza era per tanti di noi anche stabile e rassicurante, ci eravamo oramai un pò abituati, ecco…da te non ce lo aspettavamo. 

Mi permetti di darti del “tu”, anche se non ci conosciamo : per quelli come me nati all’inizio degli anni ’80, fa un pò strano pensarti. Di Andreotti ti hanno raccontato “i grandi”, persone che hanno vissuto le tue vicende in prima persona. Insomma, Andreotti,  per noi che negli anni ’80 eravamo piccoli, è qualcosa non propriamente attinente alla nostra realtà, un qualcosa che ha anche del mitologico, forse dell’irreale. Troppo lontani per capire bene di cosa si tratta, troppo vicini per poterlo liquidare come passato remoto.

Perchè di te, Giulio, pare che c’hanno capito poco quelli che c’erano… figurati noi che non c’eravamo.

Ora qui basterebbe sciorinare il lungo elenco di cariche che hai assolto in 40 anni, dal 1946 ad oggi, per mettere in risalto la tua importanza, per capire quanto nella breve e travagliata storia di questa nostra Repubblica tu hai contato. Ma sarebbe piuttosto sterile, non renderebbe giustizia all’uomo. In fondo, lo ha capito bene Paolo Sorrentino, che tu sei stato più di un politico, in fondo sei diventato unicona.

Se penso ad Andreotti, io che sono nato negli anni ’80, penso all’uomo di potere par exellence (sia detto senza offesa). In fondo in tanti ci provano ad essere potenti, alcuni ce la fanno altri no, ma per diventare un’icona del potere, tanto da diventarne un simbolo per le generazioni successive, occorre qualcosa di più, occorre saperlo esercitare con stile. Occorre saper fare il potente non sembrandolo. E Andreotti in qualche modo ce l’ha fatta, è stato un potente non sembrandolo, e questo, più delle innumerovoli cariche, è stato il suo più grande successo. 

Andreotti era uno che parlava poco, e quando parlava non si scomponeva mai. Uno morigerato, poco incline al vizio. Ironico e tagliente come una lametta solo quando occorreva. Convinto che nel “medio” c’è la virtù, e felice di starci. Un “potente” senza gli attributi che generalmente si riconoscono al potere: l’arroganza, la superbia e la voracità dei potenti. Niente donne, niente lusso, nessun agio particolare: uno che nel ’93, quando tutti cadevano per le tangenti, non ne è stato minimamente toccato.

Sarà forse per questo che lo hanno accusato di tutto: dalla complicità con la mafia, alla P2, alle stragi; proprio perchè in Andreotti, almeno apparentemente, non erano manifesti i segni del potere. E pare difficile vedere in queste storie nere proprio uno come lui, così moderato e tranquillo, sembra di parlare di un’altra Italia… e invece era, ed è, la stessa. Ma in fondo da queste storie, reali o fantasiose che siano, Andreotti ne è uscito sostanzialmente pulito, seduto abbastanza comodamente, un po’ ingobbito, sulla sua poltrona da senatore a vita fino all’ultimo dei suoi giorni.

Chissà, forse c’era qualche segreto da sapere o forse no; e forse questo sgangherato paese non ti ha fatto un bel servizio, a te che per 40 anni se ne sei accollato l’onerosa guida. A chi te lo avesse fatto notare, avresti probabilmente risposto con una delle tue frasi, sottolineando che la carità cristiana, lo spirito di sacrificio, è una  delle virtù che ogni buon credente deve esercitare. Ma credo in fondo ti sia preso anche le tue rivincite, sono sicuro: sotto le tue lenti avrai sorriso tante volte pensando a quante te ne hanno dette in passato, e come le cose dopo di te siano rimaste le stesse se non peggiorate. Forse questa Italia, lontana da chi il potere ha saputo gestirlo come si deve, iniziava ad andare stretta anche a te perchè nell’essere potenti non c’è veramente più stile.

Stessi scandali, ma più volgari. Stessa cattiva politica, ma con ancora meno senso del dovere.

E posso immaginare come ti sia sentito quel giorno del 2006, mentre, candidato alla presidenza del Senato, dallo scranno gestivi le votazioni mentre noi osservavamo increduli: “Ancora tu?” commentavamo ridacchiando ingenuamente, “Ancora io, sì” rispondevi sornione con il fare di chi la sa molto più lunga.

Ecco, ora che l’uomo se ne va, resta solo l’icona, di quello che è riuscito a essere un potente non sembrandolo, di quello che ha usato l’ironia come arma di difesa dalle accuse.

Fernando Pessoa scriveva che l’ironia (insieme al chiaro di luna) è sempre stata una delle armi del diavolo: io sono convinto che uno come Giulio Andreotti, in paradiso, ci entrerà dalla porta principale.

 

3 Commenti

  1. Sinceramente faccio molta fatica a condividere. E’ proprio dietro lo sguardo “morigerato e sereno” che si celano i peggiori protagonisti della storia, quelli tanto potenti da non aver bisogno di sbraitare, tanto di sporcarsi le mani non ne hanno bisogno. Gente alla Talleyrand di cui non invidiare nulla, in specie l’anima. Le parole -pur probabilmente falsate- di Moro nelle lettere durante la prigionia sono piuttosto illuminanti al riguardo: “Lei uscirà dalla Storia […] e passerà alla triste cronaca che le si addice”

  2. Ciao Francesco; ero preparato al fatto che l’articolo avrebbe suscitato qualche critica, come è giusto che sia: credo che sbagli a leggere nelle mie parole una qualche assoluzione politica o morale di Andreotti, il tono spesso ironico di alcuni passaggi (e del finale soprattutto) credo sia da cogliere per capire come realmente la penso. Sostanzialmente sono d’accordo con te, è dietro questi individui che si cela il volto più indicibile del potere, quello più pericoloso e amorale. Prendo spunto dalle parole che hai citato di Moro per avviare una riflessione: credo che Andreotti non passerà dalla Storia alla cronaca, ma rimarrà sospeso tra i due campi, perché su quello che è il “vero” Andreotti possiamo solo formulare ipotesi, ma credo che non abbiamo (e non avremo in futuro) mai una chiara idea di cosa sia realmente stato. Quello che si può cogliere, è solo il ritratto, abbozzato più che mai, di un uomo di potere senza pari in Italia, che è sopravvissuto a tutto e tutti, nella gestione di un paese così instabile e difficile come il nostro. Ora credo che un’analisi non possa che partire da questo, dal constatare che le capacità “machiavelliche” nella gestione del potere da parte di Andreotti siano state senza pari. Proviamo a guardare la storia dell’Italia con un po’ di cinismo: era possibile governare un paese come il nostro, drammaticamente lacerato da conflitti intestini e da turbolenze internazionali, senza fare un uso del potere come Andreotti ha fatto? credo sia una domanda a cui è veramente difficile rispondere. Elogiarne l’arte di governo ( in una prospettiva che non si illude che il “potere” possa essere sempre “buono” e democratico) non significa sminuirne la condanna, che, ribadisco, non si può poi basare più che altro su tante, troppe supposizioni e su quell'”Io so” pasoliniano che è tanto valido in letteratura quanto (ahimè) poco utilizzabile nel fare Storia. Restano delle peculiarità del personaggio poi, singolarmente estranee alle caratteristiche di tanti potenti nostrani: Andreotti nei processi si è difeso, non li ha evitati. Andreotti sembra essere (almeno apparentemente) estraneo ai meccanismi di tanti politici, vecchi e nuovi, che hanno tratto solo interesse personale dalla cosa pubblica. Per finire: credo che inizieremo a penetrare nel “mistero Andreotti” solo quando ci avvicineremo al personaggio e alle vicende che lo hanno riguardato senza “a priori” ideologici, senza porre in risalto un aspetto della sua più che multipla personalità piuttosto che un altro, capendo che il livello qualitativo della sua vicenda è molto diverso da tante altre. A quel punto, quando avremo ricostruito una anche minima Storia, potremo forse formulare un vero giudizio, non più basato sull’ “Io so” ma sul “Noi sappiamo”.

  3. Intanto scusami il ritardo della risposta e anche la lettura di volata che ho fatto, perdendomi qualche passaggio. Ti do ragione su tutto, ma credo anche in quello che ho scritto, che i veri uomini di potere sono quelli che arrivano anche a dissimularlo. Sicuramente è un personaggio diverso da i potenti della seconda repubblica, ma sicuramente freddo, cinico, fondamentalmente senz’anima (il che non ha nulla a che vedere con Machiavelli, ma solo con la sete di potere). Il suo vero potere è non essersi compromesso, che è -se mi passi l’analogia- la differenza tra il bestione che dopo 2-3 risse finisce in galera e il killer seriale. Il fatto che sia terribilmente professionale e affidabile non è che ne faccia un’amabile compagnia e un individuo socialmente utile, anzi, è di gran lunga più pericoloso. Andreotti è stato questo, un assassino seriale della Repubblica, quasi quanto Berlusconi è il suo molesto signorotto di paese. Se Berlusconi è un uomo pericoloso capace di lasciare a terra un malcapitato a colpi di fioretto (per poi essere probabilmente ammazzato a tradimento da qualche cortigiano scaltro), Andreotti è il Talleyrand, il Ceausescu, di quelle piante cattive che non muoiono mai, fino a far morire di disperazione chi ha un’etica e fare del paese l’inferno con cui si scaldano alla sera e in cui muore ogni forma di dissenso. Spero un giorno di contribuire a quel “noi sappiamo”, con tanta ferocia e troppo stomaco. Per ora mi limito ad una franca damnatio memoriae, non quella che ti fa abbattere le statue come se il mostro non fosse esistito, ma mantenendole per ricordare a tutti che siamo responsabili di quello che è stato. E magari per la piccola soddisfazione di sputargli sopra di tanto in tanto.

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